di Luca Gualtieri
Il nuovo ministro dell’Economia Daniele Franco e la sua squadra non avranno certo bisogno di molto tempo per studiare il caso Montepaschi. Al contrario, l’ex Ragioniere Generale potrebbe prendere subito in mano uno dei dossier più spinosi ereditati dal governo Conte. Nel frattempo i team di consulenti messi in campo dalla banca e dal Tesoro non hanno smesso di lavorare e, anzi, sarebbero vicini a smarcare il delicato capitolo del contenzioso.
In base agli accordi presi nel 2017 con la Commissione Europea nell’ambito del salvataggio il ministero dell’Economia dovrà uscire dal capitale di Mps entro la fine di quest’anno. Malgrado la determinazione dell’ex titolare del Tesoro Roberto Gualtieri però finora l’obiettivo è parso in salita. Tra gli ostacoli c’è soprattutto la mole delle cause legali, che oggi sfiora un importo potenziale di 10 miliardi di euro e che finora ha raffreddato l’animo di molti potenziali compratori. Il problema però potrebbe essere vicino a una soluzione. Gli advisor al lavoro sul dossier (Mediobanca, Credit Suisse, Bank of America Merrill Lynch e lo studio legale Orrick) avrebbero infatti definito uno schema per ridimensionare, se non proprio neutralizzare, il rischio legale. Per farlo sarebbe previsto il coinvolgimento di un pool di compagnie che fornirebbe una copertura assicurativa su larga parte dello stock e forse perfino sulla sua totalità. Il relativo premio verrebbe ripartito in proporzioni da definire tra la banca e lo Stato attraverso una partecipata pubblica come Fintecna, Amco o Sace. Proprio il premio, si fa osservare, rappresenta l’aspetto più delicato dell’architettura in fase di definizione perché sotto certe condizioni potrebbe far scattare la contestazione di aiuto di Stato. Va da sé infatti che il progetto, così come l’intero pacchetto di incentivi costruiti dal Tesoro per agevolare la cessione del Monte dei Paschi di Siena, dovrà passare al vaglio della Commissione Europea e della Direzione Concorrenza guidata dalla rigorosa Margrethe Vestager. Se la copertura assicurativa non neutralizzasse del tutto legale, il ministero dell’Economia potrebbe inoltre dar seguito ai contatti già avviati alla fine del 2020 con singoli investitori (privati e non) per arrivare a soluzioni transattive. Oltre alla Fondazione Mps (che nell’estate scorsa ha chiesto alla banca risarcimenti per complessivi per 3,8 miliardi) una soluzione di questo genere potrebbe riguardare anche alcuni fondi internazionali assistiti da primari studi legali italiani.
La sensazione diffusa nella comunità finanziaria e nelle diverse controparti impegnate nel progetto è però che il nuovo governo voglia imprimere un’accelerazione. Tanto più che una parte della dote per l’eventuale compratore di Mps è già a disposizione. Se la trasformazione delle dta in crediti fiscali è stata blindata in legge di Bilancio (l’effetto dovrebbe essere di 2,4 miliardi), in dicembre si è iniziato a ragionare anche su una nuova operazione di derisking.
Il compratore? Unicredit rimane il candidato favorito, anche se il futuro ceo Andrea Orcel potrà scoprire le carte solo dopo la nomina di aprile. Da qui ad allora non si può escludere che altri soggetti si facciano avanti. Alla data room della banca per esempio ha recentemente chiesto di essere ammesso il fondo Apollo, mentre fonti finanziarie non confermate mormorano di un tiepido interesse da parte di Blackstone e Lonestar. Chi conosce il modus operandi di questi soggetti rimane però scettico su un loro intervento. (riproduzione riservata)
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