di Francesca Gerosa
“Non sono pervenute richieste” da parte di Generali per entrare nel consiglio di amministrazione di Intesa Sanpaolo . Così a margine di un’audizione in commissione Anagrafe tributaria il presidente della banca, Gian Maria Gros-Pietro, dopo la crescita del gruppo assicurativo nel capitale di Ca’ de Sass.
Gros-Pietro ha ribadito a proposito di una possibile offerta di Intesa Sanpaolo su Generali che al momento “non ci sono novità. Ci sono valutazioni da parte del management. Il nostro cda ne è informato e aspettiamo che queste valutazioni conducano a un risultato”. Successivamente il banchiere ha sottolineato che “l’unica novità importante è che Generali è diventato azionista di Banca Intesa e sicuramente tra i primi cinque” con una “quota di proprietà del 3,4%”.
Si tratta di “un investimento, ho letto da 1,1 miliardi, e per noi rappresenta il rapporto con un investitore importante. Io come presidente ho la massima considerazione di tutti gli investitori e naturalmente più investono e più sono importanti”. Tramite la Consob, ieri Generali ha ufficializzato di aver portato al 4,492% la quota di possesso azionaria detenuta nel capitale di Intesa Sanpaolo , incrementandola rispetto al 3,376% annunciato lo scorso 23 gennaio e costruito in parte con un’operazione di prestito titoli. L’aumento di peso nell’azionariato di Ca’ de Sass risale al 17 febbraio scorso.
La compagnia triestina risulta proprietaria di una partecipazione del 3,216% nella banca guidata da Carlo Messina, a cui si aggiungono altre quote di possesso inferiori e detenute attraverso alcune controllate (quella principale fa capo a Generali Italia e pesa per lo 0,135%). A queste si aggiunge un ulteriore pacchetto dell’1,084% detenuto in qualità di prestatario, posizione che tuttavia il Leone sta gradualmente smontando a favore di una quota di possesso che considera meno onerosa.
Quanto ai tempi per chiudere la valutazione per una possibile offerta alla compagnia triestina, Gros-Pietro ha precisato che “non è stato stabilito un termine”. Già lo scorso 15 febbraio il presidente di Intesa Sanpaolo aveva escluso sia un’accelerazione dei tempi, spegnendo sul nascere le voci sul termine di fine febbraio per decidere se procedere a un’integrazione con la compagnia triestina, sia che ci fosse una dead line (“Non c’è nessuna dead line”, aveva detto). L’unica certezza è che l’investimento del Leone nel capitale della banca non preclude un’offerta: “Generali ha fatto un investimento importante. Questo non preclude un’eventuale offerta e comunque si tratta di piani diversi”, ha concluso oggi il presidente di Intesa .
Il cda di Generali che si riunirà il prossimo 15 marzo per approvare i risultati 2016 dovrebbe discutere di alcune mosse difensive. Tra queste, l’accelerazione del piano di efficienze sui costi, acquisizioni di medie dimensioni, buyback e riacquisto di quote di minoranza. Ma l’apertura recente del presidente Galateri e di alcuni azionisti di rilievo di Generali su potenziali discussioni con Intesa Sanpaolo fanno pensare che sia improbabile l’approvazione di misure difensive di vasta portata. I tempi dell’eventuale offerta della banca rimangono al momento incerti anche se alcuni analisti pensano che possa essere formalizzata entro metà marzo.
Gros-Pietro ha anche affrontato il tema della cosiddetta legge salva-banche approvata la scorsa settimana, sottolineando come si tratti di un «provvedimento salva-clienti, sia chi ha depositato denaro sia chi ha preso in prestito di denaro. È gravissimo, specie per una piccola impresa, scoprire che la banca a un certo punto non è più in grado di accompagnare il cliente nell’operazione. E soprattutto il fallimento di una banca determina la perdita della fiducia e quindi diventa difficilissimo operare la funzione di tasferire il risparmio da chi ne ha in eccedenza a chi è in grado di investirlo». Secondo il chairman di Intesa , la legge «è fondamentale anche negli aspetti più tecnici perché aiuta a recuperare più facilmente i crediti deteriorati. Secondo Bankitalia se il tempo di recupero dei crediti si allineasse alla media europea si recupererebbe metà dell’entità degli npl».
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