Complici le violente oscillazioni dei mercati finanziari, le polizze assicurative di tipo unitlinked, i prodotti del ramo III legati a fondi di investimento, faticano a trovare spazio nei portafogli dei risparmiatori italiani: nei primi nove mesi del 2011 la raccolta premi di queste polizze ha subito un calo dell’11% circa, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le unit sembrano riscuotere poco interesse anche tra i sottoscrittori di polizze previdenziali, i Pip, che pure sono gli strumenti di previdenza integrativa a raccogliere il maggior numero di adesioni, +25% nel 2011, contro il +3,8% dei fondi pensione aperti e il leggero arretramento dei fondi negoziali.
Le preferenze dei sottoscrittori di Pip vanno, infatti, decisamente alle linee garantite, i fondi a gestione separata del ramo I, che offrono l’indubbio vantaggio di un rendimento minimo con il consolidamento dei risultati raggiunti anno per anno; sulla base degli ultimi dati Covip disponibili, relativi all’anno 2010, le linee garantite sono state scelte da ben il 63% degli iscritti ai Pip «nuovi», quelli conformi al decreto 252/2005. Quanto ai rendimenti 2011, i Pip unitlinked hanno inevitabilmente pagato lo scotto del negativo andamento dei mercati finanziari. Secondo le elaborazioni della Covip, il risultato aggregato delle unitlinked dei Pip è stato negativo per il 5,7%, dopo il +5,2% registrato nel 2010. A registrare un risultato positivo sono solo le linee obbligazionarie, un modesto +0,9% ottenuto nonostante il crollo dei titoli di Stato italiani; hanno perso il 4% le linee bilanciate e l’8,8% le linee azionarie. Sono andati meglio gli strumenti di previdenza integrativa individuale concorrenti, i fondi pensione aperti: qui le linee bilanciate hanno perso il 2,3% e i comparti azionari hanno contenuto la perdita al 5,3%. Questi dati, va sottolineato, forniscono essenzialmente una valutazione dell’operato dei gestori, ma non riflettono il rendimento effettivamente conseguito dai sottoscrittori.
Il motivo di tale distinzione è duplice. In primo luogo, l’investimento previdenziale è di tipo rateale, i versamenti sono effettuati, cioè, con cadenze che vanno dal mese all’anno, e questa ripartizione dell’investimento nel tempo ha l’effetto di «diluire» gli andamenti dei mercati, contenendo le perdite nei ribassi e riducendo i guadagni nei rialzi. In secondo luogo, i risultati sono sì al netto dei costi che gravano direttamente sui fondi, ma non considerano spese e commissioni che sono prelevati sui singoli versamenti o direttamene dalla posizione individuale. E c’è da dire che i Pip sono mediamente più cari dei fondi pensione aperti: l’incidenza complessiva di spese e commissioni, misurata dall’indicatore sintetico dei costi, vede un divario che, per le linee bilanciate e azionarie, risulta ben superiore al punto percentuale annuo sugli orizzonti temporali di due e cinque anni e si riduce allo 0,9% annuo considerando un investimento di 35 anni. Se dai dati aggregati si passa ai rendimenti conseguiti dalle singole linee di prodotto, colpisce l’elevata dispersione dei risultati all’interno della stessa tipologia di investimento. In attesa dei dati elaborati dalla Covip, si sono utilizzate le performance a tre anni al 31 dicembre 2011 calcolate dall’Ania, considerando solo i comparti aperti alla distribuzione nel periodo considerato; le linee sono state riclassificate in azionarie, bilanciate e obbligazionarie in funzione della percentuale investita in azioni, per adottare lo stesso criterio di classificazione utilizzato dalla Covip. Tra i comparti azionari si passa dal +53,4% a tre anni di Bcc Vita Equity America, non più sottoscrivibile, al — 3,0% di Reale Linea Futuro e al — 3,15% di Italiana Linea Futuro, appartenente allo stesso gruppo. Per questi prodotti, la compagnia rivendica un andamento che, pur negativo, risulta nel triennio in esame comunque migliore del benchmark (un paniere di indici Fideuram dei fondi comuni), con una volatilità inferiore; viene fatto notare anche che in un prodotto commercializzato nella forma del piano di accumulo, la valutazione dei rendimenti dovrebbe essere personalizzata, in modo da tenere conto degli apporti di capitale effettuati nel corso del periodo di investimento. Il divario è anche più accentuato tra i comparti bilanciati. Al vertice della graduatoria sono il fondo Provident 2 di Mediolanum Vita, +26,8%, e la linea Medium di Arca Vita con il 23,6%.
Fanalini di coda, due comparti del Pip Elios Previdenza 2007 di Antoniana Veneta Popolare Vita, Armonico, che prevede un’esposizione in azioni fino al 50%, e Attivo, le azioni qui possono arrivare fino al 70%, ma va detto che la distribuzione di questo prodotto è stata interrotta nel 2011. Life Arc Blu di Uniqa Previdenza sui tre anni ha perso, poi, oltre il 17%. Questa linea fa parte, spiegano alla compagnia austriaca, non del prodotto di punta, ma di una polizza messa a punto in esclusiva per una piccola rete di vendita e ha un patrimonio particolarmente ridotto, di poco superiore ai due milioni di euro. Tra gli obbligazionari, infine, spicca il +16,5% di Provident 3 di Mediolanum Vita, cui tuttavia si contrappone il più modesto +1,8% del fondo Provident 5 che la compagnia caratterizza come comparto a rischio medio — basso. Hanno fatto peggio, con performance a tre anni di segno negativo, l’obbligazionario Europa di Sara Vita e il comparto Protetto 2007 di Antonveneta Vita.
(m. man.)
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