di Luca Gualtieri
Il nuovo patto di Ubi Banca si allarga a pochi giorni dalla presentazione dell’offerta pubblica di scambio di Intesa Sanpaolo. Come anticipato da MF-Milano Finanza, l’ampliamento del Comitato Azionisti di Riferimento (Car) era nell’aria da qualche giorno e ieri sera è stato ufficialmente annunciato con l’ingresso di Cattolica. Dopo acquisti effettuati sul mercato la compagnia presieduta da Paolo Bedoni ha infatti conferito al sindacato l’1,01% detenuto nel capitale di Ubi, portando il Car al 18,7%. Un asse certamente non inedito se si pensa alla storica vicinanza tra la finanza bianca bresciana e quella veronese, un legame in passato incarnato dalla figura di Giuseppe Camadini e transitato attraverso istituzioni come la Fondazione Tovini, l’Istituto Paolo VI e l’Istituto Toniolo. Sempre ieri un altro socio di riferimento del Car è intervenuto pubblicamente sull’ops. Si tratta della Fondazione Banca del Monte di Lombardia, azionista di Ubi Banca col 3,9% del capitale: dopo un primo esame dell’offerta il cda dell’ente «auspica che Intesa Sanpaolo possa riconsiderare la propria iniziativa anche nell’ottica degli interessi sociali coinvolti», spiega una nota. Una richiesta giustificata dal fatto che, secondo la fondazione, un’integrazione «può provocare gravissimi effetti socio-economici all’area di Milano-Pavia, sia sul piano della concentrazione bancaria che, come noto, non favorisce il tessuto socio-economico», sia su quello «della tutela dei tanti dipendenti e delle loro famiglie». Da qui l’auspicio che Ca’ de Sass «possa riconsiderare la propria iniziativa» coerentemente «alla storia della prima banca italiana» che ha tra i suoi «principali azionisti», delle fondazioni attente «agli interessi generali e alla sostenibilità». Si compatta insomma il fronte del no di fronte all’offerta di Intesa. Giovedì 20 infatti il Car ha liquidato l’ops come «ostile, non concordata, non coerente con i valori impliciti di Ubi Banca e dunque inaccettabile». Giudizio su cui sembra allineato anche il patto dei Mille, la formazione bergamasca che attualmente blinda l’1,6% della banca. Lunedì infatti il sindacato a cui appartiene tra le altre la famiglia Zanetti «ha valutato negativamente» l’ops, ritenendo che «sottovaluti significativamente il valore intrinseco del titolo Ubi e non consideri adeguatamente le sue prospettive reddituali». Resta da capire se anche il terzo patto di sindacato, il bresciano Sindacato azionisti Ubi Banca, si esprimerà contro l’ops.
Se insomma le resistenze dei soci restano forti, va detto che il mercato continua a manifestare apprezzamento per la mossa di Intesa e per il progetto industriale messo sul tavolo. In un report pubblicato ieri per esempio Exane ha ricordato che «gli azionisti di Ubi ricevono un premio di acquisizione e il doppio dei dividendi prospettici. Il rapporto di swap dell’1,7 implica un premio del 24% sul prezzo di chiusura di Ubi dello scorso del 17 febbraio». Inoltre, «gli azionisti di Ubi raddoppieranno i dividendi cumulati nel 2020-2023 e acquisiranno un’esposizione verso una banca con una maggiore redditività strutturale».
Intanto Ubi ha scelto Fabrick, società nata per promuovere nuovi modelli bancari in ottica di open banking, «per avviare un percorso di sviluppo nel segno dell’innovazione e della condivisione dei dati». (riproduzione riservata)
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