LA DIRETTIVA SULLE CLASSI ENERGETICHE APPROVATA DALLA COMMISSIONE INDUSTRIA UE
di Angela Zoppo
Con 49 voti favorevoli, 18 contrari e sei astenuti la Commissione Industria del Parlamento Europeo ha approvato la direttiva della discordia sull’obbligo di certificazione energetica per gli immobili residenziali. Il testo andrà al voto dell’Assemblea nella sessione plenaria del 13-16 marzo. Certo farà ancora discutere, visto il livello di impopolarità che le misure registrano in Italia, ma nel documento approvato ieri c’è più flessibilità e sono state inserite molte esenzioni. Fa ben sperare soprattutto che sia stato riconosciuto il fatto che il parco immobiliare presenta grandi differenze tra Paese e Paese, aspetto sul quale il governo Meloni ha puntato i piedi.
Secondo il testo adottato, tutti gli edifici di nuova costruzione dovrebbero essere a emissioni zero a partire dal 2028 e, se occupati, gestiti o di proprietà delle pubbliche amministrazioni, già a partire dal 2026 (la Commissione ha proposto rispettivamente il 2030 e il 2027). Tutti i nuovi edifici dovrebbero essere dotati di tecnologie solari entro il 2028, in presenza dei requisiti tecnici e di fattibilità economica, mentre gli edifici residenziali sottoposti a importanti ristrutturazioni avranno tempo fino al 2032. È previsto che gli immobili residenziali raggiungano almeno la classe energetica E entro il 2030, e la D entro il 2033.
In Italia circa 9,8 milioni di edifici, pari a 27 milioni di abitazioni residenziali (il 78% del totale), sono tra la E e la G. «Serve più gradualità», insiste il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin.
Misure nazionali e deroghe possono fare la differenza e attutire l’impatto della direttiva. Ogni Stato membro stabilisce i proprio piani di ristrutturazione. Stando al testo approvato ieri, ad essere esentati sarebbero i monumenti, ma ogni Paese potrà decidere di escludere anche edifici sottoposti a vincoli architettonici o storici, seconde case, piccoli appartamenti (sotto i 50 mq), chiese e luoghi di culto. Soprattutto, si potrà esentare l’edilizia popolare pubblica, «dove», si legge nel testo approvato, «le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti che non possono essere compensati risparmiando sulle bollette energetiche». La direttiva emendata prevede anche misure di sostegno contro la povertà energetica e l’accesso facilitato a sovvenzioni e finanziamenti, specialmente per le ristrutturazioni più complesse di cui necessiteranno gli edifici con le peggiori prestazioni energetiche. Pochi margini, invece, per sfuggire all’ultimatum sul riscaldamento da combustibili fossili, banditi dal 2035, a meno che la Commissione europea non ne consenta l’uso fino al 2040. Secondo Bruxelles, gli edifici sono responsabili del 40% dei consumi energetici e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra.
Tra gli impatti sul mercato immobiliare si cerca di stimare quello sui mutui e sui finanziamenti per le ristrutturazioni, per le quali si stima un costo medio di 20mila euro. Secondo Alessio Santarelli, ad di MutuiOnline, «in quest’ottica esistono delle tipologie di prodotti, i cosiddetti mutui green, che consentono di risparmiare 10 punti base sul tasso, a patto di avere come finalità l’acquisto o la riqualificazione di immobili ad alta efficienza energetica. Ma nonostante le richieste siano cresciute molto negli ultimi mesi», osserva Santarelli, «per le banche non sempre è possibile distinguere la motivazione del finanziamento, oltre a non garantire la certezza del salto energetico a fine lavori. Questo è un ostacolo da superare».
Per MutuiOnline.it la crescita dei mutui verdi è stata vertiginosa nell’ultimo anno: le erogazioni sono più che triplicate dal 2021 anche grazie ai tassi mediamente più bassi rispetto a quelli dei mutui standard. Ovviamente anche i mutui green hanno risentito dell’aumento dei tassi dell’ultimo anno, trend confermato a inizio febbraio dall’aumento di 50 punti deciso dalla Bce. «Se a gennaio 2022 il costo medio di un mutuo green a tasso fisso da 140 mila euro a 20 anni per un immobile da 200 mila euro era dell’1,2%, pari a una rata da 658 euro», spiegano dal gruppo, «oggi si spenderebbero 821 euro al mese a un tasso del 3,6%: un aumento di ben il 25%. Dall’Osservatorio MutuiOnline.it emerge anche che gli importi medi richiesti per i mutui verdi sono più alti rispetto a quelli standard (170mila euro contro 129mila). A sceglierli sono soprattutto gli under 36. (riproduzione riservata)
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