LO CONFERMANO LE ULTIME STIME SUI PREZZI AL CONSUMO DI GENNAIO DI EUROSTAT E ISTAT
di Rossella Savojardo
In Italia come nella zona euro, l’inflazione complessiva dovrebbe ormai essersi lasciata il picco alle spalle. Non per questo però le nubi all’orizzonte sono sparite. Per quanto positivi, i dati sull’inflazione di gennaio resi noti proprio alla vigilia del meeting di politica monetaria della Banca Centrale Europa mostrano delle divergenze e, molto probabilmente, non sono destinate a influenzare il prossimo rialzo dei tassi.

Se si prende in analisi l’Eurozona ad esempio, per il terzo mese consecutivo i prezzi hanno registrato un calo dal picco raggiunto nei mesi estivi, scendendo all’8,5% rispetto al 9,2% di dicembre (l’attesa degli analisti era +9%). L’inflazione alimentare è rimasta elevata ed è cresciuta dal 13,8% al 14,1%, ma l’energia ha fatto scendere il tasso all’inizio del nuovo anno dal 25,5% al 17,2%, riflettendo prezzi di mercato più bassi. Il vero problema è che d’ora in poi, soprattutto per valutare il peso del dato in chiave di politica monetaria, si dovrà guardare la componente core. In questo caso la componente di fondo, al netto dei prezzi alimentari, dell’energia e del tabacco, non ha subito alcuna variazione tra il mese di dicembre e gennaio ed è rimasta al 5,2%.

La situazione è simile in Italia. A gennaio i prezzi hanno registrato una frenata passando dall’11,6% di dicembre al 10%. Non sorprende che il calo dell’inflazione sia stato trainato principalmente dalla flessione dei beni energetici, anche se la scadenza dei tagli alle accise sui carburanti ha avuto l’effetto al rialzo previsto sull’inflazione dei trasporti. Tuttavia, la parte più interessante della pubblicazione, dal punto di vista della Bce, è stata anche in questo caso la parte dell’inflazione core. La componente di fondo nel caso italiano è addirittura salita al 6% dal 5,8% di dicembre, «segnalando che la trasmissione delle passate pressioni sui prezzi dell’energia è ancora in atto, anche se a un ritmo non accelerato», ha commentato Paolo Pizzoli, senior economist di Ing.

Le indicazioni che sono arrivate ieri dagli istituti di statistica non sono semplici da interpretare in riflesso alla Bce. E indubbiamente, il rinvio della pubblicazione del dato sui prezzi di gennaio della Germania non ha aiutato a disegnare un quadro più chiaro della situazione. A ogni modo gli analisti restano convinti che quello di oggi sarà in tutti i casi un aumento dei tassi di 50 punti base, soprattutto viste le evidenze sull’inflazione core.

La vera domanda adesso riguarda cosa deciderà di fare Francoforte a marzo. Secondo gli esperti di Pimco il rallentamento dei rialzi Bce avverrà solo a maggio. «Le pressioni di fondo sui prezzi rimangono immutate», hanno ribadito gli analisti, secondo i quali a Bce aumenterà i tassi di riferimento di 50 punti nella riunione di febbraio e lascerà intendere di essere propensa ad aumentarli ulteriormente. (riproduzione riservata)
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