Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

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Esattamente come tre anni fa la partita per la contesa su Generali diventa quella che può decidere le sorti della finanza italiana. E forse può diventare l’unica che conta. La decisione di Unicredit, anticipata da questo giornale nell’edizione di sabato, di ritirare l’ops su Banco Bpm laddove quest’ultimo non ottenesse l’autorizzazione a mitigare nel bilancio l’impatto dell’acquisto di Anima, può innescare una reazione a catena nel risiko bancario.
Con una mossa a sorpresa Unicredit minaccia di abbandonare l’ops su Banco Bpm. Ieri l’istituto guidato da Andrea Orcel ha lanciato un avvertimento agli azionisti di Piazza Meda accendendo un faro sull’opa promossa su Anima. Lo scorso 6 novembre Banco Bpm aveva aperto le grandi manovre del consolidamento annunciando un’offerta pubblica in contanti sulla sgr, di cui detiene il 22,4%. Il prezzo messo sul piatto (6,2 euro per azione per un controvalore di 1,58 miliardi) non aveva convinto il mercato e la scorsa settimana il Banco ha rilanciato a 7 euro. La passivity rule impone di sottoporre la decisione al voto dell’assemblea, che si riunirà il 28 febbraio. C’è un problema: il Banco non ha ancora ottenuto dalla Bce l’ok per ricorrere al Danish Compromise, il beneficio patrimoniale che ridurrebbe in maniera significativa il costo della quota in Anima.
Con il suo articolo di sabato scorso sul settimanale Milano Finanza il direttore Roberto Sommella ha acceso in maniera puntuale i riflettori sul Danish Compromise e sullo scenario che stiamo vivendo. Le recenti ops tra banche italiane evidenziano, in un contesto di attesa riduzione dei tassi di interesse, l’obiettivo di preservare i livelli di redditività osservati negli ultimi anni attraverso un incremento dell’efficienza operativa attraverso una riduzione dei costi, nonché l’ampliamento dell’offerta alla clientela e una ricomposizione del business a favore di attività fee based, attraverso l’internalizzazione delle «fabbriche prodotto», in primis legate ai business assicurativo e di risparmio gestito. In questo contesto assume particolare rilevanza la decisione che le autorità di vigilanza saranno chiamate a prendere circa la conferma o meno per gli istituti bancari che hanno promosso delle ops di poter beneficiare del Danish Compromise e delle sue recenti evoluzioni.
Il 2024 per Prima Assicurazioni si è chiuso con 1,3 miliardi di euro di premi, in crescita del 47%, e con un risultato operativo (ebitda) salito addirittura del 257% a 104 milioni. A dieci anni dal debutto la società specializzata nell’assicurazione auto e moto è arrivata a una quota di mercato che sfiora il 10% «riuscendo a bilanciare la crescita con la profittabilità», sottolinea a MF-Milano Finanza il ceo George Ottathycal. Lo sviluppo punta anche all’estero e in particolare alla Spagna e al Regno Unito, che oggi rappresentano 55 milioni di euro di quegli 1,3 miliardi di premi complessivi. Alcune grandi compagnie europee come Cnp, Allianz, Axa e Admiral valutano l’ingresso nel capitale.
Axa Italia rivede la sua polizza Protezione Salute, rendendola più completa, personalizzabile e inclusiva. Un’offerta nata «dall’ascolto del cliente», come spiegato Cristiano Gianni, chief health officer di Axa Italia. Il prodotto è infatti la risposta ai bisogni emergenti anche di quelle fasce della popolazione con limitata capacità di spesa e minore propensione assicurativa.
Antonio Marchitelli è stato nominato amministratore delegato del gruppo Msa Mizar. Come anticipato da MF-Milano Finanza dei giorni scorsi, da metà marzo Marchitelli subentrerà a Giovanni Campus alla guida della società leader nella gestione in outsourcing dei sinistri assicurativi con una piattaforma tecnologica proprietaria. Campus conserverà nel gruppo una presenza significativa in chiave istituzionale ricoprendo il ruolo di presidente oltre che di importante azionista di minoranza di Msa Mizar.
Michele Ungaro, manager con più di quarant’anni d’esperienza nei grandi gruppi del brokeraggio assicurativo, entra in Howden per assumere la responsabilità, a livello nazionale, della business unit del segmento grandi clienti e clienti istituzionali.

Per chiedere l’accesso ai dati personali per conto di un cliente non basta la parola dell’avvocato, che dichiara di agire su incarico dell’interessato. La richiesta di accesso, formulata in applicazione dell’articolo 15 Gdpr (regolamento UE sulla privacy n. 2016/679), deve essere firmata sia dall’avvocato sia dal cliente oppure deve avere in allegato la delega conferita al professionista. È quanto stabilito dal tribunale di Salerno (sentenza n. 47/2025 del 7 gennaio 2025), che ha bocciato l’iniziativa di un avvocato che ha mandato, per incarico di un suo cliente, una richiesta di accesso privacy a una società di servizi, limitandosi a dichiarare di agire per conto dell’interessato, ma senza documentare il mandato ricevuto.

  • Ivass in sciopero il 24 febbraio
I sindacati hanno indetto lo sciopero all’Ivass per il 24 febbraio. Le sigle criticano «la disparità di trattamento e le carenze organizzative» nell’autorità di vigilanza sulla compagnia assicurative.

Sta crescendo infatti il numero di fondi pensione che investono nella criptovaluta, sia attraverso gli ETF, sia indirettamente tramite le azioni di Strategy, la società (precedentemente nota come MicroStrategy) guidata da Michael Saylor. Strategy ha progressivamente trasformato il proprio business, originariamente focalizzato sul software di analisi dati, in una sorta di “banca di Bitcoin”.
Tecnicamente si è trattato di un attacco DdoS, cioè un “bombardamento” di dati sui principali portali web di infrastrutture private e pubbliche, allo scopo di bloccarne le funzioni e creare disservizi per gli utenti. Chi segue il dossier lo definisce un «atto violento», in linea con la comunicazione adottata in questi giorni dalla Zakharova. L’operazione cyber è stata però bloccata grazie all’intervento tempestivo della polizia Postale, diretta da Ivano Gabrielli, e dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, guidata da Bruno Frattasi.
Clima acceso in Ania. Alla riunione del consiglio direttivo dello scorso 28 gennaio si è parlato del piano strategico al 2027 e di conseguenza anche del cantiere governance, tema sul quale si tornerà tra qualche mese con iniziative più concrete. Sul tavolo, tuttavia, sarebbe finita anche la proposta di alzare la remunerazione del neo presidente, Giovanni Liverani da 700 a 900 mila euro. La questione stipendi per statuto è un tema che viene affrontato nella prima riunione del nuovo consiglio direttivo. La sola idea, però, avrebbe generato qualche malumore. A tal proposito, non è stato possibile raccogliere alcun commento.
Due miliardi di premi nel Danni al 2027, 30 miliardi di asset under management nel 2030 e la svolta nel Vita con almeno 600 milioni di raccolta netta positiva nei prossimi tre anni. Sono le tre direttrici di crescita attorno alle quali si muoverà Zurich in Italia avendo ben chiare le leve da attivare per centrare gli obiettivi: «Valorizzare le reti, e far crescere Zurich Bank». A spiegarlo, in questo colloquio con Il Sole 24 Ore, è l’amministratore delegato Bruno Scaroni, da poco più di 12 mesi al timone di Zurich in Italia, un Paese strategico per il Gruppo
L’operato degli amministratori nell’ambito del tentativo di risanamento aziendale è caratterizzato da un significativo livello di rischiosità che rende necessario chiarire le relative regole d’ingaggio, nella prospettiva di evitare che il capitano abbandoni la nave «sanza nocchiere in gran tempesta», quando ancora il naufragio si può evitare. Sul punto, merita di essere segnalato il recente provvedimento con cui il Tribunale di Brescia (sentenza del 10 gennaio 2025) si è espresso sulle richieste risarcitorie avanzate da un fornitore di prodotti farmaceutici, che – dopo aver effettuato ingenti vendite in favore di una società in profonda crisi finanziaria – aveva visto il proprio credito rimanere totalmente insoddisfatto.