di Francesco Bertolino
Se dal punto di vista sanitario nessuno può dirsi al sicuro, è ormai un dato assodato che economicamente il coronavirus ha colpito soprattutto le fasce di reddito più basse. Senza il sostegno pubblico ai lavoratori, stima uno studio realizzato per Banca d’Italia da Francesca Carta e Marta De Philippis, la crisi pandemica avrebbe causato in Italia un aumento dell’indice di Gini senza precedenti per entità e rapidità. Il coefficiente che misura la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza sarebbe salito di quattro punti percentuali alla fine del primo semestre del 2020, con un incremento superiore a quello registrato fra 2009 e 2014 durante la doppia recessione italiana seguita alla crisi finanziaria. Un’impennata dovuta all’impatto iniquo dei lockdown sulla forza-lavoro. Le restrizioni adottate all’apice dell’emergenza sanitaria «hanno ridotto o sospeso l’attività in settori che assorbono il 44% dei lavoratori autonomi e il 33% dei dipendenti (circa il 34% dell’occupazione totale)», si legge nello studio. Spesso si trattava di lavoratori a basso reddito che hanno maggiori probabilità di essere occupati in attività impedite dalla pandemia e minori chance di svolgere le proprie mansioni da remoto. In mancanza di bonus straordinari ai lavoratori autonomi e dell’estensione della cassa integrazione per idipendenti, hanno dunque calcolato Carta e De Philippis, l’indice Gini sulla disuguaglianza del reddito da lavoro sarebbe schizzato a fine 2020 al 41,1%, in netto rialzo rispetto al 34,8% dell’anno precedente. Gli ammortizzatori sociali sono però riusciti ad attutire l’impatto della crisi pandemica, pur non annullandolo. Fra marzo e maggio 2020 in media i lavoratori italiani hanno perso il 10% del loro reddito da lavoro pre-Covid; senza il massiccio intervento del governo il calo sarebbe stato quasi doppio, del 17%. I titolari di contratti a tempo indeterminato, in particolare, hanno perso in media il 5% del loro reddito rispetto allo stesso periodo del 2019, ma senza l’assistenza pubblica avrebbero perso il 9%. Peggio sarebbe andata ai lavoratori autonomi che nello scenario-base avrebbero visto i loro introiti crollare del 24% e che invece hanno limitato il passo del gambero al 5% grazie al bonus una tantum da 600 euro. Meno fortunati i dipendenti a tempo determinato il cui reddito è sceso dell’11%, ma sarebbe stato più che dimezzato in assenza di ammortizzatori sociali (-52%). Nell’insieme, insomma, la rete stesa dal governo è riuscita a mitigare gli effetti della pandemia, evitando l’esplosione di povertà e tensioni sociali. I possibili strascichi a lungo termine sulla diseguaglianza in Italia, conclude tuttavia lo studio, dipenderanno dalla durata «del supporto governativo all’economia e dalla capacità del mercato di riassorbire la forza-lavoro oggi non utilizzata nei settori più colpiti dalla crisi». L’attenzione dovrà insomma spostarsi sulle politiche attive per l’occupazione. La crisi ha infine offerto l’occasione di ripensare il frammentato sistema di protezione sociale italiano per includere anche i lavoratori stagionali e per spingere quelli autonomi a stipulare assicurazioni che diano copertura contro gli shock economici. (riproduzione riservata)
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