di Scott Wapner, Kevin O’Leary e Joe Terranova
All’indomani del più grave sell-off di sempre per il Dow Jones Industrial Average, e nel giorno in cui gli indici a stelle e strisce sono tornati sull’ottovolante, Carl Icahn, uno dei più famosi investitori attivisti nonché presidente dell’omonima Icahn Enterprises, ha invitato alla cautela dai microfoni di Cnbc Fast Money Halftime Report. Dopo diversi anni la grande assente sui mercati, la volatilità, è tornata a far tremare Wall Street, come certificato dal balzo spettacolare del Cboe Volatility Index (meglio noto come Vix), cresciuto del 300% nell’ultimo mese. L’investitore ha lanciato un monito: troppi prodotti complessi prima o poi faranno crollare i mercati finanziari. L’azionario è come un casinò tenuto in piedi dagli steroidi dei derivati, le faglie che a Wall Street provocheranno un terremoto.
Domanda. Cos’è successo nei mercati in questi ultimi giorni?
Risposta. Un paio d’anni fa avevo già messo in guardia: ci sono in giro troppi derivati. E quello dei derivati non è un mercato per tutti. Come nel 2008, quando tutti compravano Cds, questo è solo l’inizio di un terremoto. Per Iep, il 2017 è stata la migliore annata di sempre grazie al nostro attivismo. Trent’anni fa vivevo in un quartiere della classe media e il mio vicino, un broker, seguiva il mercato e leggeva Barron’s. Oggi ci sono gli etf con leva tripla e i fondi indicizzati: una follia. Non vedo differenze con il ’29. Quella di questi giorni è stata una piccola scossa, il mercato si riprenderà. La crisi di panico passerà, ma un giorno il mercato imploderà per il troppo leverage. Lo dico da tempo, questi strumenti sono estremamente pericolosi. Con il Vix a 50 dollari nello spot market abbiamo visto cos’è successo al fondo di Credit Suisse da 2 miliardi di dollari. Queste sono le faglie di un terremoto che deve ancora scatenarsi. Il mercato è come un casinò fatto di steroidi. Ma l’esplosione non arriverà adesso. Al momento, i fondamentali delle società sono ottimi, e bisogna ricordare gli effetti delle agevolazioni fiscali.
D. Dunque è solo una correzione attesa da così tanto tempo da fare male?
R. È una faglia. Prima del terremoto ci sono le avvisaglie e dopo non si manifesta per 20, 10 o cinque anni. Questo non è il terremoto, è il segno di quanto sia sbagliato ciò che sta accadendo: in un mercato da 27 mila miliardi di dollari non dovrebbe essere consentito l’acquisto di etf con leva 2 o 3.
D. Da grande paladino della deregulation, ora invoca una qualche azione della Sec?
R. Sono stato un sostenitore della deregulation in campo industriale poiché una regolamentazione squilibrata soffoca la produttività. Tuttavia, non sono mai stato un sostenitore della deregulation a Wall Street o nel settore bancario. Ironicamente Blackstone, che ha un indice, chiede maggiore disciplina, e anche BlackRock.
D. È vero.
R. Mi sono confrontato con Larry Fink sugli etf, e siamo concordi nel dire che i prodotti con questi livelli di leva dovrebbero essere regolamentati. Non è molto diverso dal ’29, quando si poteva comprare a un margine dell’80-90%. Invece il problema più profondo, su cui forse potremmo non trovarci sulla stessa linea, è un’eccesso di denaro sui fondi indicizzati, dove non si sa cosa si compra. Qui si scatenerà il terremoto.
D. L’aveva detto anche a novembre: il mercato ha raggiunto un tale stato di euforia che potrebbe arrivare una grande correzione, ma da allora il Dow è salito del 9,5%. I fondamentali erano buoni, ma forse non abbastanza da giustificare il progresso di inizio anno?
R. Nessuno, me incluso, può dire cosa faranno i mercati nel breve periodo. Prima o poi ci sarà una correzione notevole, lo dico e lo ripeto, molto forte. E lo dico da anni.
D. Ultimamente si sente parlare di bolla degli investimento nei fondi a gestione passiva. Lei è d’accordo?
R. La bolla è immensa e la ragione è davvero difficile da individuare. Forse i tassi di interesse bassi e questa sorta di euforia portano ad accettare prezzi maggiori, e molti la pagheranno cara come nel ’29. Non ricordo di avere visto un mercato con una simile volatilità nell’arco di due settimane. Tuttavia, questo non è l’inizio della fine, bensì un avvertimento.
D. Non ha comprato nulla? Tutti ricordano che all’election night, quando il mercato calava sulla prospettiva di Trump presidente, è corso a comprare.
R. Era ovvio che Trump avrebbe deregolamentato e questo è sempre positivo per il mercato. Ora rimbalzerà, come nel 2017, eravamo coperti ma siamo comunque andati molto bene perché il titolo che abbiamo comprato rientra nel nostro modello attivista. Ma l’attuale volatilità è un preciso monito. Il mercato è diventato un posto molto più pericoloso.
D. Visto il suo recente disamore per il mercato, che ne dice delle criptovalute e, in particolare, del bitcoin?
R. Non ho detto di non apprezzare il mercato: alcuni titoli azionari sono interessanti. Bisogna puntare alle aziende che hanno tesori nascosti da lucidare, e mi piace fare questo. C’è molto valore, ma sul mercato c’è troppo effetto leva, troppo denaro in fondi indicizzati e, ancora peggio, negli etf. Quanto alle criptovalute, non le amo perché forse non le capisco. Parlando di blockchain, non capisco come si dispieghi. Come disciplinarle? Con la blockchain dovrebbe essere implicito, ma gli scandali si sono visti. Forse sono troppo vecchio, ma sicuramente non toccherò quella roba.
D. Con i tassi in salita e l’abbondanza di liquidità vista negli ultimi due anni, gli investitori devono ora fare i conti con inflazione e oneri finanziari più elevati?
R. I tassi si sono mantenuti molto bassi costringendo gli investitori a rivolgersi ai prodotti a leva oppure ai fondi indicizzati. Non sto dicendo che la Fed è il cattivo di turno perché i tassi dovevano essere tagliati per stimolare l’economia, ma in certa misura la sua politica spiega questa bolla dell’investimento passivo. Negli anni ’60 mio zio comprava azioni per tenerle nel materasso. Ora c’è la necessità di avere un ricavo e tutti corrono ai fondi indicizzati, pensando: bene, comprerò l’indice che mi darà il 7-8-9% perché il mercato sale sempre del 9-10%. E non si rendono conto del pericolo.
D. Se questa è stata un’avvisaglia, allora siamo vicini a toccare il fondo nel mercato azionario?
R. Nessuno può prevedere l’andamento del mercato a distanza di uno o sei mesi, e forse un anno. Sul lungo periodo forse sarà peggio che nel 2009. Prima o poi, arriverà una tempesta più grave, un terremoto più grave, ma potrebbe essere tra cinque anni. Adesso non penso. Toccato il minimo, questa follia scemerà come le avvisaglie di un terremoto. Se compro un’azione, vedo problemi di management e posso intervenire attivamente, sto tranquillo. Sul lungo termine, se penso che le circostanze siano a mio favore, rischio molto. In questo caso ci sarà un rimbalzo, ma non sto dicendo di entrare con tutti i risparmi nel mercato.
D. I fondamentali dell’economia sono a posto?
R. L’agevolazione fiscale e la deregulation aiutano le aziende solide e ben gestite, ma bisogna ugualmente avere cautela. Molte società stanno gonfiando gli utili, non ammortizzano il capitale adeguatamente. Insomma, non è un mercato per deboli di cuore: è salito talmente tanto che anche i nomi più validi possono rivelarsi un rischio. Detto questo, i fondamentali sono davvero buoni: gli utili sono positivi, ma non ci metterei fino all’ultimo centesimo. In altre parole, questo tonfo è un’ottima opportunità di acquisto, ma non stato l’inizio della fine. (riproduzione riservata)
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