In poco più di un anno la banca ha speso 1,5 miliardi per crescere nel ramo Danni con Rbm e Cargeas e prendere tutte le fabbriche prodotto di Ubi. Costi e ricavi delle 4 operazioni concluse
di di Anna Messia
Poco meno di 1,5 miliardi euro investiti in poco più di un anno. È la potenza di fuoco messa in campo da Intesa Sanpaolo per far crescere velocemente le attività assicurative della banca con una raffica di operazioni che si sono susseguite da dicembre 2019 ai giorni scorsi. Quattro per la precisione, una dopo l’altra. La prima occasione di crescita si è presentata a dicembre di due anni fa, quando la banca ha annunciato l’intenzione di rilevare il 50% più un’azione di Rbm Assicurazione, il terzo operatore in Italia nel mercato assicurativo salute, con un investimento di 500 milioni, dopo che il fondatore della società, Roberto Favaretto, si era deciso ad un passo indietro. Una mossa per accelerare la crescita nel comparto danni non auto della banca visto che, tra i pilastri portanti del piano industriale 2019-2021 presentato al mercato dal ceo Carlo Messina, c’erano proprio le polizze. Non tanto quelle Vita, in cui la banca, con il polo assicurativo guidato da Nicola Maria Fioravanti, già da anni gode di una posizione di leadership in Italia (con premi per oltre 17 miliardi), quanto piuttosto nel danni, in particolare non auto, con l’ambizione di raggiungere il primato anche in questo settore, e l’obiettivo di arrivare a 2,5 miliardi di premi entro il 2021.
L’Italia, storicamente, ha molta strada da recuperare rispetto agli altri Paesi europei nella diffusione di polizze assicurative per la protezione, proprio mentre il ramo vita, alle prese con tassi d’interesse rasoterra, fatica a tenere alta la profittabilità. Le polizze danni allo sportello sembra essere quindi il business del futuro e basta guardare i numeri della banca per capire le potenzialità di sviluppo di Intesa: il gruppo creditizio ha 15 milioni di clienti (compresi quelli arrivati da Ubi) e se la quota di clientela assicurativa danni aggiungesse il 18-20% l’istituto balzerebbe in un sol colpo ai vertici del mercato in Italia. Nel frattempo, però, è arrivata la pandemia, che ha scombussolato i piani con le filiali bancarie deserte per il lockdown e i timori di contagio. Ma la crescita nelle polizze nel gruppo è proseguita lo stesso. Se si guarda all’apporto delle diverse aree di business alla banca in termini di risultato netto si scopre che il comparto insurance lo scorso anno si è piazzato al terzo posto con 686 milioni, subito dopo Imi e l’investment banking (1.875 milioni) e il private banking (873 milioni). Non solo. Come sottolineato dal ceo Carlo Messina, in occasione della presentazione del bilancio l’istituto, proprio nel 2020 ha ottenuto il migliore risultato di sempre nel settore assicurativo, con i ricavi dal ramo danni non motor a 370 milioni, in crescita del 55% rispetto al 2019 e pari a 468 milioni se si includono anche i prodotti credit-linked. La spinta è stata insomma incessante e una mano è arrivata indubbiamente anche da Rbm Salute, che ha apportato premi per oltre 600 milioni (ovviamente pro quota) dando il via a sinergie operative tra i due gruppi.
Poi nei giorni scorsi si è presentata una nuova occasione di crescita nel danni, conseguenza diretta dell’integrazione di Ubi nel gruppo Intesa Sanpaolo, e la banca, ovviamente, non se l’è fatta scappare: l’istituto ha deciso di muovere su Cargeas Assicurazioni, la compagnia danni controllata al 100% da Bnp Paribas Cardif che distribuisce le sue polizze nelle filiali di Ubi. In questo caso l’apporto di premi è di circa 226 milioni che rappresentano un’evidente accelerazione e la ratio che ha portato all’operazione conferma la strategia della banca, che prevede l’integrazione tra fabbrica prodotto e distribuzione, con Intesa Sanpaolo che controlla al 100% tutte le assicurazioni di cui distribuisce i prodotti. Lo stesso motivo che, a novembre scorso anno, ha convinto la banca a rilevare l’80% delle joint venture Aviva Vita che la compagnia inglese aveva con Ubi per circa 400 milioni e solo un mese dopo a pagare a Cattolica altri 290-300 milioni (da definire con l’Ifrs 2020) per prendersi il 100% di Lombarda Vita, compagnia che insisteva sempre sulle filiali di Ubi. Ora l’assetto di Intesa per competere nel settore assicurativo è quindi completo con un’opzione a salire ancora anche in Rbm per salire, come da copione, fino al 100%, a far data dal 2026 fino al 2029. (riproduzione riservata)
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