di Bianca Pascotto

Dovrà mettere mano al portafoglio e pagare la condanna alle spese il danneggiato da un sinistro stradale che ha promosso due separati giudizi per ottenere il risarcimento del danno al veicolo ed il risarcimento del danno alla persona.

Il frazionamento del credito e la duplicazione delle domande proposte nelle sedi giudiziarie era ed è – o forse adesso non più – un brutto costume che indossavano alcuni professionisti per lucrare sulle spese legali (due parcelle sono meglio di una) che venivano liquidate in seno al giudizio, eccezion fatta per alcuni legittimi casi in cui lo sdoppiamento aveva la sua fondata ragion d’essere.

È intervenuta recente pronuncia della Corte di Cassazione[1] a confermare quanto già le Sezioni Unite avevano acclarato in merito al frazionamento del credito, ricordando i principi con i quali si manifesta l’illegittima duplicazione processuale.

IL CASO

Tizio, centauro in Roma, perde il controllo della moto e cade a terra a causa del dissesto del manto stradale, provocato dalle radici di alcuni alberi.

Oltre alla moto anche Tizio subisce danni che attingono alla sua persona.

Promuove, dunque, causa avanti al Giudice di Pace di Roma per il solo danno a cose, danno che il Giudice gli riconosce.

Successivamente Tizio si rivolge al Tribunale capitolino per ottenere il risarcimento del danno biologico, dichiarando di aver già promosso separato giudizio con soddisfazione del danno a cose con sentenza passata in giudicato. Il Tribunale respinge la domanda, ritenendola improponibile per l’illegittimo frazionamento del credito.

Ugualmente si pronuncia la Corte d’Appello di Roma, evidenziando come, al momento della proposizione della causa avanti il Giudice di Pace, il danno alla persona era già conclamato ed i postumi invalidanti consolidati.

Non pago Tizio propone ricorso avanti la Corte di Cassazione.

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