Spazio al welfare complementare. Con una spesa di quasi 70 miliardi nel 2017 (+12% rispetto ai 62 miliardi dell’anno prima) gli italiani dimostrano di credere sempre più nel secondo e terzo pilastro. La voce più consistente di spesa è quella destinata a fondi sanitari, mutue, compagnie di assicurazione o altro: 35,9 miliardi di euro. Seguono la contribuzione alla previdenza complementare pari a 14,8 miliardi e Ltc, intesa come semplice costo per «collaboratori domestici», pari a 10,7 miliardi di euro. Per completare il quadro del welfare complementare, dal 2017 Itinerari previdenziali ha iniziato il monitoraggio dell’andamento del «welfare aziendale» su base contrattuale: una nuova e importante componente della spesa complementare che, a partire dall’anno 2016, grazie a un cambio repentino di approccio alla materia, è stato fortemente incentivato con le leggi di Bilancio per gli anni 2016/17.
Il dato della contribuzione riferibile al welfare aziendale (voce composta, tra l’altro, da spesa per pacco spesa, istruzione, assistenza ai familiari anziani, trasposto e attività ricreative), depurato da quello della previdenza complementare e della sanità integrativa e abbattuto del valore dei c.d. buoni pasto (3 miliardi di euro circa), ammonta per il 2017 a circa 2,5 miliardi di euro. In questo settore gli operatori attivi sono circa 90, di cui circa 30 proprietari di piattaforme dedicate per la gestione dei rapporti di convenzione. I settori che registrano un maggiore sviluppo welfare aziendale sono quelli bancario, chimico-farmaceutico, servizi e industria e il valore medio del piano di welfare è pari a 900/1.000 euro.
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