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I fondi pensione in Italia crescono ma non abbastanza per coprire le necessità di pianificazione previdenziale soprattutto delle generazioni più giovani, sulle quali ricade l’enorme debito pubblico che l’Italia ha accumulato. Nel 2024, stima la Ragioneria Generale dello Stato, il rapporto spesa pensionistica/pil, uno degli indici della sostenibilità del welfare, salirà al 16,2% dal 15,8% del 2023: un aumento dovuto anche alla rivalutazione delle pensioni per l’inflazione e che inciderà in modo significativo sul futuro del sistema pensionistico e dei cittadini. Nel 2010 si prevedeva un rapporto spesa/pil del 15% per il 2020 e attorno al 16% per il 2045: un solo punto percentuale equivale a circa 19 miliardi di euro all’anno di spesa pensionistica. E l’ultima indagine effettuata da Moneyfarm con Smileconomy, società di consulenza finanziaria indipendente, dipinge il quadro di una vera emergenza pensioni. La situazione è così delicata che la legge di Bilancio 2024, per la prima volta dalla riforma Fornero del 2011, ha modificato le regole non solo per chi è vicino all’età pensionabile (Quota 103 e Opzione Donna), ma anche per chi ha iniziato a lavorare dal 1996 e rientra nel sistema di calcolo contributivo.
Le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2024, dalla conferma di Quota 103 ma con ricalcolo contributivo sull’intera posizione e con un incremento delle finestre per accedere alla prestazione (sette mesi per i dipendenti e nove per gli autonomi), fino all’aumento dei requisiti per le pensioni con 64 anni di età e 20 di contributi, vanno valutate anche in relazione agli effetti che si producono nelle scelte dei cittadini in ambito previdenziale. «Quota 103 subisce, dati alla mano, una penalizzazione notevole con il ricalcolo contributivo. Ad esempio, in una posizione standard, per ottenere circa 18 mesi di anticipo della pensione, ovvero la differenza tra requisiti di Quota 103 e pensione anticipata per gli uomini, ma soli sei mesi di anticipo per le donne, sull’intero ammontare della pensione lorda annua si traduce in una perdita del 18%-20%», spiega Alberto Cauzzi, ad della società di consulenza previdenziale Epheso. I correttivi sulle pensioni pubbliche, aggiunge, «confermano il trend pluriennale di contrazione delle prestazioni di primo pilastro.
Il rialzo dei tassi rilancia le linee garantite, quelle nate con la riforma della previdenza integrativa del 2005 per raccogliere il trattamento di fine rapporto (tfr) di chi aderisce ai fondi pensione tramite il silenzio assenso, ovvero senza una scelta esplicita nei primi sei mesi dall’assunzione se lasciare il suo tfr in azienda o se versarlo a un fondo pensione. Queste linee sono comunque aperte alle adesioni di chi le seleziona anche al di fuori del silenzio assenso.
Nel complesso, rileva Assoreti, il bilancio complessivo del 2023 delle associate si è chiuso con la terza migliore raccolta annuale di sempre, pari a 43,9 miliardi. Se però si guarda al mix, si nota che la componente gestita sul totale è scesa in modo considerevole per tutti: -4% per Azimut e Fineco, -15% per Mediolanum, -22% per Banca Generali. In totale, il 94% degli afflussi delle reti di consulenti italiane nel corso del 2023 è arrivato da titoli di Stato e simili. Risultato: meno gestito e più amministrato significa meno ricavi da commissioni.
Azimut ha riunito professioniste del settore, istituzioni e vertici aziendali in una convention in cui è stata presentata la prima edizione dell’Osservatorio Women 545, che ha indagato numeri e scelte delle consulenti finanziarie appartenenti all’area 5 del gruppo (raggruppa Centro-Sud Italia e presidi in Lombardia,Veneto e Alto Adige). Women 545 è la prima community per consulenti finanziarie e l’evento che si è tenuto a Milano con circa 100 partecipanti della rete è il risultato di due anni di lavoro per coinvolgere maggiormente le donne nella professione di consulente finanziaria.
Nei primi nove mesi dello scorso anno infatti i ricavi del gruppo sono invece saliti di un buon 29% a quota 291 milioni di euro dai 226 milioni del settembre del 2022. Il buon andamento del fatturato, per un gruppo che partito nel 2000 che poi ha allargato l’offerta a tutta una serie di prodotti finanziari, è stato però neutralizzato da un altrettanto aumento dei costi. Tale da mostrare un risultato operativo fermo a 51 milioni, lo stesso livello di 12 mesi prima. E l’utile ha frenato per un forte incremento degli oneri finanziari scendendo del 21% su base annua a quota 30 milioni dai 38 milioni del settembre del 2022. Ora all’orizzonte per la società c’è un mercato dei mutui che potrebbe nel corso del 2024 riassestarsi e ripartire. E c’è la buona performance registrata dai prodotti assicurativi. Il gruppo oggi vale in borsa 1,27 miliardi di capitalizzazione e tratta 16 volte il suo valore d’impresa sull’ebitda e oltre 20 volte gli utili di fine 2023.
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