L’ANALISI DELLO SCHEMA DI DLGS DI RIFORMA DEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
di Lucia Basile
Riconoscere l’equo compenso ai professionisti nei contratti pubblici: è una delle previsioni di cui all’art.8 dello «Schema di decreto legislativo recante codice dei contratti pubblici». Nell’ambito dell’esame dell’atto del Governo n. 19 (Codice dei contratti pubblici), Assoprofessioni di cui la Lapet è socio fondatore su invito della 8a Commissione Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica del Senato, ha trasmesso nei giorni scorsi le proprie osservazioni, soffermandosi in modo particolare sul ruolo dei professionisti nell’ambito della disciplina dei contratti pubblici. «L’invito che abbiamo ricevuto conferma la disponibilità al dialogo ed al confronto dell’attuale Parlamento con i rappresentanti delle parti sociali. – spiega Roberto Falcone in qualità di segretario generale Assoprofessioni – Non a caso parlo di conferma in quanto, già lo scorso 17 novembre il Ministro Matteo Salvini ci invitava a partecipare ad una consultazione pubblica in materia. Nel documento che abbiamo fatto pervenire si sottolineava, tra l’altro, la necessità di riconoscere l’equo compenso ai professionisti al fine di evitare lo scandalo delle prestazioni gratuite. Il 16 dicembre è stata presentata in Consiglio dei Ministri la bozza del decreto legislativo di attuazione della riforma del Codice dei contratti pubblici e con soddisfazione abbiamo rilevato che l’art. 8 recepisce le nostre osservazioni». Ora però, rileva Falcone: «sebbene l’art. 8 chiarisce che le prestazioni d’opera intellettuale non possono essere rese dai professionisti gratuitamente, è necessario eliminare ogni possibilità da parte della pubblica amministrazione di poter richiedere prestazioni professionali gratuite nei cosiddetti casi eccezionali ed in presenza di adeguata motivazione. Il dettato della norma sembra molto generico, poco realistico e comunque sufficiente a dare l’opportuno strumento legislativo alla pubblica amministrazione per ricorrere facilmente, come accade ancora oggi, all’emanazione di bandi di gara che prevedono l’esecuzione di prestazioni professionali gratuite».
D’altra parte il disegno di legge «Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali», che ha come prima firmatario l’onorevole Giorgia Meloni, approvato dalla Camera ed attualmente al vaglio del Senato, obbliga il committente pubblico all’applicazione dell’equo compenso nei confronti dei professionisti con la previsione addirittura di una nullità delle clausole contrattuali che possano prevedere un compenso non equo secondo i principi stabiliti dal disegno di legge in corso di approvazione definitiva. Altrettanto vero è che l’art.19-quaterdecies, decreto legge n.148/2017 (conv. legge n.172/2017) ha già introdotto una disciplina dell’equo compenso nei confronti di committenti qualificati, banche, assicurazioni, pubblica amministrazione ed imprese non rientranti nelle categorie delle microimprese o delle piccole o medie imprese, come definite nella raccomandazione 2003/361CE della Commissione, del 6 maggio 2003. Tra le altre osservazioni Assoprofessioni richiama l’applicazione del test di proporzionalità nella disciplina dei contratti pubblici. «Il legislatore sarà chiamato a garantire una disciplina delle prestazioni di servizi ispirata ai principi di libera concorrenza, mentre, per contro, restrizioni alla libera prestazione dei servizi possono essere giustificate solo in base alle clausole di interesse generale e nel limite del principio di proporzionalità. Ne consegue che nel testo della delega non devono trovare spazio restrizioni alla libera prestazione di servizi relativi alle professioni di cui alla legge n.4/2013. Ed ancora si suggerisce, analogamente a quanto è avvenuto con la riforma della giustizia civile, che anche il contenzioso in tema di appalti pubblici dovrebbe prevedere un efficace meccanismo di alternative dispute resolution. Infine, con riferimento alle semplificazioni documentali, fa notare Giorgio Berloffa presidente Assoprofessioni che “seppure i principi e criteri direttivi appaiono sufficientemente dettagliati, non indicano la priorità di un intervento sulla standardizzazione dei documenti di gara, a carattere vincolante per le pubbliche amministrazioni».
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