di Angelo De Mattia
La mossa con la quale i fautori della lista, che assumono la veste tout court di Generali, e interpellano l’Ivass e la Consob su alcuni aspetti dell’ora cessato Patto, segnala l’inasprirsi della confrontation. D’altro canto, se si imbocca la strada della conflittualità, bisogna anche attendersi reazioni sullo stesso terreno, quello dei pareri richiesti all’una o all’altra authority per utilizzarli, se favorevoli, come clave nei confronti del competitore. Dunque, non esposti, perché questi si potrebbero esporre a reazioni su di un più delicato terreno giuridico, ma pareri, meno facilmente suscettibili di contrattacchi.
Ora vedremo quale sarà il riscontro delle autorità adite. Del Vecchio, Caltagirone e la Fondazione Crt sembrano essere stati molto attenti nella costruzione del Patto, limitandolo alla sola consultazione tra i componenti e sottolineando la loro assoluta libertà nel determinarsi autonomamente. Dal punto di vista documentale, non è facile rilevare l’ipotesi del concerto che avrebbe fatto scattare l’obbligo di chiedere, da parte dei componenti anzidetti, l’autorizzazione dell’Ivass per il supero del 10% del capitale del Leone (oggi, complessivamente, i tre azionisti detengono il 16,3098%). Anzi, il documento va in senso opposto. Allora bisognerebbe valutare indizi e comportamenti extra-documentali. Ma, se così fosse, e si procedesse, si rischierebbe di invadere, ammesso che si intendesse effettivamente percorrere quest’ardua strada, finanche la privacy degli azionisti in questione. D’altro canto, poiché l’acquisto delle azioni è avvenuto coram populo, è fondatamente immaginabile che l’Ivass non sarebbe intervenuto, quanto meno per chiarimenti, se vi avesse visto il fumus del concerto? E che attenderebbe l’iniziativa delle Generali per pronunciarsi «a richiesta» su di una materia elettivamente riservata a un proprio potere-dovere, non certo a un’attività, per di più tardiva, di consulenza? E la stessa cosa si potrebbe dire per la domanda rivolta alla Consob per gli obblighi di comunicazione dei programmi futuri e del «contro-piano» dei singoli componenti il Patto.
Da quest’ultimo, come si è detto, è uscito Caltagirone. Le quote restanti si collocano al di sotto del 10%. Dunque, si tratterebbe di un’indagine retrospettiva da compiere, da parte delle autorità a diverso titolo coinvolte, per rispondere alla richiesta di pareri. Ma quale efficacia avrebbe? O si ritiene che, pur dopo l’uscita dell’imprenditore romano, persista un’ipotesi di concerto e su quali basi? Si può richiedere un parere senza indicare con sufficiente precisione gli elementi che motivano la domanda? La quale è diretta a un’autorità non a un privato consulente.
Tutto ciò induce a ritenere che sarebbe auspicabile, per entrambe le parti coinvolte, per la Compagnia, per gli stakeholder, per gli interessi generali, che si chiuda rapidamente, con le pronunce delle authority e le conseguenze delle stesse, la fase dei pareri, ivi incluso quello riguardante il prestito-titoli a suo tempo richiesto da Caltagirone, e si passi alle rispettive scelte fondamentali per il futuro del Leone: la formazione delle liste dei candidati agli organi societari e la predisposizione dei programmi strategici e operativi. Alle authority spetta, dunque, vigilare sull’osservanza delle regole del gioco, con un comportamento proattivo, senza che debbano essere i giocatori a richiedere l’ottemperanza. La Consob ha dato una molto articolata risposta al quesito posto da Caltagirone sulla formazione della lista del consiglio di amministrazione. Leggendo bene il documento, si può constatare che vi sarebbero diversi punti sui quali fare chiarezza da parte dei sostenitori della lista stessa. Finora non risultano specifiche iniziative al riguardo. E’ sperabile che non accada che non solo progressivamente si scelga il terreno legale per competere, ma anche che, dopo aver conseguito qualche risultato nel versante dell’applicazione delle norme, si sottovaluti la possibilità di farlo valere. Sarebbe il colmo e, dunque, non possiamo crederci. (riproduzione riservata)
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