di Roberta Castellarin e Paola Valentini
Nonostante la crisi che ha assottigliato i patrimoni dei fondi di diritto italiano, l’anno scorso le società di gestione hanno prelevato commissioni per 2,27 miliardi, ovvero l’1,34% del patrimonio medio ponderato dell’industria, il tutto a fronte di una performance media negativa del 2,7% (indice Fideuram). I costi addebitati ai sottoscrittori sono aumentati rispetto al 2010, quando il conto si attestava all’1,28%. A fronte di una riduzione delle masse dovuta alla raccolta netta negativa e all’effettomercato che ha ridotto i patrimoni, scesi da 193,8 a 151,4 miliardi, il peso dei costi fissi si fa sentire di più. Secondo il dato non ponderato, il tasso medio di spesa è risultato nel 2011 dell’1,58% contro l’1,7% del 2010. Per alzare il velo sui costi dei fondi MF-Milano Finanza in collaborazione con Fida ha esaminato le spese correnti 2011 contenute nei prospetti informativi di oltre 700 fondi comuni italiani. Questo indicatore, che ha sostituito il Ter (Total Expense Ratio), utilizzato fino all’anno scorso, registra la percentuale di costo sul patrimonio medio del fondo e in esso sono comprese, oltre alle commissioni di gestione, anche le spese di revisione del fondo, le spese di pubblicazione del valore della quota, il compenso per la banca depositaria e le spese legali e giudiziarie. Sono escluse le commissioni di intermediazione, che i gestori pagano per comprare e vendere i titoli, e gli oneri di ingresso e uscita dai comparti perché questi ultimi sono a carico dei singoli investitori e non del fondo. Per quanto riguarda le spese di incentivo, molte società di gestione le considerano nel calcolo delle spese correnti, altre le escludono e lo specificano nel prospetto. Per rendere più omogenei i confronti tra costi e performance i fondi sono stati ordinati da Assogestioni per macrocategoria: azionari, obbligazionari e di liquidità, bilanciati e flessibili. La spesa media non ponderata per patrimonio varia a seconda delle categorie. Presentano una spesa maggiore i fondi azionari e i flessibili, mentre i fondi di liquidità e gli obbligazionari hanno spese più contenute. Ci sono anche fondi che presentano una spesa corrente pari a zero, ma prevedono commissioni di ingresso elevate. Per esempio, Prima Forza 3 Y nel 2011 ha registrato spese correnti nulle ma nel prospetto si legge che «le spese correnti si basano sulle spese dell’esercizio chiuso il 30 dicembre 2011 e tale misura può variare da un anno all’altro (sono escluse le commissioni di performance)». Per questo fondo la commissione di sottoscrizione è del 4%. In testa alla classifica assoluta figura Obiettivo Nordest Sicav con spese correnti superiori al 7%. Ma si tratta di un comparto che dal prossimo aprile verrà incorporato nel fondo Eurizon Azioni Pmi Italia, che segue una strategia d’investimento simile. Registrano spese correnti sopra il 4% anche alcuni fondi di Consultinvest: il Mercati Emergenti e il Multi Flex, che sono costati rispettivamente il 4,92% e il 4,66%. Se i costi restano fermi, così non è per il quadro normativo dell’industria. Il 2011 è stato infatti un anno rivoluzionario per il risparmio gestito italiano. Per esempio, è stata recepita la nuova direttiva comunitaria Ucits IV che ha fatto scomparire il vecchio prospetto semplificato, sostituito dal Kiid (Key InvestorIinformation Document), un documento che in poche pagine riassume tutte le informazioni chiave per gli investitori. È poi cambiata la modalità di tassazione, oggi applicata sul realizzato anziché sul maturato. (riproduzione riservata)