Una parola sembra scomparsa dal linguaggio dei policy maker e dei politici: il risparmio. Ci si chiede se almeno nell’annuale convegno Assiom-Forex che si terrà a Parma, con il momento centrale sabato 12, l’argomento dell’evoluzione che ha registrato questa preziosissima risorsa del Paese sarà affrontato e, in particolare, lo sarà nell’intervento che pronuncerà il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. In effetti, tutto quanto si scrive e si afferma sul ruolo di banche e altri intermediari bancari e finanziari, sulle norme italiane ed europee, sull’agire della Vigilanza bancaria e sulle trasformazioni in atto trova la sua ragione ultima nella tutela e valorizzazione del risparmio e del suo impiego in investimenti produttivi, come vuole l’articolo 47 della Costituzione. Con le politiche necessarie e adeguate bisognerebbe operare per «fissare», come sostiene Antonio Fazio, il risparmio nell’economia reale, fruendo di una ricchezza che, insieme con la capacità di esportazione, rappresenta un punto di eccellenza dell’Italia, come non si stanca di ripetere il presidente della Consob Paolo Savona.
Non bisognerebbe mai smarrire questi aspetti, singolarmente capovolgendo i mezzi in fini. Eppure per ora per trovare un documento che si dia carico di approfondire la materia bisogna passare alle parti sociali e, più specificamente, alla Fabi, alla sua importante indagine sul risparmio e alle considerazioni del suo leader Lando Maria Sileoni. La pandemia ha inciso sulla formazione del risparmio stimolando comportamenti precauzionali per le gravi incertezze sul futuro e per la riduzione «a prescindere» dei consumi durante il lockdown. Ha concorso l’insufficiente chiarezza delle linee di politica economica. Il dato singolare resta la massa di risparmio riversata nei conti correnti: oltre 1.600 miliardi di euro, più di un terzo della ricchezza finanziaria del Paese, anch’essa cresciuta nel corso della pandemia.
Il quadro europeo della politica monetaria è rimasto stabile, con la Banca Centrale Europea che ha mantenuto ferma la linea accomodante, solo di recente incidendo sugli acquisti di asset (con la fine, a marzo, del piano pandemico Pepp). Ora invece i rischi di un incremento dei prezzi sono al rialzo. I membri del consiglio direttivo della Bce si dicono unanimemente preoccupati dei possibili sviluppi dell’inflazione. Resta tuttora ferma la previsione della transitorietà del fenomeno, ma non si escludono pro futuro misure di riduzione dell’espansione, con la Bce che si dice pronta ad adeguare tutti gli strumenti per stabilizzare i prezzi sul 2%, anche se non bisogna dare per scontata l’immediatezza di un aumento dei tassi. La sensazione è quella di un errore compiuto nell’essere stati a Francoforte finora perentori sulla vicinanza del rientro dell’inflazione in un tempo non lungo, che invece da alcuni mesi ha cominciato, nelle stime, a subire proroghe, da ultimo nella riunione del 3 febbraio.
Non bisogna dimenticare che l’unico mandato conferito alla Bce dal Trattato Ue concerne il mantenimento della stabilità dei prezzi, intesa come il conseguimento del 2% simmetrico. Se lo scostamento è significativo e appare in una prospettiva di non breve termine, per l’istituto l’obbligo di riportare l’inflazione al suddetto livello è cogente. Naturalmente devono contribuire anche le politiche economiche e di finanza pubblica. Quanto più si difende un tale assetto normativo (affermando con una certa leggerezza che non sarebbe necessario ampliare il mandato, per esempio, a misure che favoriscano l’occupazione), tanto più è necessario assolvere efficacemente il mandato. Un aumento dei tassi avrebbe impatti contraddittori sul versante del finanziamento pubblico e dell’impulso all’economia da un lato e della valorizzazione e tutela del risparmio dall’altro.
In ogni caso, rebus sic stantibus, è significativo che il governo non sembra aver degnato di uno sguardo la fondata esigenza, inizialmente prospettata dal presidente dell’Abi Antonio Patuelli e poi sostenuta da molti altri, di stimolare, anche con l’utilizzo della leva fiscale, impieghi alternativi per mobilizzare il risparmio giacente nei conti correnti. E’ possibile che perduri una siffatta sottovalutazione? E’ ammissibile che la questione-risparmio sia sostenuta solo dai tedeschi (legata però, in tale visione, al reclamo di politiche monetarie rigoriste) e non sia invece assunta da posizioni alternative che non contrastino con misure espansive ma che anzi in esse trovino l’occasione per un più produttivo impiego del risparmio?
Ora comunque, in relazione all’incremento dei prezzi (a gennaio +5,1% in Eurozona e +4,8% in Italia) il problema della predetta risorsa si ripropone con una nuova configurazione ma sempre fondato sulla diade tutela-impiego produttivo. Da qui discende la necessità di ulteriori forme di diversificazione dell’allocazione del risparmio e della sua remunerazione che sappiano bilanciare l’investimento in titoli pubblici e quello in altre attività bancarie e finanziarie. Accanto a queste forme si colloca poi la forma del risparmio immobiliare, che pone il problema del complessivo trattamento degli immobili da parte dello Stato con le sue diverse leve.
Non c’è solo un incentivo alla previdenza, nella quale l’Italia è ai primi posti nel mondo soprattutto per la propensione al risparmio. Sviluppando le «dignità» cui Sergio Mattarella ha fatto riferimento, per gli aspetti dell’economia e del lavoro, nell’alto discorso alle Camere riunite dopo il giuramento, si può affermare che c’è anche una dignità del risparmiare e dell’investire avendo presenti la Costituzione e gli interessi del Paese. Vi è insomma la necessità di conferire un impulso all’economia, riflettendo su quali vantaggi si sarebbero potuti conseguire con un vasto impiego del risparmio per attenuare la dipendenza dalle decisioni della Bce.
E qui entrano in ballo le politiche economiche e di finanza pubblica, la regolamentazione e il controllo del settore bancario e finanziario, la qualità della governance degli intermediari, il ruolo dei manager. Il modo in cui si governa la trasformazione in atto nel mondo finanziario, con le diverse forme di transizione nell’organizzazione, nella struttura territoriale, nei rapporti con la clientela, è fondamentale. Come fondamentale è la capacità di intervenire in forme nuove, ma non sufficientemente trasparenti, se non opache, di raccolta del risparmio, quali i cripto-asset. Esiste un problema di adeguamento delle conoscenze- si pensi all’impiego dell’intelligenza artificiale su cui insistono Savona e la Consob -, che non è soltanto materia di educazione e alfabetizzazione finanziaria del cittadino comune, ma riguarda tutti, anche i regolatori, se non vogliono assumere la veste di Achille che non riesce a raggiungere la tartaruga (gli operatori, per esempio, nelle criptovalute).
Come si vede, la questione-risparmio trascina con sé una serie di tematiche e problemi. Dovrebbe essere naturale che essa venga posta all’ordine del giorno, anche in nome dell’indicata dignità. A maggior ragione nella costruzione post-pandemia di un’Italia più avanzata e giusta cui ha incitato Mattarella nel suo forte discorso. (riproduzione riservata)
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