Il blocco delle prestazioni ordinarie richieste dai pazienti non-Covid ha interessato nel 2020 il 50% dei pazienti, con una punta del 71,5% per gli interventi chirurgici programmati. Sul Green pass consenso al 70%, sia da parte della popolazione che da ex pazienti Covid. Aiop, l’Associazione italiana ospedalità privata, ha presentato, presso l’Auditorium del Ministero della Salute, il 19° Rapporto sull’attività ospedaliera in Italia “Ospedali&Salute”, realizzato in collaborazione con Ermeneia – Studi & Strategie di Sistema. Con l’arrivo della pandemia si è dovuto far fronte all’assistenza straordinaria dei pazienti Covid, con il blocco delle prestazioni ordinarie richieste dai pazienti non-Covid, che nel 2020 ha riguardato il 50% dei pazienti, con una punta del 71,5% per gli interventi chirurgici programmati. Una conferma arriva dai dati oggettivi forniti dalle strutture sanitarie sulla contrazione delle prestazioni per i pazienti non-Covid (-21,0% tra il 2019 e il 2020, sui ricoveri ospedalieri), ma diventano del -23,9% per il Mezzogiorno. Le prestazioni specialistiche sono diminuite, nei primi 9 mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, del 30,3%, con valori più alti in Lombardia (-51,9%) e Provincia di Bolzano (-48,8%). Il 65,6% degli ex pazienti Covid ammette che il percorso di uscita dal contagio è stato “molto e/o abbastanza lungo” e, parallelamente, il 63,2% ha ammesso che si è trattato anche di un’esperienza “molto e/o abbastanza pesante”. Inoltre, il 56,2% dei contagiati ha registrato anche dei problemi di long Covid, di cui un terzo (il 18,9%) di tipo “serio”. I dati sull’andamento delle liste d’attesa, infine, risultano in contrazione per la popolazione, tra il 2020 e il 2021, mentre sono in forte espansione (da 3,8 a 8,3 volte in più nel 2020 e di circa 5 volte di più nel 2021) per i pazienti Covid. Tra il 2020 e il 2021 è infine emerso un graduale processo di socializzazione alla pandemia, con posizioni che però tendono a polarizzarsi. In particolare, nel caso dei pazienti ex Covid risulta un livello consistente di dissenso, tra il 26% e il 32%, specialmente sull’opportunità di estendere la vaccinazione e di sostenerla per ragioni di solidarietà collettiva.
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