di Iacopo Buriani
Torna centrale la concorrenza. Il presidente Draghi, infatti, ha inserito la concorrenza tra i temi principali per avvicinare il recovery plan ai principi dell’ordinamento comunitario e quindi alle aspettative della Commissione europea. Dunque il nuovo premier riporta al centro dell’azione di governo un tema, quello della concorrenza appunto, che nelle precedenti esperienze governative era stato sostanzialmente dimenticato. Il presidente Falcone esprime «piena condivisione all’iniziativa proposta dal premier, anche perché da sempre la Lapet ritiene che la concorrenza tra professionisti, quando fondata sulle competenze e non sulla protezione delle riserve, sia utile a migliorare la qualità dei servizi resi ai clienti». L’oblio sulla concorrenza era calato fin dall’inizio della legislatura, nonostante la legge 99 del 2009 avesse previsto l’adozione di un provvedimento a tutela e stimolo della concorrenza, da approvarsi con cadenza annuale. Invero, finora, l’unica legge annuale per il mercato e la concorrenza, proprio in attuazione di quanto disposto dalla legge 99/2009, è stata approvata nel 2017 ed ha richiesto un iter di quasi tre anni. Quella legge ha introdotto significative novità in tema di assicurazioni, professioni, energia, comunicazioni, ambiente, trasporti, turismo, poste, banche e farmacie, introdotte con l’obiettivo di stimolare la crescita e la produttività e di consentire ai consumatori di sopportare costi minori per procurarsi beni e servizi. Tuttavia il tema è fortemente divisivo, perché ogni componente delle maggioranze che hanno sostenuto i diversi governi succedutisi nel tempo, rispondono alle istanze delle lobby e dei gruppi di pressione del rispettivo elettorato, che insistono per non cedere le riserve e le posizioni di privilegio garantite dalle norme che restringono l’accesso al mercato. Peraltro la stessa Commissione Ue nel report paese 2019 dedicato all’Italia aveva lamentato l’adozione da parte del governo all’epoca in carica di provvedimenti che limitavano la concorrenza, invece di norme tese a rimuovere le restrizioni. Nello stesso report la Commissione accertava la presenza di importanti ostacoli alla concorrenza nel settore del commercio al dettaglio e dei servizi alle imprese, inclusi i servizi professionali, per effetto della regolamentazione eccessiva che ancora grava su detti settori. L’Agcm, da parte sua, ha ampliato i settori afflitti da restrizioni alla concorrenza, includendovi anche le concessioni, i servizi pubblici locali ed i servizi bancari ed assicurativi, nonostante questi ultimi siano già stati oggetto dell’intervento della legge del 2017 sopra indicata. Le restrizioni ai servizi, soprattutto a quelli professionali, denunciate dalla Commissione Ue, sono tanto più gravi perché i servizi rappresentano una parte sempre più importante dell’economia italiana, pertanto il livello di concorrenza in questo settore ha un legame diretto con la produttività dell’intera economia nazionale. L’inversione di tendenza rispetto ai governi precedenti è attesa già in primavera: entro il 31 marzo, infatti, parlamento e governo riceveranno la relazione annuale dell’Autorità garante, dove verranno segnalati i settori soggetti a restrizioni eccessive, ed il ddl dell’esecutivo dovrà essere presentato nei successivi 60 giorni. È palese l’affinità tra il ddl concorrenza ed il test di proporzionalità adottato con il dlgs 142/2020, tramite il quale è stata trasposta nell’ordinamento italiano la direttiva n. 2018/958. Il ddl è l’occasione per dare concreta attuazione al test di proporzionalità, il quale intende garantire il corretto funzionamento del mercato dei servizi professionali tramite l’applicazione di due parametri: da un lato vengono introdotte delle cause di giustificazione delle riserve che diventano tassative, mentre, dall’altro lato, viene individuato nel principio di proporzionalità il limite massimo dei provvedimenti restrittivi. D’altra parte, come dispone il decreto, sarà necessario verificare se le attuali riserve possono ancora trovare giustificazione alla luce del test di proporzionalità. «Grazie all’approvazione del decreto non ci saranno più alibi per le riserve professionali, le quali dovranno tutte, siano nuove o vecchie, sottostare all’applicazione del test di proporzionalità», rimarca il presidente Falcone. Il ddl concorrenza è l’occasione per il legislatore di misurare la resistenza delle attuali riserve ai parametri del test di proporzionalità, e di procedere a rimuovere tutte quelle che non superano detto test. Il presidente Falcone auspica che «la visione europeista del presidente Draghi, peraltro la stessa visione della Lapet da tempi non sospetti, sia di stimolo al legislatore per mettere mano alle riserve». Il riferimento è, innanzitutto, alla rimozione delle riserve relative all’apposizione del visto di conformità ed al patrocinio avanti alle Commissioni Tributarie, che dovrebbero poter essere esercitate anche dai tributaristi qualificati e certificati. Questi ultimi, infatti, offrono una competenza non inferiore a quella dei professionisti iscritti in ordini, e sono soggetti ad analoghi obblighi formativi e di aggiornamento, al rispetto delle norme deontologiche ed all’obbligo dell’assicurazione professionale, nonché al rispetto delle norme dell’associazione a cui appartengono ai sensi della legge 4/2013. Peraltro entrambe le restrizioni obbligano i clienti a duplicare la richiesta di servizi relativi a dette prestazioni, e ciò comporta, quindi, un aumento ingiustificato dei prezzi delle prestazioni professionali, in palese contrasto con lo spirito ed i principi che informano il test di proporzionalità ma anche la legge sulla concorrenza e sul mercato.
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