di Mauro Romano
Sono 9,7 milioni gli italiani assicurati con compagnie britanniche. «Insomma, non è una quota di mercato marginale», Anche perché le compagnie del Regno Unito in Italia sono 53, di cui 47 nel settore danni, e raccolgono annualmente premi per circa 1,7 miliardi, spiega Stefano De Polis, segretario generale dell’Ivass, nella nuova newsletter mensile dell’Autorità di vigilanza. In caso di uscita senza accordo, ha proseguito l’alto dirigente, «queste imprese saranno considerate a tutti gli effetti come imprese che non appartengono all’Unione europea e di conseguenza non potranno svolgere l’attività assicurativa nel nostro Paese senza prima avervi costituito una sede stabile e avere ottenuto la relativa autorizzazione.
Già lo scorso giugno l’Ivass aveva chiesto alle imprese britanniche di informare gli assicurati e i beneficiari di polizze sui piani adottati per garantire la continuità di servizio. Nelle scorse settimane il governo ha anche predisposto un piano per far fronte all’eventualità di una hard Brexit e disciplinare con apposita regolamentazione il periodo transitorio durante il quale le società britanniche potranno continuare a operare, «sia pure in modo differenziato, sul mercato italiano. «Proprio ieri (martedì 19 febbraio, ndr), ha concluso De Polis, è stata pubblicata la raccomandazione Eiopa per individuare un approccio condiviso a livello europeo per il trattamento del business cross-border delle imprese e degli intermediari nel caso di recesso senza accordo». (riproduzione riservata)
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