LO STANZIAMENTO NEL PROVVEDIMENTO APPROVATO DALL’ENTE DI PREVIDENZA DEI PERITI INDUSTRIALI
Altri 22 milioni di euro per un assegno pensionistico sempre più adeguato ai liberi professionisti periti industriali. Questo l’effetto del provvedimento assunto dal consiglio di amministrazione dell’Eppi, Ente di previdenza dei periti industriali e dei periti industriali laureati, il 31 gennaio scorso, da sottoporre al vaglio dei ministeri del lavoro e dell’economia. Le nuove risorse individuate, pari a 22,1 milioni di euro, corrispondono al 70% del contributo integrativo riferito all’annualità contributiva 2020.

Ma cos’è il contributo integrativo? E perché il consiglio di amministrazione della Cassa dei periti industriali ha scelto di versarne quota parte sul conto corrente previdenziale degli iscritti?

Alla prima domanda sembra più semplice rispondere: il contributo integrativo affianca quello soggettivo nei versamenti che i liberi professionisti sono tenuti per legge a riconoscere al proprio Ente di previdenza, per costruire la propria pensione. Se per un verso la quota di contributo soggettivo in Eppi vale il 18% del reddito professionale netto da lavoro autonomo, dichiarato nell’anno di riferimento, per l’altro il contributo integrativo è invece l’aliquota del 5% che viene inserita in fattura dal professionista, nelle notule per i lavori pubblici e per quelli privati, a carico del cliente, privato o pubblica amministrazione che sia. La quota di contributo integrativo è dunque, nei fatti, a carico del cliente, ed è primariamente destinato al sostegno delle spese di gestione dell’Eppi e alle attività di supporto agli iscritti in condizioni di bisogno. Ma non solo: oltre a queste finalità istituzionali, qualora la Cassa ne abbia disponibilità, è previsto che parte del contributo integrativo vada a incrementare il salvadanaio del singolo iscritto, così da migliorare il trattamento pensionistico futuro. Ed è esattamente ciò che l’Eppi fa dal 2014: distribuire, quanto più possibile, parte del contributo integrativo sui conti correnti previdenziali degli iscritti, affinché il montante cresca a sufficienza, a garanzia di un assegno pensionistico il più adeguato possibile rispetto all’ultimo reddito dichiarato. Un’operazione reiterata appunto dagli organi di governo dell’Ente dal 2014 ad oggi, per le annualità contributive che vanno dal 2012 al 2020, per un capitale totale di risorse distribuite sui montanti degli iscritti di 204 milioni di euro (nella foto). L’ultima somma riferita al 2020, pari a 22,1 milioni, sarà caricata sui montanti dei periti industriali iscritti solo dopo il via libera dei dicasteri vigilanti.

E qui si entra nel vivo del secondo quesito. A favore dei montanti degli iscritti, e dunque della futura prestazione previdenziale, l’Eppi ha versato ulteriori risorse negli anni, per un totale di 29,6 milioni di euro, derivanti dalla maggiore rivalutazione dei montanti stessi oltre la media quinquennale del Pil. La famosa legge 335/1995, che riformò il sistema previdenziale obbligatorio e complementare, prevede che il montante che il libero professionista costruisce nel corso della vita lavorativa, sia rivalutato annualmente in base ad un coefficiente: la media quinquennale del Pil. Se questa media porta ad un valore negativo, come già accaduto in passato, i montanti subiscono una svalutazione e non una rivalutazione. Ecco allora che la Cassa, se nelle disponibilità – se è cioè riuscita a contenere le spese di gestione e a realizzare extra rendimenti finanziari – con un maggiore esborso, può azzerare tale valore negativo, e in un secondo momento perfino rivalutarlo. L’Eppi dal 2015 persegue anche questa seconda operazione (sempre nella foto), che ha fruttato negli anni 29,6 milioni di euro. Questi, sommati alle distribuzioni del contributo integrativo, portano a 233,3 milioni di euro le risorse aggiuntive che gli organi dell’Eppi sono riusciti a riversare nel salvadanaio previdenziale degli iscritti liberi professionisti periti industriali dal 2014 ad oggi.

«In un Ente di previdenza di metodo contributivo puro come il nostro, la sostenibilità finanziaria e l’adeguatezza delle pensioni vengono percepiti spesso come due ambiti contrapposti – commenta la guida dell’Eppi, il presidente Valerio Bignami – come se il raggiungimento del primo obiettivo, cioè la sostenibilità, vada necessariamente a danno del secondo. Ma così non è: sono entrambi pilastri di un’unica struttura, di quel metodo contributivo sul quale si basa la nostra Cassa e ormai tutto il sistema pensionistico, non solo italiano. Cionondimeno il tema dell’adeguatezza delle pensioni è sempre attuale – prosegue il presidente – ed è stato assolutamente centrale come nostro obiettivo in questi anni. Se nel 2014 il tasso di sostituzione, cioè il rapporto tra l’ultimo stipendio ed il primo assegno di pensione, era mediamente del 21% per i colleghi periti industriali, oggi, dopo le misure che sono state prese e qui descritte, supera il 40%, posti comunque 40 anni di versamenti previdenziali contributivi».

Tre quindi le direttrici che l’Eppi ha condotto negli ultimi anni, per migliorare il futuro assegno pensionistico degli iscritti periti industriali, e mitigare «l’avarizia» del sistema di metodo contributivo. La prima direttrice: il progressivo aumento dell’aliquota di versamento del contributo soggettivo di un punto percentuale all’anno a partire dal 2012, fino ad assestarsi al 18% nel 2019. «Questa decisione fu assunta con la diretta partecipazione degli iscritti, che vennero ampiamente informati a fine 2011 delle opzioni che avevano di fronte, per assicurarsi mezzi adeguati nel momento in cui si sarebbero ritirati dal lavoro, come previsto dall’Art. 38 della Costituzione. Si chiese uno sforzo notevole ai nostri iscritti – commenta il presidente dell’Eppi – ma grazie alla capillare azione comunicativa svolta anche sui territori, lo compresero e accettarono». La seconda direttrice è la distribuzione di quota parte del contributo integrativo, seguendo gli indirizzi approvativi dei Ministeri Vigilanti; ed infine la terza: la maggiore rivalutazione dei montanti stessi oltre la media quinquennale del Pil nazionale. Queste ultime sono rilevanti «perché, laddove i risparmi gestionali per il funzionamento della struttura dell’Eppi, i rendimenti finanziari, e le proiezioni del bilancio tecnico attuariale lo consentano, accrescere il valore del montante previdenziale del professionista dovrebbe essere la prima destinazione delle risorse aggiuntive realizzate da una Cassa di previdenza», chiosa il vertice dell’Eppi.

«È importante, tuttavia, ribadire come il sistema di metodo contributo ponga al centro della costruzione del proprio futuro previdenziale anche il singolo professionista. È nostro compito di amministratori quindi anche aumentare tale consapevolezza tra gli iscritti, oltre che ridurre tutte quelle spese non direttamente a beneficio della previdenza e assistenza dei liberi professionisti, eliminando aspettative di utilizzo delle risorse versate per attività che nulla hanno a che vedere con il fine istituzionale che dobbiamo perseguire e a cui dobbiamo rimanere fedeli sempre». È allora con il contributo di due attori che sostenibilità e adeguatezza della pensione del libero professionista perito industriale possono essere perseguite: il libero professionista stesso, che col proprio lavoro predispone anche il proprio futuro previdenziale; e l’Eppi, la sua Cassa di previdenza, che contribuisce all’obiettivo con il contenimento delle spese di funzionamento della struttura, un’oculata gestione finanziaria, le maggiori rivalutazioni e i trasferimenti dell’integrativo al montante personale. «C’è poi un terzo attore, lo Stato, che attendiamo possa supportare questa doppia azione del libero professionista e della sua Cassa – conclude il presidente Valerio Bignami – riducendo per esempio il prelievo fiscale sui rendimenti degli investimenti, eliminando quella ingiusta doppia imposizione sulle prestazioni pensionistiche, razionalizzando i necessari controlli, e molto altro ancora è possibile fare. Le casse sono pronte e hanno già dimostrato di essere aperte e disponibili a condividere buone pratiche e soluzioni già individuate».
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