Presentato il 1° Paper del Rapporto 2025 Family (Net)Work «La fatica delle famiglie: una difficile articolazione della domanda di cura» realizzato dal Censis e promosso da Assindatcolf

L’analisi «La fatica delle famiglie: una difficile articolazione della domanda di cura» realizzata dal Censis per Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico, nell’ambito del Rapporto 2025 «Family (Net) Work – Laboratorio su casa, Famiglia e lavoro domestico» restituisce l’immagine di un’Italia caratterizzata da un elevato «indice di solitudine», pari a 34,4 persone sole ogni 100 famiglie, anche qui con grandi differenze a livello regionale.

A livello regionale la Liguria registra il dato più alto (42,9%), seguita dalla Valle d’Aosta (41,2%), dal Piemonte e dal Lazio, con quasi 39 persone sole ogni 100 famiglie. Complessivamente sono 8,8 milioni gli individui che vivono soli, all’interno di questa categoria gli anziani con 60 anni e più rappresentano la quota più ampia: quasi 5 milioni, pari al 55,2%. L’incidenza regionale più elevata si registra in Umbria, dove il 60,5% delle persone sole ha più di 60 anni, seguono la Sicilia (59,7%), la Liguria (59,4%), la Calabria (58,7%), il Piemonte (57,6%). In Lombardia e Lazio sono rispettivamente il 53,1% e il 52,9%.

Vivere da soli comporta una serie di difficoltà che aumentano con l’avanzare dell’età e del grado di non autosufficienza. Secondo l’indagine realizzata dal Censis su un campione di più di 2.300 famiglie datrici di lavoro domestico, quello che viene ritenuto il problema maggiore è la mancanza di assistenza immediata in caso di emergenza (50,5%), che sale al 52,2% tra gli over 75.

Segue la gestione delle attività domestiche e la preparazione dei pasti (38,2%). La solitudine e l’assenza di relazioni di supporto preoccupano il 31,6% delle persone. Questo dato è più alto tra gli under 50 (45,1%) rispetto agli over 75 (22,0%).

Le difficoltà nella gestione delle pratiche burocratiche digitali vengono indicate dal 31,2%, mentre l’accesso all’assistenza privata dal 20,6%, con percentuali più alte tra i giovani (23,8%) rispetto agli over 75 (14,4%).

Al contrario, l’accesso ai servizi sanitari diventa più preoccupante con l’età: dal 7,9% degli under 50, arriva al 18,0% tra gli over 75. Oltre all’aiuto di lavoratori domestici, le persone che vivono sole adottano strategie diverse per affrontare i bisogni quotidiani, ma il supporto di familiari e amici rappresenta la soluzione più diffusa, scelta dal 43,9%, con un picco che arriva al 57,6% nelle persone over 75.

Il 64,3% di chi ha una persona non autosufficiente all’interno della propria famiglia dichiara di esserne il caregiver. Le principali mansioni svolte con regolarità riguardano soprattutto la gestione delle pratiche amministrative, con il 90,7% che dichiara di occuparsene sempre. A seguire l’accompagnamento a visite mediche o terapie (75,3%), il supporto emotivo e la presenza continua durante il giorno o la notte (30,6%) e l’assistenza diretta nella somministrazione dei pasti o nell’igiene personale (20,5%).

In Italia si contano 8,5 badanti ogni 100 persone sole over 60, con variazioni significative a livello regionale: la Sardegna registra il dato più alto (24,5%), seguita da Toscana (13,5%), Marche (13,4%), Friuli-Venezia Giulia (12,7%), ed Emilia-Romagna e Umbria (11,9%). In Lombardia il numero è di poco superiore alla media nazionale (8,7%), mentre nel Lazio il dato è inferiore (7,0%). Fanalino di coda sono, però, le regioni del Mezzogiorno, come Sicilia, Calabria e Basilicata, con circa 3 badanti ogni 100 persone sole anziane.

Quanto all’impatto che il lavoro di cura può generare sul benessere della famiglia, la maggior parte degli intervistati concorda sul fatto che essere caregiver limiti il tempo disponibile per il lavoro o per altre attività personali (89,2%), con una percezione più marcata tra le donne (93,4%) rispetto agli uomini (82,9%). Anche lo stress psicologico è riconosciuto dalla grande maggioranza degli intervistati (88,3%), e riguarda il 91,1% delle donne e l’84,7% degli uomini.

Nonostante le opinioni favorevoli rispetto all’eventuale condivisione degli spazi, come i modelli di co-housing e co-living quale risposta ai bisogni delle famiglie (il 78,0% ritiene che possa ridurre i costi di assistenza e supporto, l’83,5% che favoriscano l’inclusione contrastando la solitudine), per il 75,4% del campione la mancanza di fiducia o privacy rende difficilmente adottabili queste soluzioni, o anche la scarsa conoscenza (il 36,8%), tanto che il 35,9% delle persone preferisce affidarsi a soluzioni private, come il ricorso alle badanti o a servizi retribuiti.

Il tema della cura domestica si intreccia con due questioni centrali: l’invecchiamento dei lavoratori domestici e la distribuzione dei compiti all’interno delle famiglie.
L’età avanzata dei lavoratori domestici è sempre più percepita come un fattore che da un lato garantisce esperienza e affidabilità, dall’altro può rappresentare un limite in termini di resistenza fisica. Allo stesso tempo, la ripartizione delle faccende domestiche continua a seguire schemi di genere consolidati, con un carico che grava in misura maggiore sulle donne, nonostante i cambiamenti nelle dinamiche familiari.
Nella prospettiva di una futura assunzione di un lavoratore domestico, la fascia d’età compresa tra i 40 e i 54 anni risulta la più apprezzata, raccogliendo il favore del 48,8% degli intervistati. Questa scelta sembra riflettere la ricerca di un equilibrio tra esperienza e capacità operative. Anche i candidati dai 25 ai 39 anni godono di una considerazione
significativa, con il 19,5% delle preferenze, anche in questo caso in virtù di una combinazione di dinamismo e competenze già acquisite.