LA DISCUSSA NORMATIVA UE IMPONE RISTRUTTURAZIONI PER TAGLIARE I CONSUMI D’ENERGIA DEL 25%
di Carlo Valentini
Mano al portafoglio per rendere green le case, come vuole l’Europa? Oppure è una tempesta in un bicchiere d’acqua perché si può svicolare? La decisione dell’Ue indica un cammino verso il risparmio energetico e la tutela dell’ambiente che Bruxelles vuol fare percorrere ai Paesi membri però riconosce le loro specificità, per esempio l’esistenza di centri storici medioevali, e quindi lascia una certa discrezionalità nell’applicazione della direttiva. Che però rimane e secondo alcuni è una spada di Damocle poiché in Italia il patrimonio abitativo è assai vetusto.
Secondo il documento europeo tutti gli immobili residenziali dovranno rientrare nella classe energetica E entro l’1 gennaio 2030, in quella D entro l’1 gennaio 2033. Il taglio previsto dei consumi energetici è circa il 25%, da ottenere con interventi come il cappotto termico, la sostituzione degli infissi, l’installazione di nuove caldaie a condensazione e di pannelli solari. L’obiettivo finale è raggiungere le zero emissioni entro il 2050. Secondo l’Ance (l’Associazione dei costruttori edili), in Italia su 12,2 milioni di edifici residenziali, oltre 9 milioni risultano particolarmente inquinanti e non sono in grado di garantire le performance energetiche richieste. Mentre l’Enea calcola che in un condominio con una ventina di appartamenti si potrà “saltare” di tre classi energetiche spendendo circa 30 mila euro per singola abitazione, un salasso a fronte del quale si raggiunge un risparmio fino al 60% dei consumi e un aumento del valore dell’immobile fino al 30%.
La politica si è (guarda caso) divisa, anche all’interno degli schieramenti tradizionali. Infatti il provvedimento ha l’ok di Popolari (Ppe), Socialisti (S&D), Liberali (Renew), Verdi e Sinistra. Contrari Ecr (di cui fa parte FdI) e Id (di cui fa parte la Lega). Ma Forza Italia ha contestato la scelta del suo gruppo, il Ppe, di appoggiare la proposta. Dice l’eurodeputato Fi, Massimiliano Salini: «Abbiamo ottenuto alcuni correttivi ma non ci sono le condizioni per votare a favore». Il suo collega di partito, Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente, concorda: «La direttiva sulle case verdi non può che essere adattata al contesto italiano che è speciale rispetto al resto d’Europa. Il nostro patrimonio immobiliare è antico, prezioso e fragile e va tutelato non imponendo in tempi insostenibili onerosi lavori ai privati».
Anche FdI fa muro. «È una patrimoniale camuffata» dice il capogruppo alla Camera, Tommaso Foti, «che va a ledere i diritti dei proprietari. Subordinare la possibilità di vendita o fitto di un immobile alla sua appartenente ad una classe energetica alta è un’ ipotesi irrealistica e avrebbe un impatto devastante sul mercato immobiliare, sui cittadini e sulle famiglie. Se si esagera sulla sostenibilità ambientale, senza preoccuparsi di una adeguata gradualità temporale, si mette a rischio la sostenibilità sociale».
Invece a difendere la norma è il parlamentare verde Angelo Bonelli: «Gli Stati hanno la facoltà di adattare la disciplina alle caratteristiche dei patrimoni edilizi nazionali e comunque è indispensabile razionalizzare il sistema degli incentivi fiscali in modo strutturale, sia ai fini del miglioramento del patrimonio edilizio che per dare un importante contributo in termini occupazionali». Uno dei padri del superbonus, Agostino Santillo (M5s) dice: «Il tema del miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici è importante, il costo delle ristrutturazioni del patrimonio immobiliare dev’essere garantito da strumenti finanziari emessi dall’Ue». Sulla stessa lunghezza d’onda il Pd, col deputato Marco Simiani: «L’Ue deve mettere a disposizione adeguate risorse al fine di dare una risposta concreta che accompagni il percorso delineato dalla direttiva e permettere il raggiungimento degli obiettivi fissati».
Ma qual è l’opinione di chi è coinvolto nel contesto abitativo e immobiliare? Dice Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia: «Si tratta di un provvedimento sbagliato in radice nel momento stesso in cui obbliga, anziché incentivare, la realizzazione di alcune tipologie di interventi. I rischi sono gravi e diversi: deprezzamento generale degli immobili (non solo di quelli non energeticamente efficienti ma, a cascata, anche degli altri), con ricadute negative sui consumi, rischi per il settore bancario, aumento dei prezzi per tutti i lavori edilizi, fermo dell’essenziale opera di miglioramento sismico del nostro patrimonio, deturpamento di luoghi attrattivi, anche a livello internazionale, per il turismo».
La decisione europea è indigesta anche a Angelo Domenico Perrini, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri: «Trasformiamo sin da ora questo vincolo in un’opportunità. Risanare il patrimonio edilizio, se fatto con criterio e con competenza, genera valore per il sistema-Paese. Il nostro Centro Studi stima che gli investimenti nel Superbonus (pari a 46,2 miliardi di euro spesi nel 2022) abbiano contribuito per l’ 1,4% al Pil dello scorso anno, nonostante norme confuse e contraddittorie. Mostriamo in sede Ue di avere un piano chiaro di risanamento del patrimonio edilizio alternativo».
Infine il polso del mercato lo rivela Gianfranco Navone, Ad di First Real, importante società di servizi immobiliari: «Il problema non è solo relativo all’insufficienza di risparmio, ma anche al potenziale recupero dell’investimento compiuto. È opportuno stimare l’appeal dell’immobile prima di procedere con la ristrutturazione dello stesso, per capire in che percentuale la maggiorazione di valore conseguente alla riqualificazione energetica vada ad ammortizzare l’investimento sostenuto. Se si sistema una casa ubicata in una città e in una posizione poco servita e richiesta, si rischia di non ripagare la spesa affrontata per la ristrutturazione energetica».
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