di Antonio Ciccia Messina

Colpo di spugna sul danneggiamento (non aggravato). Non è più reato. Anche se espone a causa civile per danni. E anche se lo stato può recuperare una sanzione pecuniaria civile (fino a 8 mila euro). Come conseguenza delle nuove disposizioni potrebbe, però, esserci un più frequente ricorso della vittima alla polizia per la composizione bonaria dei privati dissidi (articolo 1 del Tulps). La riscrittura del reato di danneggiamento, ad opera del decreto legislativo n. 7/2006, disarma la vittima, che non può più presentare una querela. E se non promuove nemmeno un’azione per ottenere il risarcimento del danno, l’autore dell’illecito non subirà alcuna conseguenza della sua malefatta. D’altra parte una causa civile costa tempo e denaro e, allora, forse si ripiegherà andando in commissariato per fare presente i fatti e chiedere l’intervento secondo le leggi di pubblica sicurezza. Questo potrebbe avvenire, ad esempio, in relazione a danneggiamenti in condominio o in screzi fra vicini. O nel caso di offese e ingiurie. Il dlgs 7/2016 ha abrogato un certo numero reati ritenuti di minore allarme sociale, anche se non irrilevanti nei rapporti quotidiani. Parlando si questi reati si dice spesso per svalutarne la portata che si tratta di bagattelle. Tra questi reati abrogati troviamo l’ingiuria (cioè l’offesa rivolta a una persona presente) e il danneggiamento semplice (cioè non aggravato). Abbandonato il possibile trattamento sanzionatorio penale (anche e soprattutto per liberare di un carico procure e tribunali), il decreti legislativo n. 7/2016 introduce un istituto che vorrebbe essere una via di mezzo: l’illecito civile sottoposto a sanzione pecuniaria. Cioè la vittima, se lo vuole, può fare una causa per danni (ma non può querelare) e se il giudice condanna a risarcire e se il fatto è doloso, allora allo stato spetta una sanzione pecuniaria. Questa novità riguarda chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui al di fuori delle residuali fattispecie ancora superstiti nel codice penale. Vediamo, dunque, che cosa è rimasto a carico del sistema penale. Leggendo il nuovo articolo 635 codice penale si scopre che è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia ovvero in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto di interruzione di pubblico servizio. Fuori da queste ipotesi, quindi, non c’è reato. L’autore rischia una causa per danni e una sanzione pecuniaria da pagare allo stato da cento a 8 mila euro. Vediamo alcuni casi concreti. Rompere un oggetto in casa o rigare la porta di ingresso o una macchina custodita nel cortile sono condotte che non hanno più rilevanza penale. Inutile andare dalla forza pubblica per una querela. Lo stesso vale nel caso di offese a una persona presente oppure con una lettera o una e-mail diretta alla persona offesa. Non è detto, però, che la vittima voglia o abbia la possibilità economica di affrontare una causa civile lunga e dispendiosa. D’altra parte, neppure, la prospettiva per l’aggressore di una sanzione salata da pagare allo stato potrebbe essere effettivamente disincentivante, se tutto dipende da una iniziativa della persona offesa. Quest’ultima ha sulla carta una alternativa, che però può intasare i commissariati. Si tratta del ricorso alla forza pubblica è la bonaria composizione dei privati dissidi (articolo 1 del Testo unico di pubblica sicurezza). In base al regolamento del Tulps (articoli 5 e 6 del regio decreto 635/1940), l’autorità di pubblica sicurezza invita le parti a comparire dinanzi ad essa in un termine congruo nel tentativo di conciliazione. L’autorità di pubblica sicurezza deve chiarire alle parti la questione di fatto e se del caso adotta o un provvedimento conservativo di soddisfazione delle parti in contesa o un temperamento di equità che valga a prevenire eventuali incidenti. Se necessario si stende un verbale, che fa fede in giudizio, avendo valore di scrittura privata riconosciuta.

Fonte:italiaoggi-300x111