Alla stessa attività, con gli stessi rischi, dovrebbero corrispondere le stesse regole. Un assunto che pare ovvio ma che si scontra con la realtà dello strapotere delle Big Tech rispetto alle imprese tradizionali e che mette inevitabilmente a rischio anche il settore assicurativo. Solo qualche giorno fa la presidente delle Commissione europea, Ursula von der Leyen, rispondendo alla lettera inviata al ceo di Axel Springer Mathias Dopfener (anticipata da MF-Milano Finanza), aveva affermato che se gli Stati Uniti non combatteranno con l’Europa la battaglia per arginare lo strapotere degli over the top l’Unione Europea sarà costretta a muoversi da sola perché in ballo c’è la tenuta degli assetti democratici e il benessere di milioni di persone. Colossi come Amazon o Google non solo fatturano come un grande Paese ma i loro modelli industriali si poggiano sull’utilizzo dei dati personali degli utenti e sulla trasformazione delle piattaforme in un vero e proprio mercato, scavalcando ogni possibile argine antitrust. Un limite alla superpotenza degli over the top è quindi sempre più improrogabile, anche nei settori finanziari da quello bancario a quello assicurativo appunto. Sotto il profilo bancario l’innovazione tecnologica e l’ingresso di nuovi soggetti che offrono servizi bancari al di fuori del quadro di regole e di supervisione applicabile alle banche, rende urgente una scrupolosa applicazione del principio «stessa attività, stessi rischi, stesse regole», ha sottolineato il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, sulle pagine di MF-Milano Finanza ricordando che il principio non sempre viene oggi rispettato. È il caso per esempio della nuova direttiva europea sui servizi di pagamento, Psd2, in base alle quali le banche devono permettere l’accesso a quei dati agli operatori che offrono servizi connessi ai pagamenti e ne devono anche sostenere il costo per consentire l’accesso. Ma non vige affatto il principio opposto. Ovvero le banche non possono accedere ai dati archiviati da questi operatori non bancari, anche se il cliente è d’accordo.
Anche tra le assicurazioni regolamentare questi nuovi soggetti non è affatto facile, come sottolineato da Pietro Franchini, coordinatore della cabina di regia Insurtech di Ivass durante l’evento organizzato nei giorni scorsi da Itinerari Previdenziali. «La tecnologia può essere indubbiamente utile per avvicinare alle assicurazioni clienti finora rimasti fuori dal mercato», ha sottolineato aggiungendo però che c’è un problema «di frammentazione della catena del valore con l’arrivo di nuovi soggetti tecnologici di dimensioni rilevanti, le Big Tech, che si affiancano ad operatori assicurativi tradizionali con un impatto sulla regolamentazione ancora da valutare nei vari ambiti, dall’assistenza per il post vendita alla gestione dei sinistri». Bisogna inevitabilmente impostare forme di vigilanza su questi nuovi operatori perché da «un approccio che valuta e regolamenta il soggetto che offre il servizio bisogna focalizzare l’attenzione sull’attività», conclude Franchini. (riproduzione riservata)
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