Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
L’obbligo scatta il primo di aprile ma, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non è uno scherzo. Stiamo parlando ovviamente della necessità per tutte le imprese di assicurarsi contro i rischi catastrofali. Un adempimento che interessa quattro milioni di imprenditori, i quali hanno a disposizione poco più di un mese per informarsi, trovare una compagnia assicuratrice che garantisca il miglior rapporto costi/benefici, scegliere il tipo di polizza più adatta alle proprie esigenze, stipulare il contratto di assicurazione. Un percorso a ostacoli perché i tempi stretti si sommano a una impreparazione delle agenzie assicurative e alla mancanza di disposizioni attuative di dettaglio che non sono ancora state deliberate dagli organismi ministeriali competenti (i quali, evidentemente, hanno un senso del tempo diverso da quello dei comuni mortali).
Le imprese con sede legale o stabile organizzazione sull’intero territorio nazionale che hanno iscritti a bilancio terreni, fabbricati, impianti, macchinari e attrezzature industriali e commerciali dovranno assicurarsi contro i disastri ambientali. La dead line per uniformarsi all’obbligo, salvo poche eccezioni, è stata fatta slittare dal 31 dicembre 2024 al 31 marzo 2025 in via definitiva dal decreto Milleproroghe (d.l. 202/2024). Quella che secondo alcuni commentatori non è altro che una “tassa” che trasferisce dallo Stato alle imprese (e quindi ai cittadini) il costo dei danni ambientali, è stata introdotta dalla legge finanziaria 2024 (art. 1, commi 101-112, legge 213/2023). Si tratta di una misura pensata per offrire maggiore certezza nella liquidazione dei danni, consentendo alle imprese assicurate di accedere tempestivamente a risorse essenziali per una rapida ripresa della propria attività. Sul piano strettamente economico i costi della polizza dipendono dalle dimensioni dell’impresa, dalla sua localizzazione geografica e dall’attività svolta: tendenzialmente per una micro/piccola impresa si può partire da circa 200 euro l’anno.
Fino a 12.000 euro l’anno. È la cifra che una piccola o media impresa in una zona ad alto rischio sismico o idrogeologico potrebbe dover sostenere in virtù dell’obbligo di assicurazione contro gli eventi catastrofali, introdotto dalla legge di Bilancio 2024 (art. 1, commi 101-112, l. 213/2023). Il termine per adeguarsi è fissato al 31 marzo 2025, come stabilito dal decreto Milleproroghe, convertito in legge e ora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Il calcolo emerge dalle stime del Centro studi di Unimpresa, secondo cui una Pmi con 15 dipendenti e una sede di 500 metri quadrati situata in un’area ad alto rischio pagherebbe premi annui compresi fra 6.000 e 12.000 euro, mentre la stessa impresa, se insediata in una zona a basso rischio, si fermerebbe fra i 1.500 e 3.000 euro.
Imprese e pubbliche amministrazioni in balìa delle sanzioni privacy. Gli enti pubblici e privati sono esposti per periodi indefiniti al rischio di subire le sanzioni amministrative previste dal Gdpr (regolamento Ue n. 2016/679) e dal codice della privacy (dlgs 196/2003). I procedimenti per l’applicazione delle ammende, infatti, non hanno un termine certo di inizio e, quindi, non hanno un prevedibile termine di conclusione. Ciò perché le autorità hanno a disposizione tutto il tempo che ritengono necessario per decidere sulle violazioni, senza, essere soggette a cogenti disposizioni di decadenza o di annullamento delle sanzioni per superamento di termini massimi delle fasi del procedimento.
Rischio di moltiplicazione delle sanzioni per le imprese per scarsa trasparenza nei confronti dei consumatori. La mancanza di chiarezza nelle comunicazioni alla clientela può essere sia una violazione dei divieti di pratiche commerciali scorrette sia una violazione dell’obbligo di informativa privacy. È questo l’effetto di alcune sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in materia di azioni a tutela della leale concorrenza, e del Consiglio di Stato, le quali hanno salvato le sanzioni irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) ritenendo che, in materia di informative agli interessati/consumatori, non ci sia una competenza esclusiva del Garante della privacy.
Le imprese sono sempre più in affanno nell’onorare i propri debiti. Tanto che la curva del rischio di credito resta alta e la tendenza, per quest’anno, è di una ulteriore crescita. Allo stesso tempo, la domanda di finanziamenti rimane stabile per quanto riguarda il numero (+0,9% nei primi nove mesi del 2024, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno), mentre è in lieve aumento per quanto riguarda gli importi (+2,4%). Passando alle cifre: il tasso di default delle società di capitali è stimato in salita (seppur leve) a fine 2024, con il valore che si dovrebbe assestare attorno al 2,9% (in aumento rispetto al 2,46% fatto registrare a giugno 2024). Mentre è atteso un incremento più marcato quest’anno. In particolare, per il tasso di default medio delle società di capitali la stima tocca il 3,5% per la fine del 2025.
Appalti, operative le prime correzioni del codice. Per dare ancora più linfa al settore, e preparare la strada alle opere post-Pnrr. Nel 2023 il valore complessivo degli appalti di importo pari o superiore a 40mila euro, si è attestato attorno ai 283,4 miliardi di euro, con una lieve flessione del 3,3% rispetto al 2022 (- 5,8 % relativamente ai settori ordinari). Una flessione dovuta al fatto che dal primo aprile 2023 è entrato in vigore il nuovo Codice appalti (dlgs. n. 36/2023), che ha portato un blocco delle indizioni di gare da parte delle pa. In questo contesto, a fine 2024 è entrato in vigore il cosiddetto «Correttivo appalti» (dlgs. n. 209 del 31 dicembre 2024) per chiarire alcuni dubbi operativi registrati nella prima fase, su temi quali i costi della manodopera, il subappalto, la revisione dei prezzi e il partenariato pubblico-privato. Anche se qualche aspetto, a detta degli addetti ai lavori, andrebbe ancora meglio chiarito.