Ciascun prodotto finanziario può comportare dei rischi per il sottoscrittore, anche i normali prestiti casa. Si va dallo spread alle polizze, dal cap al floor. Ecco una guida alle insidie più frequenti
di Teresa Campo
La scelte finanziarie? Purtroppo come per ogni altra decisione, non sono mai separabili da una quota di rischio. Anche quando si parla di prodotti diffusi e collaudati come i comuni mutui casa. Conoscerne quindi tipologie e meccanismi è il primo passo per trovare la soluzione giusta per le proprie esigenze.
Il tutto unito a uno specchietto dei piccoli e grandi dettagli che occorre sempre controllare con attenzione. Quella del mutuo è infatti una scelta che ci si trascina appresso per anni, e nemmeno la surroga può far rientrare di quanto si perde nel frattempo.
«Più che dalle insidie occorre comunque partire dalla scelte di base», premette Roberto Anedda, direttore marketing del broker Mutuionline, «e quindi da tipo di tasso e durata. Meglio non scegliere il variabile se non si è sicuri di essere in grado di sostenere la rata nel tempo, soprattutto alla luce del fatto che oggi anche i prodotti non indicizzati sono in super saldo. Idem per la durata: puntare su quelle troppo lunghe, magari per riuscire a ristrutturare e arredare l’immobile in una volta sola, espone a rischi maggiori, specie per chi ha un mutuo indicizzato, perché è difficile prevedere l’evoluzione dei tassi da qui a 30 anni». Le durate più lunghe si rivelano inoltre un’arma a doppio taglio se si decide di vendere casa dopo pochi anni: si scopre a quel punto che non si è rimborsato quasi nulla del capitale finanziato perché all’inizio la rata è composta quasi interamente dagli interessi.
Occhio al tasso. Da prendere in considerazione è soprattutto il Tan, il tasso annuo nominale, «perché è quello che determina l’ammontare della rata nel tempo», prosegue Anedda. «È da qui che si capisce qual è il mutuo che costa meno ogni mese». Il Taeg (tasso annuo effettivo globale) tiene invece conto anche delle spese aggiuntive una tantum, tipo istruttoria, perizia, polizza incendio & scoppio. Basta guardare le tabelle in pagina per vedere che su un mutuo da 100 mila euro a 20 oppure 30 anni il livello del Tan comporta una differenza tra 10 e 20 euro al mese (150-200 l’anno). E questo limitando il confronto ai cinque migliori mutui: figurarsi a quanto può ammontare quella con i prodotti peggiori. Ma è quando si passa alle scelte meno lineari che le cose si complicano.
I mutui con cap, cioè con tasso massimo applicabile in modo, secondo le intenzioni, da approfittare al contempo dei bassi saggi di mercato, ma con un paracadute in caso di cambiamento dello scenario macroeconomico. Peccato che spesso il tasso cap sia troppo elevato per risultare davvero efficace, tanto più che nel frattempo, per disporre di questa protezione, il mutuatario deve pagare uno spread maggiorato. In cifre, in media al momento l’aggravio dello spread si attesta sui 40-50 centesimi, mentre il cap, guardando le offerte riportate dal sito di Mutuionline, va dal 2,90% per i mutui con durata da 10 a 15 anni, fino al 3,60% a 25 anni e al 3,90% a 30 anni. E questo sempre in riferimento alle migliori offerte sul mercato.
A queste condizioni può essere quindi più conveniente puntare subito su un mutuo a tasso fisso. Sulla scadenza ventennale si va dal tasso annuo del 2,05% proposto da Chebanca! e Credem al 2,44% di Hello Banca!, mentre su quella a 30 anni il tasso minimo proposto è il 2,25% di Hello Bank! per arrivare al 2,75% di Bnl – Bnp Paribas.
In sintesi i risparmi del mutuo con tasso massimo predeterminato sono piuttosto incerti, sia perché lo spread è maggiorato sia perché la rata continua a salire finché non scatta il cap. È per questa ragione, unita all’attuale super convenienza dei prodotti a tasso fisso, che dopo un periodo iniziale di grande successo nel 2005, quando i mutui con cap furono lanciati in Italia, oggi sono davvero in pochi a sceglierli.
Discorso analogo per i mutui misti, anche questi in realtà molto più in voga nei periodi di tassi altalenanti. Ce ne sono di diversi tipi. I più comuni consentono di fissare un tasso iniziale molto conveniente (in genere fisso) per almeno due anni, al termine dei quali si può scegliere tra fisso e variabile a seconda di quanto propone il mercato in quel momento. Possibili anche finestre successive: in questo modo chi sceglie per esempio il tasso fisso, godrà di condizioni più favorevoli perché l’Irs a breve (2 o 5 anni) è sempre più basso di quello a lungo termine (25 o 30 anni). È come se si facesse un mutuo lungo formato da tanti mutui più brevi sfruttando il fatto che l’Irs, parametro di riferimento dei prodotti non indicizzati, è tanto più alto quanto più lunga è la durata. «Il vantaggio sta quindi nelle condizioni iniziali e nella possibilità di scelta successiva, ma senza poter prefissare un tasso ben preciso», spiega Anedda. «Fondamentale è comunque conoscere bene le condizioni di cambio di tasso, che variano da mutuo a mutuo»
Diverso invece il discorso dei mutui con opzioni varie, dalla sospensione della rata per periodo all’allungamento della durata alla possibilità di cambiare tasso in corsa. Sono tutte opzioni interessanti e che possono essere molto utili all’occorrenza. Ma si pagano, qualche decina di centesimi l’una. Evitare quindi la tentazione di comprare tutto, anche quello che non serve.
Idem per le polizze, opzione molto più cara. Si è a lungo polemizzato sulle banche che obbligavano a sottoscrivere un’assicurazione vita o contro la perdita del lavoro. Il legislatore è poi intervenuto vietando quest’approccio e imponendo comunque alla banca di proporre almeno tre preventivi di prodotti diversi. «Ma occorre comunque valutare attentamente i costi di ogni polizza», spiega Anedda, «e soprattutto come verrà pagata: in genere viene proposto il premio unico iniziale, e non quello ricorrente anno per anno, per di più finanziandolo insieme al mutuo, per cui si pagano interessi anche sul premio della polizza. Meglio evitare».
L’ultimo rischio si chiama floor, cioè il tasso minimo prefissato, in questo caso a tutela della banca. In realtà si tratta di una clausola inserita di rado nei contratti di mutuo, ma diventata d’improvviso d’attualità da quando l’Euribor (parametro di riferimento dei mutui indicizzati) è andato in negativo. Per la banca ciò vuol dire che dovrebbe incassare meno dello spread fissato. Da qui la decisione di alcuni istituti di porre un floor a zero (o anche più alto) sui nuovi mutui oppure di non applicare l’Euribor negativo a quelli già esistenti. In risposta arriva l’iniziativa di Blc che offre consulenza ai malcapitati per ottenere in contenzioso l’accertamento del diritto leso, soprattutto se si tratta di imprese. «Con l’introduzione del floor la banca si garantisce un extra profitto in caso di discesa dei tassi, cosa puntualmente avvenuta», spiegano. «In questo caso il mutuatario non può svincolarsi, salvo pagare la penale di estinzione in quanto la legge Bersani vale solo per i privati e non per le imprese». Blc fornisce ai clienti una relazione che attesta e quantifica il danno subito per mancata applicazione del tasso al ribasso e un supporto professionale per ottenere stragiudizialmente, o in contenzioso, l’accertamento del diritto leso. (riproduzione riservata)
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