di Giulia Provino
La clausola sugli eventi catastrofali cambia faccia e da clausola di stile diventa un elemento da valutare attentamente. È uno dei dati più importanti emersi durante il webinar «Sanità e professione legale – Il rischio pandemico nei contratti, nei rapporti tra paziente e medico, nelle assicurazioni. Come si sta orientando il legale?», svoltosi ieri nell’ambito della MF Italian Legal Week 2021 organizzata da Class Editori.
L’emergenza sanitaria da Covid-19 in corso, sta causando conseguenze significative sulle vite di tutti noi e sul personale medico. Ma non solo. Anche sul piano contrattuale si sono aperte le strade a nuove considerazioni. Ad esempio proprio sulla clausola contrattuale per eventi catastrofali, «da clausola di stile oggi, la clausola per eventi catastrofali è diventato elemento che le parti devono valutare attentamente», ha sottolineato Giovanni Facci, professore associato dell’Università degli Studi di Bologna, intervenuto al webinar.
Il legislatore del 1942 nel contratto di assicurazione aveva previsto come eventi catastrofali la guerra, il terremoto, le insurrezione ed eventi tumultuosi. Inoltre, la clausola si applicava solo all’assicurazione sui danni. Oggi, invece, il diritto vigente dovrà verificare le circostanze nuove e rispondere se l’articolo 1912 del codice civile si possa applicare anche sull’assicurazione sulla vita o a quella contro gli infortuni. Tra le stesse imprese, nello stilare polizze assicurative, «qualcuna è stata previdente ed oggi è riuscita a raccogliere i frutti», ha rimarcato Lorenzo Locatelli, direttore della Scuola forense di Padova. Con questa pandemia, si «cambierà il modo di assicurarsi», per Locatelli. Ad oggi, infatti, le polizze in circolazione prevedono il caso di interruzione degli affari. Tuttavia le polizze più interessate, in generale, sono quelle che prevedono indennizzo per l’interruzione delle attività collegata all’evento specifico che colpisce la struttura o il bene prodotto e costringe alla chiusura dell’impresa o dell’attività economica.
Per quanto riguarda invece la responsabilità dei medici, «oggi la pandemia ha cambiato i termini del discorso. Il dato forte che è emerso è che la figura in primo piano non è quella del medico, ma della struttura sanitaria», ha affermato Massimo Franzoni, professore dell’Università degli Studi di Bologna. Mentre, in linea generale la responsabilità professionale dei sanitari gira intorno alla logica della cosiddetta «malpractice» (abuso o illecito o negligenza o imperizia in ambito sanitario), in questa pandemia sono state le stesse strutture sanitarie che hanno collassato di fronte alla forte affluenza dei pazienti.
Alcune scelte nell’organizzare le strutture a livello regionale, hanno infatti dato risposte non sempre soddisfacenti come è emerso dalla cronache anche recenti. «È lecito presumere che le contestazioni riguarderanno non l’imperizia tecnica del singolo sanitario, ma le asserite carenze organizzative delle strutturali o organizzative delle strutture sanitarie», ha fatto eco Facci, «si vedrà se le controversie saranno decise secondo gli orientamenti precedenti o si terrà in considerazione l’eccezionalità data dalla pandemia».
Altro tema di cui si è discusso riguarda lo stato della telemedicina. Sono molte le patologie che potrebbero beneficiare della telematica e della teleassistenza. Tuttavia, «l’Italia a livello normativo non è adeguata. Non è un problema tecnologico», come ha osservato Francesco Fimmanò, professore ordinario dell’Università degli studi delle Camere di commercio Universitas Mercatorum di Roma. Il vero problema non riguarda la qualità medica o quella tecnologica, ma la sfera giuridica. Occorre, infatti, definire i nuovi criteri previsti per adeguare correttamente il servizio offerto.
Ma ancor prima di ciò, serve anche investire sull’educazione digitale, in quanto, «l’impiego di tutta la strumentazione implica un acculturazione che non esiste», ha sottolineato Franzoni. Infine, sull’ipotesi di una disciplina ad hoc per la responsabilità civile dei medici, il processo in Italia si è fermato. «Da qui ai prossimi 4/5 anni si riparlerà di modificare la disciplina attuale», ha concluso lo stesso Franzoni. (riproduzione riservata)
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