di Luca Gualtieri
Anche se il cuore e la testa resteranno in Italia, il futuro di Intesa Sanpaolo si giocherà in Europa. È questo il messaggio che ieri l’amministratore delegato Carlo Messina ha lanciato al mercato nel giorno della presentazione del piano d’impresa 2018-2021. Sebbene l’appuntamento sia venuto a coincidere con la correzione delle borse, la performance del titolo dimostra che gli investitori credono nella sfida: le azioni Intesa hanno infatti chiuso in rialzo dello 0,66% a 3,1 euro, superando per capitalizzazione Enel ed Eni (52,2 miliardi).
I due pilastri del nuovo piano sono la redditività e il derisking. Guardando al conto economico la Ca’ de Sass vuole raggiungere un utile netto di 6 miliardi nel 2021, con un tasso di crescita medio annuo del 12,1% rispetto ai 3,8 miliardi (al netto del contributo per le Venete) del 2017. I costi operativi sono invece previsti in calo dello 0,9% annuo a 9,5 miliardi, determinando un cost/income in miglioramento dal 55,1% del 2017 al 45,4%. La spinta sulla redditività determinerà inoltre un aumento dei ratio, con un rote al 14,6% e un roe al 12,4%. In termini industriali questi risultati saranno raggiunti soprattutto sfruttando i ricavi da commissione, che già da tempo danno un contributo significativo ai bilanci di Intesa . In particolare la banca indica nel wealth management un possibile fronte di espansione e sui mercati circola l’ipotesi di un’alleanza con un operatore internazionale (forse BlackRock) nel corso del 2018. Quanto al private banking, l’obiettivo è diventare una delle prime cinque player in Europa e il secondo nell’Eurozona per masse gestite, con un flusso di raccolta netta gestita di 55 miliardi. Numeri in crescita anche nel risparmio gestito, visto che le masse di Eurizon dovrebbe salire a circa 400 miliardi. Nel comparto assicurativo, infine, Intesa intende cogliere opportunità nel ramo danni, dove verrà rafforzata la capacità distributiva con un target di premi lordi a circa 2,5 miliardi. Restando nel conto economico, grande attenzione andrà ai costi con l’uscita volontaria di nove mila dipendenti (a fronte di 1.650 assunzioni) e la riduzione di 1.100 filiali.
L’altro pilastro del piano sarà il derisking. Intesa vuole infatti dimezzare i crediti deteriorati, passando dai 52,1 miliardi lordi di fine 2017 a 26,4 miliardi, mentre l’incidenza sugli impieghi complessivi dovrebbe scendere al 6%. La ragione? «Dobbiamo capire che la pressione del regolatore è così forte che bisogna fare una diversificazione della procedura di riduzione degli npl», ha spiegato Messina.
La manovra sarà realizzata attraverso una partnership sulla piattaforma di recupero crediti per cui sarebbero ancora in corso colloqui. Il soggetto in fase più avanzata sarebbe il gruppo norvegese Lindorff-Intrum Justitia (assistito da Mediobanca ), anche se l’accordo non è ancora stato raggiunto. Negli obiettivi del management, comunque, il processo di smaltimento non dovrebbe avere impatti significativi sul patrimonio della banca che può contare su un eccesso di capitale di 13 miliardi rispetto ai requisiti regolamentari. «La riduzione degli npl», ha puntualizzato Messina, «non verrà fatta a spese degli azionisti. Siamo pienamente impegnati a soddisfare i nostri soci e questo è il nostro obiettivo». Il piano, del resto, è molto generoso in termini di flussi cedolari con un payout cash al 70% per l’esercizio 2021.
Intesa punta infine a ridurre le proprie entità giuridiche, pur mantenendo nei marchi. In particolare è prevista la fusione nella capogruppo di dodici controllate tra cui Banca Imi, Banco di Napoli, CariVeneto e Mediocredito Italiano.
Tra gli altri progetti particolare attenzione è andata alla nuova sede milanese del gruppo (Intesa Sanpaolo City) che dovrebbe prendere forma nella ex area dell’Expo, nella periferia settentrionale del capoluogo, per ottimizzare i tempi di trasferimento con il centro direzionale di Torino.
Intesa non dimenticherà poi il proprio ruolo sociale. L’obiettivo nell’arco di piano sarà infatti diventare diventando la prima Impact Bank al mondo, allocando lo 0,5% del patrimonio netto a un fondo specifico che interverrà a favore di nuove famiglie, studenti universitari, ricercatori e nuova imprenditoria. (riproduzione riservata)
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