Tenere in piedi un’impresa di commercio al dettaglio è sempre più complicato. Secondo i dati di Confesercenti, nel 2022 sono nate 22.608 nuove attività, il 20,3% in meno del 2021. Un numero del tutto insufficiente a compensare le oltre 43mila imprese che hanno definitivamente abbassato la saracinesca nel corso dell’anno che si è chiuso con un bilancio negativo di oltre 20mila unità, per una media di oltre due negozi spariti ogni ora.
Confesercenti spiega che il numero di chiusure è in linea con quello rilevato negli anni pre-pandemia, mentre il dato delle aperture del 2022 è il più basso degli ultimi dieci anni, inferiore del -47,9% non solo al valore del 2012 – quando, nonostante la crisi, avevano aperto oltre 43 mila attività del commercio – ma anche rispetto al 2020 (anno della pandemia Covid e del lockdown) che comunque aveva registrato l’arrivo sul mercato di oltre 25 mila imprese del commercio; nel 2019, le aperture erano state 29 mila.
La desertificazione delle attività commerciali colpisce tutto il territorio nazionale, anche se a registrare i saldi peggiori sono le regioni con un tessuto commerciale più sviluppato.
In termini assoluti, a registrare la perdita più rilevante è la Campania, con un saldo negativo di -2.707 negozi; seguono, a stretta distanza, il Lazio (-2.215) e la Sicilia (-2.142). Perdite rilevanti anche in Lombardia (-2.123), Piemonte (-1.683), Toscana (-1.479), ed Emilia-Romagna (-1.253).
In termini relativi, però, la perdita peggiore è quella registrata dalle Marche, dove il calo percentuale delle imprese del commercio attive, rispetto al 2021, è del -8,8%: quasi una su dieci. Seguono Friuli-Venezia Giulia (-4,7%) e Molise (-4,4%).
Tra chiusure e mancate aperture, il numero di negozi di vicinato al servizio della comunità è calato, rispetto al 2012, del -14,3% circa.
Nelle province autonome di Trento e Bolzano, ormai, ci sono solo 6,9 imprese del commercio ogni mille abitanti; in Friuli-Venezia Giulia 7,8, e in Lombardia 8,4. Nelle regioni del Sud il tessuto del commercio resiste un po’ di più, in particolare in Campania (19,7 imprese ogni mille abitanti), Calabria (18,7) e Sicilia e Puglia (entrambe con 15,1).
“La ripartenza post-pandemia non è riuscita a infondere nuovo slancio alle piccole imprese del commercio al dettaglio. Aprire una nuova attività di commercio di vicinato, in un mercato crescentemente dominato da grandi gruppi e giganti dell’online, è sempre più difficile: ed i neoimprenditori, semplicemente, rinunciano, come evidente dal calo delle nuove aperture, inferiore addirittura all’anno della pandemia”, afferma in una nota Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti.