L’Italia è un Paese che invecchia e la dinamica demografica è una delle più sfide più importanti, insieme a quella ambientale, che ci attendono negli anni a venire.
Secondo i dati contenuti in uno studio di Confindustria, negli ultimi decenni la popolazione mondiale è cresciuta rapidamente, è divenuta più longeva ed è aumentata la disuguaglianza tra le diverse fasce di età. Nel 2018 la popolazione mondale ha raggiunto i 7,6 miliardi di persone. L’80% degli over 65 vive nelle 20 economie maggiormente sviluppate che producono l’85% del PIL mondiale. Entro il 2030 ci saranno circa 8,5 miliardi di persone e l’età mediana raggiungerà i 33 anni, dai 30 anni del 2018 (24 anni nel 1950, stime Banca mondiale). Il numero degli over 65 da 674 milioni nel 2018 raggiungerà nel 2030 il miliardo, vale a dire oltre 1 over 65 ogni 10 abitanti.
L’Italia si caratterizza per avere una popolazione mediamente molto longeva (81 anni gli uomini e 85 le donne) e con una quota di over 65 tra le più alte al mondo: nel 2018 erano 13,6 milioni (22,8% del totale), in aumento dell’11% dal 2012. Sono previsti crescere ininterrottamente fino al 2047, quando saranno quasi 20 milioni (34%).
Nel 2018 l’indice di vecchiaia ha raggiunto il suo massimo storico di 173,1: ogni 100 giovani ci sono dunque 173 anziani; erano 130 nel 2000 e 58 nel 1980. L’indice di dipendenza degli anziani ha raggiunto il 35,7%, ciò significa che in Italia ogni 3 persone attive, 1 è over 65. Si tratta del valore più elevato in Europa (31%) e il secondo al mondo dopo il Giappone (46%).
Tradizionalmente il perimetro della cosiddetta Silver Economy è identificato dalla quota di spesa pubblica per il capitolo “vecchiaia” (che vale circa il 27% del totale). Ma non si tiene conto della spesa privata per domanda di servizi domestici di assistenza e cura che è a carico delle famiglie e che da occupazione a circa 1,6 milioni di persone (nella veste di badanti e personale domestico). In realtà gli ambiti che compongono l’economia della terza età sono più numerosi e rappresentano una fonte importante di domanda potenziale e quindi un’opportunità per il sistema economico.
Confindustria stima in 200 miliardi di euro la spesa degli over 65 del nostro Paese, pari a circa un quinto dell’intero ammontare dei consumi delle famiglie italiane e si prevede che nel 2030 la quota varrà circa il 25% del totale e nel 2050 il 30%.
In particolare, gli over 65 si caratterizzano per: un consumo pro-capite medio annuo più elevato, 15,7mila euro (contro i 12,5 per gli under 35); un reddito medio più alto, 20mila euro (a fronte di 16mila degli under 35); una maggiore ricchezza reale pro-capite, 232mila euro (vs 110mila); una solidità finanziaria superiore, con 1 anziano su 10 indebitato (a fronte di quasi 1 su 3 tra gli under 40); un’incidenza della povertà inferiore della metà rispetto agli under 35 (13% vs 30%); una resilienza al ciclo economico in quanto il reddito medio annuo degli over 65, tra le diverse fasce d’età, è l’unico ad avere superato i livelli pre-crisi.
Gli anziani in salute rappresentano un segmento di consumatori appetibile per le imprese. Diverse aziende stanno ritarando i propri prodotti, beni o servizi, a misura di anziano. Il punto cruciale, dunque, non è tanto invecchiare, ma invecchiare “bene”. In Italia, da questo punto di vista la situazione è favorevole: l’indicatore “speranza di vita a 65 anni” è di 21 anni, mentre secondo quello “senza limitazioni nelle attività”, un sessantacinquenne avrebbe mediamente ancora una aspettativa di 9,9 anni di vita in salute.