Per il Tfr accantonamento annuale fino al momento della cessazione del rapporto di lavoro (salvo il caso di destinazione a fondi di previdenza complementare o al fondo di tesoreria Inps). In particolare, la quota da accantonare si ottiene sommando, per ciascun anno, una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi, la retribuzione annua comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese. Sul punto, la Cassazione (sentenza n. 16374/2017) ha precisato che le quote di contribuzione versate a fondi pensionistici integrativi sono fuori dal calcolo del Tfr. Un ulteriore aspetto da ricorda concerne la «rivalutazione» del fondo accantonato. Al 31 dicembre di ogni anno il fondo di Tfr, con esclusione della quota maturata nell’anno, è rivalutato sulla base di un coefficiente composito, formato da un «tasso fisso» dell’1,50% e da un «tasso variabile» determinato nella misura del 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo delle famiglie accertato dall’Istat rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente. Ai fini della applicazione del tasso di rivalutazione per frazioni di anno, l’incremento dell’indice Istat è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell’anno precedente. Un aspetto interessante da rilevare concerne il Tfr e la cessione del quinto. Come previsto dalla Cassazione (sentenza n. 3913/2020) il trattamento di fine rapporto può essere «ceduto» anche oltre il limite del quinto, non sussistendo per esso, a differenza di quanto previsto per gli stipendi e i salari, alcuna espressa limitazione. Ne consegue che mentre per la «cessione di quote di stipendio o di salario», sia nel caso di lavoro a tempo indeterminato che a tempo determinato, è espressamente previsto che essa non sia superiore al quinto dell’importo, altrettanto espressamente è previsto che tale limite non operi per la cessione del trattamento di fine rapporto. La Suprema corte, al tal fine, richiama una vecchia sentenza (n. 4930 del 2003) in cui si afferma che, in mancanza di espliciti divieti legali in ordine alla cessione del credito per trattamento di fine rapporto, opera la regola posta dall’articolo 1260 del codice civile che è quella della «cedibilità» dei crediti, salvo che si tratti di crediti di carattere strettamente personale o il loro trasferimento sia vietato dalla legge. Successivamente la stessa Corte ha stabilito che le disposizioni del Dpr 180/1950 vengono estese (oltre che ai dipendenti pubblici) anche ai lavoratori del settore privato (sentenza 685/2012 e 1545/2017). Conseguentemente, analizzando le disposizioni dell’articolo 52 del citato Dpr si osserva come tale norma ponga limiti alla cessione di «quote di stipendio o di salario» (nella misura di 1/5 per un periodo non superiore ai 10 anni), mentre alla cessione del Tfr non si applica alcun limite del quinto. I giudici di legittimità confermano così il «principio di diritto» secondo cui in caso di cessione del Tfr dei lavoratori pubblici e privati non opera il limite del quinto; resta fermo che detta cessione funge da garanzia ai fini dell’estinzione del debito contratto dal lavoratore.
LE CONDIZIONI PER MOTIVARE LA RICHIESTA DEL LAVORATORE DI BENEFICIARE PRIMA DEL TRATTAMENTO
L’anticipo trova i suoi paletti
Per il Tfr anticipato il sì dell’azienda è agganciato alla motivazione. La norma codicistica (articolo 2120, comma 6) prevede la possibilità per il lavoratore dipendente di chiedere, ed eventualmente ottenere, una «anticipazione» non superiore al 70% del Tfr maturato alla data della richiesta. Tale eventualità è, tuttavia, legata al sussistere delle seguenti condizioni: a) il lavoratore presenta una anzianità di servizio presso lo stesso datore di lavoro di almeno 8 anni (ove per servizio prestato si intende la reale anzianità di servizio e non il periodo effettivamente lavorato); b) le richieste di anticipo (di tutti i dipendenti) non hanno superato i limiti annui del 10% degli aventi diritto e comunque del 4% del numero totale dei dipendenti in forza all’inizio di ciascun anno; c) la richiesta del dipendente è giustificata dalla necessità di spese sanitarie e/o per l’acquisto della «prima casa» di abitazione.
Per quanto concerne queste ultime motivazioni occorre tener presente che sono finanziabili le spese sanitarie necessarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche Asl (articolo 2120, comma 8 del cod. civ.). A tal fine, il dipendente è tenuto a esibire un’attestazione rilasciata dall’Asl da cui risulti l’esistenza della malattia, la necessità della terapia/intervento nonché l’entità della spesa. Per quanto riguarda, invece, l’acquisto della «prima casa» si osserva che è finanziabile sia l’acquisto effettuato dallo stesso lavoratore che quello dei propri figli, anche se lo stesso è già titolare di una casa di abitazione. L’anticipazione può essere concessa anche se l’immobile risulta acquistato dal coniuge del dipendente richiedente e in regime di comunione o dell’unione civile. Al fine di dimostrare di aver sostenuto le spese è sufficiente che l’acquisto sia comprovato dal preliminare di vendita, dalla documentazione attestante la partecipazione ad una cooperativa edilizia e la relativa assegnazione oppure dall’autorizzazione edilizia per la costruzione sul suolo di proprietà e dal preventivo di spesa per l’ultimazione dei lavori.
Il Tfr può essere anticipato anche per finanziare i periodi di congedo parentale legato alla maternità; in tal caso, la funzione dell’anticipazione è quella di integrare o sostituire la retribuzione del lavoratore in congedo, per cui la somma erogabile, nel limite del 70% del Tfr, è commisurata alla retribuzione persa durante il periodo di congedo e agli eventuali oneri contributivi. Altra casistica per la quale è possibile ottenere l’anticipazione del Tfr concerne il cd. congedo per formazione. L’articolo 5 della L.53/2000, infatti, stabilisce che i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati che abbiano almeno cinque anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda o amministrazione, possono richiedere una sospensione del rapporto di lavoro per congedi per la formazione per un periodo non superiore a 11 mesi, continuativo o frazionato, nell’arco dell’intera vita lavorativa. Con il termine «congedo per la formazione» si intende il congedo finalizzato al completamento della scuola dell’obbligo, al conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro. Ulteriori «motivazioni» valide ai fini dell’anticipazione possono essere previste anche dai contratti collettivi di categoria. L’anticipazione, tuttavia, può essere ottenuta «una sola volta» nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal debito per Tfr che l’azienda ha nei confronti del lavoratore. Sul piano contabile, ove il Tfr sia mantenuto in azienda, l’anticipazione potrà essere rilavata mediante l’erogazione al netto ritenute fiscali.
Diversamente, se il Tfr (maturato dal 2007) è stato trasferito al fondo di Tesoreria gestito dall’Inps o a forme di previdenza complementare, occorre rilevare un credito verso detti fondi previdenziali. Si ricorda che la passività per Tfr include anche le eventuali somme erogate a titolo di prestito, di cui il Tfr maturato costituisce garanzia, le quali sono rilevate tra i crediti nella voce «verso altri» delle immobilizzazioni finanziarie o dell’attivo circolante in relazione alla durata del prestito.
Da detta passività sono, invece, detratte le anticipazioni parziali del Tfr maturato ed erogate in forza di contratti collettivi o individuali o di accordi aziendali, per le quali non ne è richiesto il rimborso.
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