Allianz Trade ha analizzato la situazione e le prospettive dei mercati asiatici, e in particolare della Cina, e ha prodotto uno studio dal titolo “China: keeping the dragon awake”, dove ne ha approfondito cause ed effetti.
Prima un mercato immobiliare travolto dal crac di Evergrande, che ha accumulato debiti per oltre 300 miliardi di dollari, diventando il simbolo di una stagione da archiviare; poi gli investimenti esteri che cominciano a vacillare anche per effetto dello smarcamento dei Paesi dalle dipendenze commerciali. Così la Cina ora è alla ricerca di un nuovo modello di crescita.
Dopo anni di boom del mattone ora lo sviluppo immobiliare si è fermato ed è inferiore del 26% rispetto al periodo pre-pandemia. Anche le prospettive a lungo termine sono incerte, visto il rapido invecchiamento della popolazione e il rallentamento contestuale dell’urbanizzazione.
La Cina però continua a macinare esportazioni essendosi convertita negli ultimi 40 anni nella fabbrica del mondo. Pechino rimane un fornitore fondamentale per il mondo in diverse filiere strategiche e questo ha innescato una preoccupante dipendenza per le sue merci in molti mercati. A cominciare dagli Stati Uniti che per quasi il 50% delle sue importazioni hanno una dipendenza strutturale dalle forniture cinesi. La strategicità della Cina nelle catene di approvvigionamento globali continuerà dunque a fornire un certo sostegno alla crescita.
Contrariamente alle aspettative, la dipendenza delle imprese e dei consumatori dalle foriture cinesi è inferiore in Europa rispetto agli USA e per molti settori la Cina non rappresenta più la principale o l’unica concorrente. Per il settore tecnologico, tuttavia, la dipendenza appare particolarmente pronunciata.
L’obiettivo di Pechino è quello di generare un maggior valore aggiunto nel settore manifatturiero, soprattutto per la transizione ecologica, dai veicoli elettrici a quella delle batterie fino ai pannelli fotovoltaici.
Le auto elettriche cinesi stanno già invadendo i mercati di tutto il mondo. Nonostante un recente rallentamento della domanda, ci si aspetta che i veicoli elettrici rimangano trainanti nel settore automobilistico, soprattutto per il rapporto qualità-prezzo che pone i produttori cinesi in vantaggio. La Cina è forte anche nel settore delle batterie, con quasi il 56% della quota globale di mercato, e delle energie rinnovabili, rappresentando oltre l’80% della capacità produttiva mondiale e del commercio di pannelli fotovoltaici.
La sua posizione dominante e la crescita futura potrebbero essere messe alla prova dalla guerra dei chip, dal protezionismo, dalle tensioni geopolitiche e dal rischio di creare eccesso di capacità. Le previsioni indicano che l’economia cinese crescerà del 3,9% nel quinquennio 2025-2029, ben al di sotto della soglia psicologica del 5%.
Il rischio è quello che gli esperti chiamano la “giapponesizzazione” dell’economia cinese, se consideriamo le tendenze demografiche, economiche e sociali. Per il governo cinese diventa quindi necessario ripristinare la fiducia dei consumatori, promuovere il ricambio generazionale e smobilizzare il risparmio privato.
Gli interventi allo studio
Per questo ci si aspetta che Pechino torni a spingere i progetti infrastrutturali e che la banca centrale proceda ad un taglio dei tassi di interesse. Il settore immobiliare potrebbe beneficiarne con una ripresa del mercato residenziale. Nel 2023 sono stati costruiti 724 milioni di metri quadrati di alloggi, superando la domanda complessiva. Gli alloggi vengono consegnati nel tentativo di ripristinare la fiducia nel mercato immobiliare, ma il loro valore futuro rimane incerto.
Al contempo, la spesa in ricerca e sviluppo è in aumento negli ultimi venti anni, dallo 0,9% del PIL nel 2000 al 2,6% nel 2022, posizionando la Cina al 12° posto a livello globale. La Cina presenta d’altronde una serie di punti di forza: la qualità dell’istruzione, la disponibilità di capitale, solide capacità produttive e un ampio mercato interno che consente di testare e adottare rapidamente nuove tecnologie. Il Global Innovation Index, sviluppato dall’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale, ha infatti classificato la Cina al 12° posto tra I Paesi più innovativi nel 2023. Nel 2015 era 29esima. Pechino è di gran lunga leader nei progressi della ricerca legati alle tecnologie critiche basate sull’estrazione di terre rare, in cui infatti c’è il rischio che si sviluppi un monopolio in diversi settori tecnologici.