di Marco Capponi
Lo studio legale del futuro è più grande e tecnologico, non ha necessariamente una sede fisica e gli avvocati interagiscono nella loro quotidianità grazie alle soluzioni dell’Ai, l’intelligenza artificiale. Uno scenario messo in luce dalla pandemia di Covid-19, che ha però solo accelerato una tendenza già in atto verso la digitalizzazione della professione. È quanto emerso durante l’evento Milano-New York, la pandemia e le richieste dei clienti, conferenza di apertura della seconda giornata della MF Italian Legal Week 2021 di Class Editori, trasmessa dal canale Class Cnbc. «Quello che è emerso nell’anno appena concluso», ha detto George Psiharis, direttore operativo di Clio, «è che alcuni studi hanno messo a segno un 40% dei ricavi per avvocato in più rispetto ai competitor». Le ragioni sono essenzialmente tre, tutte intrecciate con l’universo della digitalizzazione. «Primo», ha ricordato l’esperto, «il rafforzamento del customer relationship management. Secondo, la creazione di portali di collaborazione col cliente, per un’interazione sicura ed elettronica di comunicazioni e scambio dei documenti. E terzo, la possibilità di effettuare i pagamenti online».
Per i professionisti intervistati da Clio la necessità di una sede fisica appare sempre più marginale: un fattore che potrebbe favorire i piccoli player. Ma la situazione è più complessa: «Vivere senza una sede», ha argomentato Ugo Ruffolo, ordinario di diritto civile all’Università di Bologna e avvocato a Roma, Milano e Bologna, «può funzionare per gli studi più grandi, mentre quelli piccoli rischiano di scomparire». La soluzione è di ampliare le soluzione digitali, puntando sulla formazione di figure intermedie, «i paralegali tecnologici, che diano supporto agli studi con l’uso delle tecnologie più avanzate». Per questo, secondo il docente, si sta verificando una situazione per cui «il nuovo universo rende la dimensione minima di accesso più alta». D’accordo sul punto Ron Friedmann, analista legal & compliance di Gartner, che ha evidenziato: «In un mondo di competizione serrata e costante, l’experience management si fa tramite la tecnologia».
Sempre più spazio dovrà essere dedicato all’adozione delle intelligenze artificiali, che diventeranno un sostegno indispensabile alla professione. «L’avvento dell’Ia», ha continuato Ruffolo, «sta mutando le attività umane, consentendo ai legali di fare un salto in avanti nell’orientarsi in mezzo alla complessità del sistema giuridico». Tuttavia, la normativa al riguardo va valutata con attenzione. «La macchina può fare tutto il lavoro di analisi ma l’umano deve tirare le fila», ha infatti sentenziato l’esperto.
Nel frattempo, la pandemia ha posto altre sfide complesse. Lavorando dall’altra parte dell’Atlantico Giovanni Spinelli, managing director dello studio Pavia & Harcourt, ha notato alcune esigenze da parte dei clienti: «In un primo momento abbiamo dovuto rinegoziare i canoni di affitto, soprattutto nel mondo del retail. Poi ci siamo occupati degli aiuti federali e governativi». Una terza area è stata quella della forza lavoro: «Per molte imprese», ha aggiunto il professionista, «si è presentata la necessità di licenziare o ridurre i salari». Infine, gli studi hanno dovuto far fronte alle restrizioni di negozi e uffici.
Adesso è il momento di ripartire, e di farlo, oltre che con la tecnologia, anche con nuovi paradigmi, che magari aumentino il peso della presenza femminile. In chiusura del panel è intervenuta Lucy Lang, candidata a procuratore distrettuale di Manhattan, che ha proposto una chiave di lettura: «Una leadership delle donne è indispensabile, perché molte vittime sono proprio donne e spesso i crimini restano impuniti». La riforma di Biden della giustizia federale dell’amministrazione sarà importante, ma gran parte dell’ambito penale è demandato alle leggi statali: «Per questo», ha concluso Lang, «la mia candidatura a procuratore dà un messaggio importante». (riproduzione riservata)
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