di Alessio Botta*
Il futuro della finanza si gioca sul terreno dell’innovazione: l’ingresso della tecnologia nel mondo finanziario sta cambiando profondamente i bisogni dei consumatori e il paradigma dominante. La digitalizzazione è un percorso che mostra un profilo simile indipendentemente dal settore nel quale interviene. L’andamento tende a ripetersi: le startup sviluppano nuovi modelli di business e servizi digitali, fino a quando questi divengono modelli prevalenti a cui tutto il mercato è chiamato a ispirarsi o in molti casi ad adattarsi per continuare a essere competitivo.
L’esperienza ci dice che gli effetti dell’innovazione su un particolare settore si leggono in un arco temporale che dura all’incirca dieci anni. Se per la finanza possiamo dire di essere a metà di questo percorso, possiamo invece già osservare come ha reagito un altro comparto, quello musicale, che si è trovato a fronteggiare prima di altri l’ingresso di tecnologie disruptive. All’inizio degli anni 2000 i ricavi del comparto musicale provenivano principalmente dal canale fisico, ovvero dalla vendita di dischi e cd. La trasformazione digitale, se in un primo momento ha sortito un effetto non previsto, dando vita al fenomeno della pirateria, successivamente ha introdotto un nuovo modello di business: lo streaming. Dopo aver subito una contrazione dei ricavi pari al 40%, oggi il mercato globale della musica registra una crescita annua intorno all’8%. In questo nuovo contesto il canale fisico si è ridotto ma non è scomparso, così come non sono scomparsi i player tradizionali, le major della musica, che anzi continuano a rivestire un ruolo rilevante e a crescere. La tecnologia ha mutato il panorama, ha cambiato la composizione del settore ma senza distruggerlo, anzi ha fatto sì che la musica sia diventata più accessibile: vent’anni fa nessuno avrebbe immaginato di poter avere a disposizione così tanta musica sul proprio smartphone. Ed è questo che pensiamo possa accadere anche al settore dei servizi finanziari. Come dicevamo, per l’industria finanziaria ci troviamo a metà del percorso di digitalizzazione. Le fintech sono in continua crescita nel mondo: oggi si contano circa 70 unicorni per un valore complessivo che supera i 240 miliardi di dollari. Si tratta però di una crescita che procede con ritmi e modalità differenti a seconda dell’area geografica. Se guardiamo alla Cina, il settore finanziario sta evolvendo verso vere e proprie superapp, ossia piattaforme complete di servizi, non solo finanziari, e anche gli operatori tradizionali stanno investendo sempre più in questo modello a ecosistema in un’ottica di continua sperimentazione e innovazione. La sfida invece in Europa è duplice: da una parte le fintech hanno bisogno di un sistema di mercato che incentivi la loro crescita internazionale (l’Europa infatti produce oltre il 35% delle startup globali, ma solo il 14% degli unicorni); dall’altra parte, le banche e le assicurazioni hanno la necessità di innovare per assecondare i nuovi bisogni degli utenti e del mercato.
Appare evidente che la chiave di volta sia la collaborazione fra soggetti nuovi e attori tradizionali. In questo modo i primi possono avere accesso agli strumenti per crescere e competere, i secondi invece possono ripensare i propri modelli di business, aprendosi a collaborazioni con fintech e terze parti in ottica di ecosistema beyond finance e investendo concretamente nel digitale e nell’intelligenza artificiale. L’innovazione digitale può rivoluzionare un settore senza distruggerlo, creando nuovi e importanti spazi di crescita. (riproduzione riservata)
*partner di McKinsey
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