Andrea Pira
Un vorticoso flusso di cessioni tra società satellite, in alcuni casi appena costituite, e anche tra interi nuclei familiari, che nullatenenti o con con redditi modesti, acquistavano e vendevano crediti fiscali di rilevante entità. Il tutto a partire dal caso di due società immobiliari, proprietarie di alcune stalle, capaci di mettere in campo fatture reciproche per diversi milioni di euro, così da generare crediti fittizi. Un esempio, tra i tanti, di quella che il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha definito una delle più gravi truffe mai viste della storia della Repubblica e che ha spinto il governo a porre limiti al sistema di cessione dei crediti legati ai bonus edilizi e al Superbonus 110%. Anche se in realtà, come spiegato dal titolare del Mef, sul secondo ricade soltanto una piccola parte delle falsificazioni, in quanto, già prima di novembre, era previsto l’istituto dell’asseverazione.
A Napoli invece, dove sono stati sequestrati crediti inesistenti per 110 milioni, lo schema ha visto in gioco un consorzio che si proponeva quale general contractor per l’esecuzione di lavori,attraverso una rete di procacciatori. Ai privati interessati venivano fatti sottoscrivere contratti per appalto dei lavori con cessione del credito d’imposta. I rapporti venivano interrotti a stretto giro o venivano eseguite soltanto attività burocratiche. Una volta ricevuti i contratti, il consorzio emetteva fatture verso i privati, attestando uno stato di avanzamento dei lavori di almeno il 30%. Alcuni privati, si legge nel documento depositato dalla Guardia di Finanza al Senato, hanno poi riscontrato nel proprio cassetto fiscale fatture per lavori mai eseguiti e relative cessioni a favore del consorzio che in questo modo ha accumulato oltre 109 milioni di crediti fasulli, poi ceduti a intermediari finanziari per oltre oltre 83 milioni di euro.
Secondo le ultime cifre i crediti falsi ammontano già a 4,4 miliardi. In pratica circa l’11% dei 38,4 miliardi di prime cessioni e sconti in fattura transitati per la piattaforma dell’Agenzia delle Entrate tra Superbonus, incentivi per le facciate, sisma bonus, ecobonus, collonine elettriche, ristrutturazioni (si veda articolo a pagina 67). «Si è voluto creare un sistema con pochissimi controlli», ha tuonato venerdì 11 febbraio il presidente del Consiglio, Mario Draghi, in conferenza stampa, motivando le ragioni dei paletti posti allo strumento con il decreto Sostegni Ter e replicando a quella fetta di imprenditori e della politica che critica le limitazioni perché, paventa la filiera delle costruzioni, rischierebbe di mettere in ginocchio «nuovamente, e, probabilmente, irreversibilmente» aziende, professionisti e operatori che hanno agito correttamente.
Come esempio delle carenze nelle verifiche Draghi ha citato un depliant del 2020 di Poste. Nel terzo trimestre le masse di crediti acquisiti dal gruppo ammontavano a circa 4 miliardi con un obiettivo di 9/10 miliardi. Per il passaggio, recita la brochure letta dal premier, non era necessario fornire documentazione ed era sufficiente verificare preliminarmente di essere i titolari del credito da cedere. Le scarne verifiche erano già state bacchettate dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini in audizione sul Sostegni Ter. Anche se controlli proattivi sono stati fatti, scongiurando danni, riferiva il numero uno del Fisco, ad esempio con «check list per acquisire comunque documentazione volta a verificare la spettanza del credito, a prescindere dal posizionamento sulla catena di cessione».
Il Superbonus, ha ribadito Draghi «si è fermato non per gli ostacoli sulla cessione dei crediti ma per i sequestri deliberati dalla magistratura a fronte di situazioni fraudolente che hanno raggiunto importi di 2,3 miliardi», di cui 1,5 miliardi già incassati, come spiegato da Franco.
Dal Nord al Sud le inchiesta toccano tutta la penisola: Roma, Foggia, Rimini, Perugia, Napoli, Treviso, Brescia. La volontà del governo, ora, è rimettere mano al sistema con correttivi, venendo in parte incontro alle richieste di modifiche. «Vogliamo che il meccanismo funzioni», è l’impegno del premier. Da qui l’apertura a cambiare l’articolo 28 del Sostegni Ter. Non con un decreto però, come chiedono in tanti per accelerare i tempi. La scelta è di intervenire con un emendamento dove far confluire alcune delle proposte finora arrivate. Si arriverà lunghi quindi, forse fino al 27 marzo, data entro la quale convertire il dl. Si parla di permettere cessioni multiple tra banche, di cessioni tra entità appartenenti allo stesso gruppo e anche di intervenire per sbloccare le somme sequestrate che impattano anche sulle partecipate dello Stato. In Parlamento, lo strumento dell’emendamento fa tuttavia alzare qualche sopracciglio. Viene letto come la volontà «di non sporcarsi le mani» e lasciare agli eletti il compito di sollevare lo scudo a tutela di Poste e di Cassa Depositi e Prestiti. Allo studio c’è inoltre un meccanismo per tracciare meglio le operazioni.
La linea è quella tracciata dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Entrate in audizione sul Sostegni Ter: è utile qualsiasi intervento che serva a «perimetrare» il numero delle cessioni e il profilo soggettivo dei concessionari, così da minimizzare il rischio di frodi e riciclaggio.
Nell’attuale situazione «l’importante è che si riprenda l’attività, che tutti gli intermediari tornino ad accettare le richieste e che il mercato riparta in modo più sicuro di prima però», ha aggiunto Franco. Un riferimento alle scelte di Poste, Cdp e altri di sospendere i servizi. Per il ministro «asseverazione, controllo ex ante delle Entrate, limiti al numero di cessioni dei crediti, vanno tutti nella direzione di assicurare certezza agli operatori». Realtà come Cdp, intanto, secondo quanto riferiscono fonti della società, sono pronte a riattivare i canali di cessione dei crediti soltanto dopo l’approvazione delle modifiche.
Una mappa delle altre storture sulle quali intervenire emerge dalla Guardia di Finanza. Individua diversi tipi di anomalie all’origine dei crediti fraudolenti: cantieri non avviati; cessioni a catena che coinvolgono imprese con la medesima sede o medesimo rappresentante legale; immobili sui quali sarebbero stati eseguiti lavori agevolati non riconducibili ai soggetti che hanno effettuato la prima cessione del credito; lavori edilizi incompatibili con le dimensioni delle imprese che li avrebbero effettuati.
«Tutte queste anomalie possono essere efficacemente contrastate a monte, attingendo da un ampio ventaglio di possibili operazioni come controlli ispettivi da parte dei Comuni, foto georiferite dei cantieri da inviare all’Agenzia delle entrate, recupero immediato della cessione multipla tra soggetti vigilati da Bankitalia, istituzione di un albo delle imprese qualificate per sostenere adeguatamente lavori oltre una certa soglia, adozione di un sistema di tracking, ossia tracciamento del credito con applicazione di un codice univoco», commenta Agostino Santillo (M5S), coordinatore del Comitato pentastellato per le infrastrutture e la mobilità sostenibile.
Il governo Draghi interverrà ora per sanare le storture di una misura sulla quale, anche per i costi, ha nutrito perplessità e senza la quale, Draghi dixit, l’edilizia funzionerebbe lo stesso. (riproduzione riservata)
Ma è cruciale, non affossatelo
di Riccardo Fraccaro
In queste ultime settimane sui giornali e in tv si parla del Superbonus come del peggior male che il nostro Paese abbia subito dall’inizio dei tempi: truffe miliardarie, emissioni di fatture per operazioni inesistenti, ingenti danni allo Stato e maxi sequestri, insomma un mare magnum di illegalità che i tecnici del Governo hanno inteso arginare attraverso un decreto emanato in tutta fretta, sacrificando il prezioso tempo che avrebbero dovuto utilizzare per confrontarsi con il Parlamento e gli operatori del settore.
A seguito della pubblicazione ed entrata in vigore del Decreto Legge n. 4/2022 (Decreto Sostegni-ter) che ha eliminato il meccanismo di cessione multipla dei crediti di imposta, limitando le cessioni a una, l’universo che ruota intorno all’edilizia è stato assorbito da un buco nero: le piccole banche, seguite da Cdp e Poste hanno sospeso le operazioni di cessione e le imprese si sono ritrovate con ingenti somme congelate per mesi e conseguenti enormi danni facilmente immaginabili. Se da una parte è assolutamente necessario porre freno alle attività deliquenziali intorno a una misura così complessa perché caratterizzata da una pluralità di soggetti attivi, dall’altra non si può pensare di risolvere il problema tranciando di netto il lavoro di migliaia di aziende oneste che sul Superbonus avevano lecitamente fatto affidamento.
Adesso non c’è tempo da perdere, bisogna risanare al più presto la stortura generata, è necessario che il Governo sia disponibile a ascoltare le parti sociali e il Parlamento per poter trovare insieme la giusta direzione affinché questa misura sia inattaccabile da parte della criminalità. C’è in ballo l’economia di tutto il Paese: grazie al Superbonus il reparto edilizio ha ripreso vita dopo 10 anni di crisi nera e ha risollevato tutte le attività che in qualche modo sono coinvolte, dalla produzione di materie prime fino all’arredamento, portando l’economia del nostro Paese a valori che non si vedevano da anni. Non sprechiamo questa opportunità. Abbiamo dimostrato all’Europa di essere in grado di generare misure all’avanguardia per l’economia e per l’obiettivo sempre più stringente della transizione energetica. Ci hanno guardato con ammirazione, non facciamo che il tutto si trasformi in un’illusione effimera. (riproduzione riservata)
*ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio
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