di Francesco Ninfole
Nel 2017 le banche hanno recuperato redditività e migliorato la qualità dell’attivo. È quanto emerge dai bilanci annuali di Intesa Sanpaolo , Unicredit , Ubi Banca, Banco Bpm e Bper . Secondo i dati elaborati da Value Partners per MF-Milano Finanza, le cinque banche hanno chiuso il bilancio 2017 con utili aggregati per 5,5 miliardi al netto delle poste straordinarie. Il valore sale a 16,3 miliardi includendo le plusvalenze da cessioni (Pioneer e Pekao per Unicredit , Allfunds e Ntv per Intesa e Aletti Gestielle per Banco Bpm ), il badwill per Banco Bpm e Ubi e il contributo pubblico a Intesa per aver rilevato le due popolari venete. Si tratta di un netto progresso rispetto alla perdita aggregata di 11,1 miliardi del 2016, che aveva risentito soprattutto della costosa maxi-pulizia di Unicredit . Il miglioramento dei conti è perciò legato principalmente alle minori rettifiche su credito (di quasi 10 miliardi per Unicredit , di 12,3 miliardi per le cinque banche in totale). «Nel 2017 la profittabilità del settore ha beneficiato dell’inversione del ciclo della qualità dell’attivo», spiega Antonino Del Gatto, senior manager di Value Partners. «Le rettifiche nette su crediti sono significativamente diminuite e ciononostante si è riusciti ad aumentare ulteriormente le coperture di tutte le classi di crediti deteriorati. I valori attuali agevoleranno le cessioni di sofferenze minimizzando il possibile impatto negativo a conto economico».
Le coperture sul totale dei deteriorati sono aumentate dal 48 al 51%, in seguito a un incremento sia per le sofferenze (da 59 a 62%) che per le inadempienze probabili (da 32,4 a 33,8%). Sui crediti deteriorati la copertura è al 56% per Unicredit , al 51% per Intesa , al 49% per Banco Bpm e Bper e al 35,5% per Ubi (quest’ultima però conta su un elevato livello di garanzie). Se si guarda ai crediti deteriorati lordi rispetto ai prestiti totali (un indice osservato dalla Bce, che però non considera le coperture già effettuate), Unicredit è al 10,2% dei prestiti totali, Intesa all’11,9%, Ubi al 13%, Bper al 19,8% e Banco Bpm al 21,1%. In totale i non performing loans lordi sono scesi nel 2017 del 10% da 166 a 149 miliardi.
In tutti gli istituti gli indici patrimoniali sono oltre i requisiti fissati dalla Bce. Il capitale Cet1 è salito dall’11,9% al 13,4%. «Se il 2016 era stato caratterizzato da svalutazioni straordinarie dell’attivo e conseguente riduzione del Cet1, il 2017 è stato l’anno degli aumenti di capitale e delle plusvalenze da cessioni straordinarie, realizzate con l’obiettivo di portare gli indici patrimoniali al di sopra dei requisiti definiti negli Srep», osserva Del Gatto. «Ciò consentirà di assorbire meglio le riduzioni di Cet1 derivanti dall’adozione, dal 1° gennaio scorso, del nuovo principio contabile Ifrs 9. Quest’ultimo determinerà in particolare un incremento delle coperture per un sottoinsieme dei crediti in bonis: le rettifiche di valore saranno calcolate sulla base della perdite attese che potrebbero manifestarsi qualora si verificasse un default nel corso dell’intera durata dello strumento finanziario».
A livello di conto economico, «i risultati dell’esercizio 2017 confermano il trend osservato negli scorsi trimestri, ossia l’evoluzione del modello di business bancario verso prodotti e servizi caratterizzati dalla generazione di commissioni», spiega Lorenzo Privitera, manager di Value Partners. «Per tutte le banche analizzate la lieve crescita dei ricavi è sostenuta da un robusto sviluppo dei ricavi commissionali, controbilanciato da una sostanziale stabilità del margine di interesse, che ha comunque beneficiato di un ulteriore miglioramento del costo della provvista». Le commissioni sono aumentate in media del 7% (Banco Bpm +10%, Unicredit +7,1%, Intesa +5,5%). In valore assoluto, gli interessi hanno prodotto minori ricavi nelle banche per 113 milioni nel 2017 ma sono stati compensati da maggiori commissioni per 1,3 miliardi. I ricavi da fee sono arrivati al 49% dei proventi totali. «Se i ricavi riflettono un cambio di product-mix a volumi costanti, il focus per la generazione di valore si è concentrato sull’efficienza gestionale, registrando ottimi risultati sul fronte dei costi», aggiunge Privitera. «Razionalizzazione della rete fisica e del personale si accompagnano alla digitalizzazione e all’automazione dei processi, consentendo l’adozione di nuovi modelli di servizio omnicanale che coniughino l’efficienza con l’efficacia commerciale». I costi sono scesi nel complesso del 5% per effetto della flessione del 2,4% di quelli del personale e del 7,2% degli oneri amministrativi. La tendenza è destinata a proseguire nel 2018: anche quest’anno le banche hanno l’obiettivo di aumentare la redditività, oltre che di pulire ulteriormente i bilanci. (riproduzione riservata)
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