di Paola Valentini
I piani individuali di risparmio (Pir) potranno produrre una raccolta di 16 miliardi tra retail e investitori istituzionali. La stima arriva da Assogestioni che stamani ha organizzato un convegno su questi nuovi strumenti di incentivazione del risparmio.
“Stimiamo che circa 6 miliardi di euro potranno arrivare dalle casse e fondi pensione dato che la normativa permette anche a questi soggetti di godere delle agevolazioni fiscali nel limite del 5% dei loro attivi, pari a 200 miliardi, e noi prudenzialmente abbiamo ipotizzato un’esposizione del 3%”, ha detto Tommaso Corcos, nella sua veste di presidente di Assogestioni, l’associazione italiana del risparmio gestito che ha collaborato con il governo a creare i Pir, introdotti dalla legge di bilancio 2017 in vigore dal primo gennaio di quest’anno.
Aggiungendo a questa cifra le stime per il retail di 10 miliardi si arriva al totale di 16 miliardi. Dato che i Pir sono stati lanciati non solo per incenticìvare il risparmio italiano ma anche per canalizzarlo verso le imprese italiane, sono state fatte anche proiezioni su quante risorse potranno affluire alle pmi, che sono l’ossatura dell’economia del Paese.
“Dei 10 miliardi di raccolta retail stimiamo che 7 miliardi confluiscano su titoli italiani e di quessti 2,1 miliardi alle pmi”, ha aggiunto Corcos.
Che oltre alle stime dell’impatto sull’economia tricolore di queste risorse ha sottolineato la necessità di varare “un codice semplificato per la corporate governance delle pmi”.
I pir permettono infatti di dare nuova linfa alle piccole e medie imprese, con ricadute positive anche sulla corporate governance delle stesse, che ha ancora molti passi da fare per essere al passo con i tempi, come ha sottolineato Fabrizio Pagani, capo della Segreteria tecnica del Ministero dell’Economia che ha lavorato in prima persona sui Pir.
“L’accesso al mercato dei capitali è la chiave per la modernizzazione dell’economia italiana, perché porta maggiori risorse e anche un miglioramento della governance”, ha precisato Pagani.
L’esponente del Tesoro ha poi osservato che in meno di due mesi dall’avvio della normativa sono già nati diversi prodotti, tra fondi e gestioni, a misura di Pir tanto che “la raccolta che ci aspettavamo di 2 miliardi l’anno sarà superata”.
Corcos si è anche soffermato su alcune critiche avanzate ai Pir. Primo di tutti la scarsa diversificazione e il basso potenziale in termini di rendimenti.
Dati alla mano, il presidente di Assogestioni, oltre che ad di Eurizon Capital, ha illustrato i dati di un’analisi condotta confrontando le performance ottenute negli ultimi cinque anni da un portafoglio bilanciato esposto sull’Italia (composto al 20% da titoli del Ftse Mib e al 20% da quelli del Ftse Mid Cap) con quelle di un portafoglio bilanciato globale. I risultati? “Il primo avrebbe reso il 60%, il portafoglio globale il 49% con una volatilità maggiore per quest’ultimo”, ha aggiunto Corcos, “questo confronto dimostra che il Pir può essere uno strumento importante di diversificazione”.
Corcos ha poi auspicato che anche in Italia, sulla scia dell’esperienza degli Isa britannici, siano introdotti i Pir junior dedicati ai minori.
In generale il Pir è un contenitore fiscale dove almeno il 70% del piano deve essere investito in titoli emessi da aziende italiane, di cui almeno il 30% in strumenti finanziari emessi da imprese diverse da quelle inserite nell’indice Ftse Mib.
Il risparmiatore ha due vantaggi: la diversificazione degli investimenti e l’incentivo fiscale, che consiste, entro il limite di 30 mila euro all’anno e fino ad un massimo di 150 mila euro, nell’esenzione da tassazione dei redditi generati dall’investimento a patto che lo strumento sia detenuto per almeno cinque anni.
Rispettati tali requisiti, i Pir consentono di azzerare le imposte sui capital gain (26% o 12,5% sui titoli di Stato) e le imposte di donazione e successione per versamenti massimi di 30 mila euro l’anno e un monte complessivo di 150 mila euro. Va sottolineato infine che ogni persona fisica può essere titolare di un solo Pir.
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