di Luca Gualtieri
Intesa Sanpaolo è a tutti gli effetti una wealth management company, in cui gestioni patrimoniali e assicurazioni rappresentano quasi la metà del risultato lordo. In termini strategici è questo il dato più significativo del bilancio che ieri il ceo Carlo Messina ha presentato ai mercati. Un bilancio apprezzato dagli analisti (che hanno rivisto al rialzo le aspettative) e dal mercato, come del resto dimostra il rialzo del titolo Intesa a Piazza Affari (+ 2,9% a 2,35 euro). Le sorprese sono arrivate soprattutto dai proventi operativi, che malgrado i tassi sottozero e la debolezza del quadro economico nel 2019 hanno superato i 18 miliardi (+1,5%) grazie al contributo di tutte le principali voci di ricavo. In particolare, nell’ultimo trimestre è stato particolarmente positivo l’andamento delle commissioni, cresciute del 10,2% a 2,16 miliardi grazie alle attività di gestione, intermediazione e consulenza. Un dato su cui Messina si è soffermato nell’ambito della presentazione: «Nel quarto trimestre abbiamo registrato una crescita dei proventi operativi netti grazie a interessi netti, attività assicurativa e commissioni, queste ultime al massimo storico», ha spiegato il banchiere. Il quale ha anche sottolineato le iniziative intraprese sul mercato cinese: «Nel 2019 abbiamo rafforzato la nostra presenza in Cina lanciando la Yi Tsai, la Fideuram cinese. Abbiamo definito la struttura azionaria della joint venture tra Intesa Sanpaolo (51%) e partner locali».
Proseguendo nel conto economico, i costi operativi sono scesi del 2,1% a 9,3 miliardi rispetto ai 9,5 miliardi del 2018, determinando una contrazione del cost/income dal 53,3% al 51,4%. L’utile è salito a 4,18 miliardi, il più alto dal 2007 e in crescita del 3,3% rispetto al 2018. Una performance che ha permesso al cda di proporre dividendi cash per 3,36 miliardi (19,2 centesimi di euro per azione, per un payout ratio dell’80%) e di aprire all’ipotesi di una cedola intermedia per i prossimi anni: «Sull’ipotesi di un dividendo intermedio serve un cambio del nostro statuto, ma sono positivo rispetto a questa voce. Aspettiamo solo la chiusura dei conti per il 2019 e poi inizieremo il processo formale», ha puntualizzato Messina. Il ceo ha ricordato anche il lavoro svolto sui crediti deteriorati che si sono contratti di 6 miliardi nel 2019 e di circa 34 miliardi dal 2015. «In questo modo», ha precisato Messina, è stato «già conseguito l’83% dell’obiettivo di riduzione dei crediti deteriorati 2018-2021, senza costi per gli azionisti». Sul fronte patrimoniale infine il Cet 1 ratio pro-forma si è attestato al 14,1%.
Nel corso della presentazione Messina si è soffermato anche sulla situazione italiana, mostrandosi piuttosto ottimista. «C’è un tasso di disoccupazione sotto il 10% per la prima volta dal 2012 e dal novembre scorso la percentuale di persone con un posto di lavoro è sui livelli più elevati dal 1977, anche grazie alla forte crescita della componente femminile», ha osservato il banchiere. «Il Paese ha fondamentali solidi e le aziende hanno maggiore redditività e sono meglio capitalizzate rispetto a prima della crisi, ben posizionate per beneficiare della possibile ripresa». (riproduzione riservata)
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