Carlo Giuro
Sul sito Internet di Solidarietà Veneto, fondo pensione territoriale nato nel 1990 dall’iniziativa dei lavoratori del settore legno-arredo presenti in regione, compare una massima del pioniere della pianificazione finanziaria George Kinder: «Le persone non hanno obiettivi finanziari, ma obiettivi che richiedono risorse finanziarie per essere soddisfatti». Come declinare questa filosofia in una strategia di previdenza complementare? MF-Milano Finanza ne ha parlato con il direttore generale, Paolo Stefan.
Domanda. Qual è l’identikit di Solidarietà Veneto?
Risposta. Oggi, con 120 mila associati e 1,8 miliardi di euro di patrimonio, è il fondo pensione più diffuso nella regione. Possono associarsi i dipendenti di tutte le aziende dell’industria, comprese piccole imprese e artigianato. Possono inoltre aderire i dipendenti di altre realtà che applichino gli accordi istitutivi, come operai agricoli e florovivaisti, lavoratori atipici e interinali, liberi professionisti, coltivatori diretti, familiari a carico degli iscritti e pensionati di anzianità.
D. Siete il primo fondo negoziale che si è aperto al lavoro autonomo. A quali innovazioni pensate?
R. Nei mesi passati abbiamo sottoposto alla regione la richiesta di accreditamento: se l’esito sarà positivo ci aspettiamo che il fondo assuma un ruolo nuovo nel contesto territoriale. Si concretizzerebbe così la traslazione a un contesto non più settoriale ma istituzionale. Auspichiamo che tale riconoscimento amplifichi le nostre potenzialità nell’ottica di una maggior diffusione, che consentirebbe ulteriori efficienze gestionali. Quanto all’apertura agli autonomi, penso sia stato un esempio di lungimiranza: le rappresentanze datoriali dell’artigianato veneto seppero infatti per prime intravedere la necessità di offrire ai propri associati uno strumento previdenziale fiscalmente conveniente, a costo ridotto e con una forte governance espressa dal territorio.
D. Nel vostro bacino di utenza ci sono anche i dipendenti pubblici?
R. A tutt’oggi purtroppo il pubblico impiego non può accedere a Solidarietà Veneto, diversamente da quanto accade in Trentino-Alto Adige con Laborfonds e in Valle d’Aosta con Fondemain. Si tratta di un nodo critico, che ci costringe a rifiutare le richieste di adesione provenienti da tale ambito, anche perché spesso veniamo percepiti dai potenziali iscritti come “fondo per tutti i veneti”. Speriamo che l’accreditamento regionale possa favorire il superamento di queste situazioni.
D. Come si struttura il fondo pensione in termini di architettura finanziaria?
R. C’è la possibilità di scegliere fra quattro comparti di investimento: il Dinamico, consigliato ai più giovani, il Reddito, per l’iscritto a metà carriera, il Prudente e il Garantito tfr, dedicato alla conservazione del capitale maturato in vista del traguardo previdenziale. Da un paio d’anni, tuttavia, la via maestra attraverso la quale l’aderente accede alla gestione finanziaria è il Percorso Previdenziale Ideale (Ppi): un dispositivo automatico che regola il trasferimento delle risorse da un comparto all’altro grazie a un algoritmo appositamente predisposto.
D. Come funziona?
R. Il Ppi è una tecnologia al servizio del risparmio. Con il tempo ci siamo resi conto che la competenza non sempre è sufficiente a tutelare il risparmio previdenziale, specie quando si manifestano ribassi repentini, perché entra in gioco l’emotività. È proprio per ovviare a tale inefficienza che, nel 2020, è stato introdotto il Percorso. Selezionandolo ogni associato può neutralizzare il rischio temporale andando a suddividere l’operazione di cambio comparto in tanti piccoli adattamenti, che si susseguiranno annualmente secondo una ritmica predefinita, studiata con l’obiettivo di minimizzare la volatilità. In un certo senso potremmo paragonarlo a un piano di accumulo che opera al contrario, ossia con il disinvestimento delle risorse distribuito nel tempo. Lo strumento ha riscosso notevole successo: da quando è stato introdotto oltre 5 mila associati, soprattutto i più giovani, hanno adottato questo modello.
D. Quale è il vostro approccio agli investimenti nell’economia territoriale?
R. L’economia territoriale costituisce il substrato che alimenta il patrimonio del fondo, con un flusso contributivo annuo che nel 2021 ha superato i 220 milioni. All’opposto, sempre lo scorso anno, il fondo ha restituito al territorio attraverso le prestazioni erogate quasi 80 milioni lordi. Quanto al processo d’investimento, lo stiamo interpretando con una particolare attenzione all’economia reale, approcciata soprattutto attraverso strumenti non quotati. Nove anni fa decollava il mandato obbligazionario a focus geografico: 60 milioni investiti prevalentemente nei minibond emessi dalle pmi italiane. Stesso target per il private equity, con più di 30 milioni destinati fra il 2013 e il 2017 al capitale delle piccole e medie imprese. Nel 2021, dopo la frenata del Covid, siamo ripartiti introducendo l’investimento infrastrutturale, per un impegno complessivo negli strumenti alternativi che oggi raggiunge i 140 milioni. Quest’anno, con le prossime operazioni in programma, l’investimento in economia reale raggiungerà il 10% del patrimonio di tre dei nostri comparti (Prudente, Reddito e Dinamico, ndr), con valori crescenti, di pari passo con l’incremento delle masse patrimoniali.
D. Come siete strutturati sul profilo delle adesioni online?
R. La trasformazione digitale ha subito un’accelerazione straordinaria per via della pandemia e noi, come fondo, abbiamo cercato di interpretarla con entusiasmo. Così, dopo l’introduzione e la diffusione dell’adesione online, sono nati gli sportelli informativi telematici che, dalla primavera del 2020, si affiancano ai tradizionali punti di contatto sul territorio. La relazione con l’aderente si sviluppa ormai di routine sul doppio canale: potrà quindi scegliere la modalità che riterrà preferibile.
D. E sul versante dell’educazione alla previdenza?
R. Proponiamo corsi di formazione dedicati ai delegati e agli operatori sindacali e incontri formativi con il personale impegnato nella gestione delle risorse umane in azienda. Collaboriamo inoltre nell’ambito della formazione professionalizzante per i giovani apprendisti artigiani e dell’industria. Anche in questo caso l’integrazione fra riunioni in presenza e a distanza è diventata routine. In generale crediamo che la formazione, a prescindere dal modo in cui viene erogata, debba essere al centro dell’agenda di un fondo. Altrimenti si concretizzerebbe un’incoerenza con i principi che da sempre ci guidano, e di cui parlo volentieri: vicinanza e trasparenza. Su questo restiamo impegnati, cercando di condividere l’idea di una pensione che non sia solo un diritto ma anche un progetto da costruire. (riproduzione riservata)
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