Pagine a cura di Bruno Fioretti

Con circa 77.740 mila euro l’anno sono i notai a essere in cima alla classifica dei pensionati più ricchi. Seguiti dai docenti universitari (65 mila), dai giornalisti (52.060), dai dirigenti di azienda (51.020) e dagli iscritti al fondo Volo, prevalentemente Alitalia (45.580). Ci sono poi i commercialisti (36.220) e più distanziati gli avvocati (27.250), i lavoratori del settore telefonico (26.260) e i ragionieri (25.830). Di ben altre cifre si parla se consideriamo anche gli enti e gli organi costituzionali che, però, non sono contemplati nella spesa pubblica previdenziale: il primo posto spetta ai giudici della Corte costituzionale con 175 mila euro, seguiti dai senatori in pensione (oltre 91 mila euro all’anno), dai deputati e consiglieri regionali. Ottimo il «piazzamento» dei dipendenti in pensione della regione Sicilia. Premesso che le pensioni «retributive» (Inps e Casse), sono in media più «generose» rispetto a quelle derivanti dal metodo di calcolo contributivo, che molte pensioni sono integrate da prestazioni assistenziali e che in molti casi l’importo medio del contributo per alcune categorie è addirittura inferiore al massimale deducibile di 5.164 euro previsti per la previdenza complementare, il Centro studi di Itinerari previdenziali ha calcolato gli importi medi delle pensioni e il rapporto rispetto al reddito medio. Considerando una pensione media di 17 mila euro nel pubblico, il caso dei notai si fa certamente notare. Quando si parla di pensioni, tuttavia, bisogna sempre guardare a tutti gli elementi che determinano l’importo. Una pensione così alta infatti è tecnicamente giustificata da contribuzioni importanti (protratte nel tempo) su redditi rilevanti (144.450 euro) e soprattutto anche da un’età di pensionamento (75 anni) di molto superiore alla media.

Sui commercialisti come per molte altre professioni va, invece, detto che gli attuali importi medi degli assegni sono frutto dell’eredità del generoso metodo retributivo di calcolo delle pensioni, abbandonato tuttavia nel 2004 in primis proprio dalla cassa dei dottori commercialisti (anche i ragionieri nello stesso anno) per salvaguardare la sostenibilità finanziaria. Una scelta successivamente adottata da altri enti a seguito della Riforma Monti Fornero del 2011 (equilibrio di bilancio a 50 anni).

Come nel caso degli architetti e ingegneri e dei Consulenti del lavoro. Questi ultimi, infatti, oggi sono quelli che percepiscono un assegno fra i più bassi anche in termini di rapporto fra ultimo reddito percepito/pensione e che in termini di tasso di sostituzione si attesta al 15% (contro il 76% dei giornalisti per esempio) Ma questo è frutto di un sistema previdenziale che fino a qualche anno fa aveva un’impostazione precisa: contributi (bassi) non calcolati in misura percentuale sul reddito per una pensiona uguale per tutti. Grandi assenti dal calcolo di Itinerari previdenziali le pensioni di quelle professioni iscritte alle nuove gestioni previdenziali che, in altri rapporti, comunque si attestano sui 2.200 euro all’anno.

© Riproduzione riservata
Fonte:
logoitalia oggi7