di Carlo Scaldarella

Il desiderio di riorganizzare il proprio modello organizzativo, inteso come l’insieme – più o meno formalizzato – di organigramma, ruoli e processi, nasce spesso dalla sensazione di inadeguatezza della propria azienda a livello di efficienza e/o di efficacia. Ma cosa significa davvero riorganizzarsi?

Certamente non significa solo “risparmiare”, “velocizzare”, “migliorare”, “essere più lean” ma porta, volenti o nolenti, a modificare il modo di essere dell’azienda agli occhi dei clienti e può avvicinare o allontanare l’impresa dal proprio posizionamento ricercato.

Ogni cambiamento organizzativo ha, infatti, un impatto, più o meno diretto, sui clienti, sulla loro customer experience e sul vantaggio competitivo dell’azienda verso la concorrenza.

Per questo, il processo di riorganizzazione non può e non deve essere slegato da una (ri)focalizzazione strategica dell’impresa: ripercorriamone insieme le fasi rifacendoci ad un caso pratico applicato alle agenzie di assicurazione di Cattolica.

LA (RI)FOCALIZZAZIONE STRATEGICA

Negli interventi di riorganizzazione sviluppati da Nomesis il primo step è quello di una riflessione strategica con il management.

Quali sono e saranno i clienti? Cosa vorranno e come si comporteranno nel processo di acquisto? Quali sono e saranno i concorrenti? Su quali elementi di qualità occorrerà puntare? Quale posizionamento di prezzo sarà utile ricercare? Queste sono solo alcune delle domande propedeutiche a cui dare risposta se si vuole un cambiamento organizzativo gestito correttamente.

Nel caso delle agenzie di assicurazione, questa analisi preliminare è ancora più necessaria: i cambiamenti nel loro mercato sono di tale portata che non possono essere trascurati prima di un progetto di ripensamento organizzativo.

A livello normativo, vi è una forte spinta a liberalizzare sia il rapporto tra agenzia e clienti che tra compagnie e agenzia.

Dalle indagini quantitative compiute direttamente da Nomesis, emerge sempre più evidente la spaccatura della clientela in due categorie. La prima, che rappresenta il 35% del mercato,  è quella dei “cherry picker”: acquistano solo polizze obbligatorie per legge (RCA); cercano, su più canali (fisici e virtuali), il miglior prezzo per la propria polizza; ogni anno rimettono in discussione il fornitore delle proprie polizze e decidono in funzione della risposta alla domanda “chi mi fa risparmiare di più?”.

A questi si contrappongono i clienti “risk sensitive”: vanno oltre le tutele assicurative che la legge impone; valutano le coperture incluse nelle polizze e mettono tra i primi driver di scelta della polizza da acquistare la consulenza del venditore, a testimonianza del fatto che il loro processo di acquisto è guidato e affidato a chi ispira loro competenza e fiducia.

Di fronte a questi scenari guidiamo le agenzie di assicurazioni a mettere in discussione la loro identità attuale e a definire quella futura.

C’è chi opta per divenire un’azienda “mass oriented”, capace di intercettare quanti più clienti possibili, focalizzata sulla velocità del servizio (dalla fase di acquisizione del cliente alla sua gestione post-vendita), con forti livelli di specializzazione del personale.

Questa scelta nasconde, a nostro parere, forti rischi: il servizio è spersonalizzato in quanto tanti sono gli interlocutori del cliente (uno per ogni suo bisogno). Il cliente “cherry picker” di sicuro ne giova, ma il cliente “risk sensitive” non riesce a instaurare con un interlocutore quel legame di fiducia necessario per portarlo a delegare il suo ambito assicurativo.

L’agenzia fisica si livella così a canali, come l’on-line, che nel loro DNA parlano proprio di ottimizzazione dei tempi. Il rischio di “scimmiottamento” è forte. Senza contare che, in futuro, si può prevedere un intensificarsi degli operatori “virtuali”: forti dell’interruzione del “patto di monogamia” tra compagnie e agenti, le prime potrebbero optare, almeno per i prodotti di facile vendita (RCA), per una verticalizzazione verso il basso, creando dei canali distributivi alternativi alla rete fisica agenziale.

C’è chi invece decide per essere un’azienda che punta su un rapporto con il cliente “caldo”, personale, al fine di conquistare la sua fiducia e poterlo guidare con approccio consulenziale nel mondo assicurativo.

Questa scelta basa le sue fondamenta nella convinzione che i clienti preferiranno, anche domani, “appaltare” piuttosto che approfondire in prima persona il tema assicurativo. La creazione di un legame fiduciario tra azienda e cliente diviene quindi la leva tramite cui il cliente ottimizza comunque i propri tempi.

Il rischio che corre chi intraprende questa scelta è di dimenticare, se non addirittura, demonizzare nuove modalità veloci e snelle di relazione e comunicazione con il cliente, possibili grazie alle nuove tecnologie. Tecnologia, infatti, non sempre è sinonimo di spersonalizzazione. Questo può compromettere il rapporto tra agente e cliente, in quanto il primo può apparire “obsoleto”, “non al passo con i tempi” e, implicitamente, inadeguato come professionista a supportare il cliente.

L’ANALISI “AS IS” CON GLI OCCHIALI STRATEGICI

Conclusa la fase di pensiero strategico si è pronti ad approcciare il modello organizzativo.

Si compie un’analisi multi-livello dell’AS IS, ovvero dell’azienda per come è organizzata. Nel caso delle agenzie di assicurazioni sono molteplici e complementari gli strumenti messi in campo: si va da indagini di customer satisfaction ad analisi di redditività, da indagini di clima a valutazioni sui risultati commerciali, da interviste ad osservazioni dirette per analizzare in modo critico i processi agiti.

Anche in questo caso la fase strategica torna utilissima: gli “occhiali” con cui leggere i risultati dei vari approfondimenti fatti sull’azienda sono quelli dettati dal “valore” che l’azienda dovrà rappresentare per i clienti. Si va così oltre ad una mera analisi organizzativa basata su principi auto-referenziali di efficienza (“quali sprechi esistono?”) e di efficacia (“Quali ridondanze di attività? Quali ambiguità di responsabilità?”).

IL MODELLO “TO BE” MACRO…

Chiusa l’analisi dell’esistente si prosegue il viaggio verso il nuovo, andando a costruire, con il management, il nuovo assetto organizzativo in termini di organigramma e funzionigramma (principali responsabilità allocate a ciascuna funzione). La “prova del nove” per capire se si sta operando nel senso corretto è data dalla verifica se il modello riesce effettivamente ad esprimere la promessa che si intende fare al cliente.

Nel caso delle agenzie di assicurazione questa è risultata una fase molto delicata: il management ne deve uscire unito e compatto, avendo ben chiaro i perché alla base di ogni scelta organizzativa. Solo così potrà interiorizzarlo e agirlo in modo esemplare innanzi ai propri collaboratori, quando sarà il momento di implementarlo.

… E IL MODELLO “TO BE” MICRO

Dato che il modello organizzativo non deve essere solo nella testa del management ma deve esser correttamente declinato e interpretato da tutto il personale, Nomesis prevede, a questo punto, una fase di forte coinvolgimento di tutto il personale.

Si creano gruppi di lavoro che, partendo dall’assetto macro definito dal management con il supporto della consulenza, si immaginano come debba funzionare nella quotidianità. I gruppi sono solitamente individuati per processo e, nel caso delle agenzie di assicurazioni, sono normalmente focalizzati su: processo commerciale, processo di emissione, processo di gestione sinistri, processi amministrativi, processi di gestione delle risorse umane (selezione, formazione, valutazione), processi marketing, processo di controllo di gestione. Gli approfondimenti maggiori sono quelli da cui deriva il posizionamento ricercato dell’azienda.

Dal lavoro compiuto si derivano le job description di ciascun ruolo, complete di ambiti di responsabilità e conoscenze e competenze richieste.

UNA COSA È IL DIRE, UNA COSA È IL FARE.

Tutto sembra pronto: ma in realtà non lo è.

Occorre infatti sviluppare un piano di change management, ovvero la collezione di tutte le attività da compiersi sulle strutture, sulle risorse umane e sugli strumenti per consentire di passare dall’organizzazione as is a quella to be.

Nulla può essere trascurato: nell’esperienza compiuta nelle agenzie di assicurazioni, si nota che l’effetto derivante anche solo da un collaboratore che si sente “abbandonato” a sé stesso durante il cambiamento può essere devastante e compromettere il risultato positivo del progetto.

Qui la fretta è cattiva consigliera.

PRONTI, PARTENZA, VIA!

Implementato il piano di change management, si è finalmente pronti per partire.

L’applicazione del nuovo modello è un percorso insidioso in cui innumerevoli saranno i “canti di sirene”, ovvero forze interne all’azienda che spingeranno verso un ritorno al passato perché è più facile restare immutati.

Cambiare richiede energie, richiede tempo, richiede voglia di mettersi in gioco: nelle agenzie di assicurazioni il ruolo del management è ESSENZIALE. Nulla cambia senza la capacità del management di dare visione, di spronare il personale e di ricordare (e ricordarsi) continuamente che quella è la direzione giusta da intraprendere, anche con tutti gli aggiustamenti del caso.

Durante la fase implementativa occorre monitorare l’andamento dell’azienda da punto di vista del clima e dei risultati ottenuti, anche tramite la misurazione di appositi indicatori.

IN SINTESI: CAMBIARE E’ STRATEGIA

Insomma, cambiare è utile, cambiare è spesso anche necessario. Ma bisogna farlo nel modo giusto, prevedendo i corretti step, tempi e persone. Perché cambiare è strategia!