di Stefania Peveraro
Ha chiuso in rialzo del 5,49% a 2,19 euro il titolo Intesa Sanpaolo ieri a Piazza Affari, nel primo giorno di borsa aperta dopo l’annuncio della rinuncia alla corsa per Generali diffuso venerdì 24 febbraio a mercati chiusi. Per contro, si è sgonfiato il titolo del Leone, con un calo del 2,84% a 10,70 euro. Intesa Sanpaolo , a proposito di un’integrazione con il gruppo Generali , ha spiegato di non avere «individuato opportunità rispondenti ai criteri di creazione e distribuzione di valore per i propri azionisti, in coerenza con l’obiettivo di mantenimento della leadership di adeguatezza patrimoniale con cui valuta regolarmente le opzioni di crescita endogena ed esogena per il gruppo».
E proprio il mantenimento di un ratio patrimoniale adeguato è stato il motivo principale che ha bloccato l’operazione. Secondo i calcoli di Credit Suisse, infatti, uno scambio azionario con cambio a 8,19 azioni Intesa Sanpaolo ogni azione Generali (con Intesa Sanpaolo valutata a prezzo di mercato e Generali valutata 17 euro per azione), con un’offerta per il 20% cash e per l’80% carta contro carta, avrebbe portato certamente un miglioramento dell’utile per azione (+6% ipotizzando 200 milioni di euro di sinergie dopo le tasse), permettendo quindi di distribuire un dividendo invariato di 0,21 euro per azione relativo al 2017, ma a spese di un CET1 ratio in peggioramento di ben 136 punti base (anche assumendo il Danish compromise, cioè l’approccio che riduce l’impatto delle controllate assicurative sui ratio patrimoniali delle banche).
Per contro, «a una valutazione di Generali di 15 euro per azione, l’operazione sarebbe stata finanziariamente sostenibile per Intesa (che aveva dichiarato tempo fa che qualunque operazione di m&a avrebbe dovuto avere un impatto neutrale in termini di Cet1 ratio)», dicono ancora gli analisti di Credit Suisse, che però sottolineano che il gap tra i 15 euro e il prezzo di mercato, insieme ad altre valutazioni più strategiche, ha fatto fare marcia indietro al management della banca. In ogni caso, Credit Suisse ha confermato il rating outperform per la banca guidata da Carlo Messina e il target price a 2,85 euro.
Quanto alle altre case d’affari, tutte quelle che si sono pronunciate ieri con un aggiornamento dei report hanno dato fiducia al management della banca, sottolineando la coerenza e la disciplina adottata dal gruppo di lavoro coordinato dall’ad, Carlo Messina: Kepler Cheuvreux, SocGen , Bank of America-Merrill Lynch e Natixis hanno tutte confermato buy e target price a 2,80 euro, mentre Banca Akros ha portato il rating da hold ad accumulate, confermando a sua volta il target price a 2,80 euro.
Contemporaneamente, sul fronte della compagnia guidata da Philippe Donnet, va segnalato ieri il report di Equita sim, che ha abbassato il giudizio su Generali da buy a hold, riducendo il prezzo obiettivo da 19 a 15 euro per venir meno dell’appeal speculativo. Tesi condivisa anche da Akros: «Pensiamo che la creazione di valore su base stand-alone potrebbe essere migliorata nel breve termine ma allo stesso tempo l’appeal speculativo su Generali potrebbe terminare per il momento. Riduciamo quindi il nostro prezzo obiettivo a 14,4 da 17 euro. Per quanto riguarda i multipli Generali scambia a circa l’11% di sconto rispetto ad Allianz , Axa e Zurich in termini di p/e 2017/2018, un livello che riteniamo giustificato dal return on equity in media peggiore e dal rischio Paese. Generali resta interessante sui dividendi con uno yield medio intorno al 6%».
Quanto al futuro di Intesa Sanpaolo senza Generali , la banca avrà «un grande avvenire senza dubbio, e certamente non inferiore al passato», ha commentato ieri Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo , che ha però evitato di dare una risposta a chi gli chiedeva se il futuro della banca sarà da sola o insieme a qualche altro gruppo: «Sono fuori, non potete chiederlo a me».
A proposito di futuro, la nota diffusa da Intesa Sanpaolo venerdì scorso sottolineava che la banca «accrescerà per via endogena la creazione e distribuzione di valore per i propri azionisti, preservando la leadership di adeguatezza patrimoniale, secondo linee d’azione che saranno alla base del prossimo piano di impresa, in relazione al quale è stato confermato l’impegno alla distribuzione di 10 miliardi di euro di dividendi cash complessivi per il quadriennio». A questo proposito, ieri gli analisti di Morgan Stanley, che hanno ribadito la raccomandazione overweight e il prezzo obiettivo a 2,9 euro, hanno anche sottolineato che la banca ha in sostanza reiterato la volontà di restare coerente con le previsioni di 3,4 miliardi di euro di dividendi per l’esercizio 2017, pari a un dividend yield del 9,2%, cioè a un payout ratio del 90%, includendo anche quanto sarà incassato con la cessione della quota di Allfunds Bank.
Quest’ultima è la piattaforma distributiva multimanager di prodotti di asset management rivolta a investitori istituzionali, controllata con il 50% ciascuno da Banco Santander e Intesa Sanpaolo (tramite la controllata Eurizon Capital sgr). In corsa sarebbero rimasti la casa d’investimento cinese Legend Holdings (quotata a Hong Kong e proprietaria tra l’altro del colosso dei computer Lenovo) e tre cordate di fondi di private equity: una formata da Bain Capital, Advent International e il fondo di Singapore Temasek; un’altra composta da Permira e dal fondo pensione canadese Psp Investments; e la terza composta da Hellman & Friedman e dal fondo sovrano di Singapore Gic. Allfunds verrebbe valutata circa 1,8 miliardi, cioè 15 volte l’ebitda pro-forma 2016 di 117 milioni (era stato di 107 milioni nel 2015), a fronte di 250 miliardi di asset in gestione.
Le altre linee d’azione che saranno perseguite da Intesa sono invece, come riassunto sempre nella nota diffusa il 24 febbraio: un’ulteriore significativa crescita nel settore del wealth management; un rilevante sviluppo del ramo assicurativo Danni; un forte impulso al cross-selling, conseguente alla creazione della prima banca di prossimità in Italia, costituita da Banca Itb recentemente acquisita; nuove iniziative di espansione della banca multicanale e digitale; un’elevata reattività del margine d’interesse all’aumento dei tassi; il mantenimento dell’eccellenza nel cost/income ratio; un miglioramento della qualità dell’attivo e del costo del rischio, con una riduzione dell’incidenza dei crediti deteriorati sui crediti complessivi alla clientela, senza operazioni straordinarie. (riproduzione riservata)
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