Pagine a cura di Bruno Fioretti

Enti di previdenza dei professionisti con amministrazione trasparente. Ma non troppo. Così come previsto dalla determinazione n. 8 del 17 giugno 2015 dell’Autorità Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, benché non obbligate a livello normativo, le Casse sono state chiamate entro la fine del 2015 a studiare e soprattutto «pubblicare» dei piani di prevenzione dei fenomeni di corruzione.

Per l’Anac, infatti, gli istituti pensionistici autonomi svolgono comunque delle attività di interesse generale e quindi la loro gestione deve essere più tracciabile dall’esterno. Lo hanno fatto? A distanza di due mesi ItaliaOggi Sette è andato a controllare, sui rispettivi siti, come si sono organizzati gli enti. E i ministeri vigilanti, nel frattempo, come si sono comportati?

Il pressing dell’Anticorruzione. Con la sua determinazione, l’Anac ha così allargato il suo monitoraggio sulla gestione del risparmio previdenziale dei professionisti motivando che «anche per tali enti si pone il problema dell’esposizione al rischio corruzione che il legislatore ha inteso prevenire». Nonostante l’autonomia statutaria e gestionale loro riconosciuta, dunque l’Anticorruzione attrae a sé alcuni poteri di vigilanza in ragione della natura pubblica dell’attività svolta. Poiché, però, le Casse previdenziali non sono considerate sotto controllo pubblico (in quanto sono solo vigilate da organismi pubblici) esse non saranno tenute ad adottare in maniera stringente le misure previste dalla legge n. 190/2012 né a nominare un Responsabile della prevenzione. In questo contesto, l’Autorità guidata da Raffaelle Cantone affida ai ministeri vigilanti il compito di promuovere l’adozione di «protocolli di legalità», che disciplinino specifici obblighi di prevenzione della corruzione e di trasparenza, diversamente calibrati e specificati in base alla tipologia di poteri, di vigilanza, di finanziamento o di nomina, che l’amministrazione esercita.

Tuttavia, il ministero del lavoro, solo sette mesi dopo la citata delibera Anac, ha rivolto uno stentato invito alle stesse Casse affinché collaborino alla stesura di tali «protocolli di legalità», senza altro aggiungere. Al contrario, l’Anticorruzione ha invitato con determinazione le Casse a promuovere l’adozione di modelli di organizzazione come quello previsto nel dlgs n. 231 del 2001 che, pur non essendo obbligatori, permetteranno all’Autorità di arrivare all’obiettivo di avere chiaro in che modo vengono utilizzati i contributi e di chi sono le varie responsabilità. Dunque, quale è stata la reazione degli istituti previdenziali?

La trasparenza amministrativa. Per prima cosa va segnalato che salvo casi singoli (come l’ente di previdenza dei Biologi), tutte le gestioni hanno sposato con diversa intensità la trasparenza amministrativa. A volte la sezione dedicata è più visibile all’interno del sito internet, a volte molto meno. Comunque, non è un dato complessivo da poco.

Se si ritorna indietro nel tempo, al ciclo di audizioni delle casse all’indomani del crac della Lehman brothers fra il 2008 e il 2010, ci si ricorderà quanto è stata pressante la Bicamerale di controllo sugli enti gestori forme di previdenza obbligatoria, guidata nella passata legislatura da Giuseppe Jannone, sulla necessità di una maggiore trasparenza sugli investimenti.

Quale trasparenza. Nell’apposita sezione all’interno dei siti internet, grosso modo si trovano sempre le informazioni relative all’articolazione dell’ente (divisa fra organi elettivi e organizzazione della struttura con i relativi curricula del personale dirigente), i bilanci consuntivi, le delibere adottate, lo statuto, il regolamento, le modalità per l’accesso agli atti e più in generale tutte le informazioni utili a facilitare il dialogo fra la struttura e gli utenti. In molti casi ma non in tutti (si veda tabella) sono adottati e pubblicati anche il codice etico e il codice per la trasparenza. In pochi casi si segnala la presenza dei modelli 231/01 di prevenzione (avvocati, consulenti del lavoro, psicologi e periti industriali).

Mentre sulla pubblicazione dei documenti c’è una sorta di convergenza, sui compensi dei componenti del consiglio di amministrazione, dei collaboratori e dei dirigenti si va in ordine sparso.

Molti istituti pensionistici non pubblicano, per esempio, gli emolumenti degli amministratori. Al contrario, lo fanno: ingegneri, geometri, consulenti del lavoro, giornalisti, medici (che mettono in evidenza il taglio del 10% delle indennità), notai, veterinari, l’ente pluricategoriale (dottori agronomi e forestali, attuari, chimici e geologi). In alcuni casi (periti industriali, periti agrari e agrotecnici) il link sui compensi non è accessibile. Quando è pubblicata, le spesa per il personale dirigente è sempre in forma aggregata.

Chi si distingue. Cassa che vai, trasparenza che trovi. Anche fra gli enti di nuova generazione.

C’è l’Enpab (biologi) che (al 17 febbraio 2016) non pubblica nulla.

E c’è l’Enpap (psicologi) che invece pubblica tutto. Scottati dal brutto affare dell’acquisto di un palazzo nel centro di Roma finito al centro di un’indagine giudiziaria per l’eccessivo prezzo pagato, la nuova dirigenza sin dal suo insediamento ha fatto della trasparenza amministrativa un cavallo di battaglia.

Passando in rassegna tutti i siti degli enti colpisce, infatti, la ricchezza di informazioni presenti sul sito. Non solo. Il consiglio di amministrazione dell’ente ha deliberato, all’unanimità, l’adozione a partire dal 2016 del Modello di gestione, organizzazione e controllo dell’Enpap («MOG Enpap»), l’adozione del codice etico e la nomina dell’organismo di vigilanza («OdV Enpap»), con l’obiettivo di implementare un sistema di governo e controllo ispirato alle previsioni del decreto legislativo n. 231/2001 in materia di responsabilità degli enti, adottando un nuovo organigramma in cui è prevista una specifica funzione dedicata all’attività di audit interno.

Per completezza di informazioni presenti sul sito, si distingue anche l’Enpacl (consulenti del lavoro) che ha arricchito la sua trasparenza prima con il sistema di qualità ISO9000 e da ultimo con la certificazione SA8000 (Social accontability). La norma identifica uno standard internazionale di certificazione redatto dal Cepaa (Council of economical priorities accreditation agency) e volto a certificare alcuni aspetti della gestione aziendale attinenti alla responsabilità sociale d’impresa.

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