Pagine a cura di Daniele Cirioli
Andare in pensione a 57 anni? Con la Rita si può. Non è un vero e proprio pensionamento, ma una «rendita integrativa anticipata»: l’erogazione anzitempo, cioè, di quanto un lavoratore ha versato e accumulato presso un fondo pensione. Condizione basilare è la perdita di un posto di lavoro; in tali casi, la Rita può essere richiesta fino a 5 anni prima della maturazione dell’età per la pensione di vecchiaia (66 e 7 mesi nel 2018) e addirittura fino a 10 anni prima (dunque a 57 anni circa) qualora si è disoccupati da oltre 24 mesi. È la Covip (circolare n. 888/2018) a dettare le istruzioni operative della misura introdotta l’anno scorso dalla legge Bilancio 2017 in via sperimentale (doveva terminare il prossimo 31 dicembre) e resa strutturale (non ha più scadenza) dalla legge Bilancio 2018.
La Rita. Introdotta dalla legge di Bilancio 2017 nell’ambito delle misure di prepensionamento, la Rita dà la possibilità di avere una «rendita temporanea» dal proprio fondo pensione ai lavoratori (ovviamente iscritti alla previdenza integrativa). La misura faceva il paio con l’Ape sociale, tanto che doveva trovare applicazione in via sperimentale per uno stesso periodo temporale (cioè dal 1° maggio 2017 fino al 31 dicembre 2018) e con gli stessi requisiti. Successivamente, però, è intervenuta la legge Bilancio 2018 che l’ha resa strutturale, senza più una scadenza temporale.
Beneficiari. La rendita integrativa temporanea anticipata (è il significato di Rita) si rivolge ai lavoratori iscritti alla previdenza integrativa e, precisamente, sottolinea la Covip, a quelli iscritti alle forme pensionistiche complementari (cioè fondi pensioni) in regime di contribuzione definita (si sa quanto si paga di contributi, ma non si sa precisamente quanto sarà la prestazione). Ne sono esclusi, pertanto, i lavoratori iscritti a fondi pensione in regime di prestazione definitiva (si sa quale sarà la prestazione, mentre non è fissa la contribuzione).
Solo «lavoratori». Secondo la Covip, inoltre, considerato che la disciplina normativa (e precisamente il comma 4 e il comma 4-bis dell’art. 11 del dlgs n. 252/2005) prevede che la Rita spetti ai «lavoratori» che abbiano cessato l’attività lavorativa o che siano rimasti inoccupati (oltre che in possesso di altri requisiti), la prestazione può essere riconosciuta solo agli iscritti a fondi pensioni che siano titolari di reddito di lavoro.
I requisiti a due vie. Finalità della Rita è offrire ai lavoratori un sostegno finanziario, in attesa della maturazione dei requisiti per la pensione pubblica obbligatoria (quella dell’Inps o altro ente previdenziale obbligatorio). Ci sono due vie alternative (o l’una o l’altra), con specifici requisiti, per ottenere la Rita e sono indicate in tabella.
I requisiti sono da possedere al momento della presentazione della domanda per ottenere la Rita.
Basta un’autocertificazione. Diversamente dalla disciplina previgente (e rimasta in vigore fino al 31 dicembre 2017), ora la sussistenza dei requisiti non è più vincolata al rilascio di un’apposita attestazione dall’Inps (era la c.d. «certificazione del diritto alla Rita»). In particolare, per provare il possesso del requisito contributivo minimo di 20 anni nei regimi obbligatori, potrà farsi ricorso all’estratto conto integrato (Eci) rilasciato dal casellario dei lavoratori attivi, accessibile online dal sito dell’Inps oppure gli estratti conto rilasciati dagli enti previdenziali di appartenenza dei lavoratori richiedenti.
La Covip lascia ferma la possibilità, ai sensi del dpr n. 445/2000, di far ricorso anche all’acquisizione di dichiarazioni sostitutive da parte dei lavoratori (cioè di autocertificazioni sottoscritte dal lavoratore richiedente); ciò, a patto che sia espressamente consentito dal fondo pensione.
In questi casi, tuttavia, la Covip invita i fondi pensioni a fare opportune verifiche, anche a campione, delle dichiarazioni sostitutive presentate tenuto conto dell’importanza del requisito contributivo. Per organizzare al meglio i controlli, la Covip invita ad acquisire, contestualmente alla presentazione della dichiarazione sostitutiva, l’impegno scritto da parte del dichiarante a produrre, in caso di richiesta da parte del fondo pensione, la documentazione necessaria a comprovare le dichiarazioni rese in autocertificazione.
Il riferimento è alla «pensione di vecchiaia». Come detto, tra i requisiti di accesso alla Rita c’è la prossimità (rispettivamente di 5 o 10 anni) alla maturazione dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia, quale prevista al momento della presentazione dell’istanza sulla base delle disposizioni di legge tempo per tempo vigenti.
Sul punto la Covip precisa che i requisiti per la Rita maturano solamente con riferimento alla predetta tipologia di trattamento pensionistico (cioè «pensione di vecchiaia»), escludendo la possibilità che possa prendersi in considerazione la prossimità ad altre pensione o a eventuali pensionamenti anticipati.
Praticamente, dunque, nel 2018 il requisito di prossimità (entro 5 anni ovvero entro 10 anni dalla cessazione dell’attività lavorativa) va riferito alla maturazione dell’età di 66 anni e 7 mesi fissata per la pensione di vecchiaia; nel 2019, lo stesso requisito andrà riferito alla maturazione dell’età di 67 anni, quale sarà l’età per la pensione di vecchiaia, a seguito dell’incremento della «speranza di vita» (+ cinque mesi).
© Riproduzione riservata
Fonte: