Nel giudizio per il risarcimento del danno lamentato come conseguenza di una illecita intesa anticoncorrenziale da parte di un acquirente indiretto dei beni o servizi oggetto della violazione del diritto di concorrenza è onere dell’attore dimostrare tutti gli elementi costituitivi della fattispecie di illecito extracontrattuale dallo stesso dedotta in giudizio e quindi anche del nesso di causa. Ne consegue che la domanda risarcitoria presentata da un paziente che lamentava quale effetto pregiudizievole il maggior costo sostenuto per uno dei 4 trattamenti per la cura della maculopatia, quale presunto effetto dell’intesa sanzionata dall’Autorità antitrust, deve essere rigettata. È il principio stabilito dal Tribunale di Torino, sez. materia di impresa (sentenza n. 2242/2015, pres. Scotti, est. Liberati), nella prima causa registratasi in Italia tra un paziente e le due imprese farmaceutiche sanzionate dall’Antitrust per un presunto cartello nel settore dei prodotti per la cura della maculopatia. Come si ricorderà, le due imprese svizzere sono state sanzionate con una multa pecuniaria complessiva di 180 mln dall’Agcm per aver messo in essere attraverso una condotta allarmistica una campagna informativa finalizzata a differenziare artificiosamente i due prodotti e spingere al maggior consumo del prodotto più caro (ma il solo autorizzato per il trattamento proprio della maculopatia). Decisione, questa, soggetta al giudizio finale del Consiglio di stato attesa per le prossime settimane. Secondo il consumatore ricorrente, il maggior esborso sostenuto (presso una clinica privata, ndr) tra i primi tre trattamenti (effettuati con il farmaco meno costoso ma non autorizzato in Italia e in altro Paese al mondo per la cura della maculopatia attraverso iniezione intravitreale) e l’ultimo (questo effettuato con il solo farmaco autorizzato per il trattamento della maculopatia ed avente un prezzo maggiore) costituiva il danno patrimoniale che si doveva ricondurre quale effetto del cartello posto in essere dalle due società farmaceutiche e sanzionato dall’Antitrust italiano. Il Tribunale, primo in Italia, ha respinto la domanda risarcitoria, sulla scorta di rilievi principalmente connessi alla mancata dimostrazione di un collegamento eziologico tra l’intesa anticoncorrenziale e la somministrazione al paziente del farmaco più costoso (sa il solo autorizzato) effettuata dalla struttura sanitaria solamente in occasione dell’ultimo dei quattro trattamenti effettuati. La sentenza costituisce un significativo precedente in vista di possibili nuove domande risarcitorie che dovessero essere avanzate da consumatori.
Danno antitrust, pazienti non risarciti
di Federico Unnia