In relazione all’interpretazione della disciplina prevista nell’art. 2048 c.c., è necessario che i genitori, al fine di fornire una sufficiente prova liberatoria per superare la presunzione di colpa dalla suddetta norma desumibile, offrano non la prova legislativamente predeterminata di non aver potuto impedire il fatto -atteso che si tratta di prova negativa-, ma quella positiva di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata; il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all’età, al carattere e all’indole del minore.
L’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può essere desunta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell’art. 147 c.c.
Non è conforme a diritto, invece, per evidente incompatibilità logica, la valutazione reciproca, e cioè che dalle modalità del fatto illecito possa desumersi l’adeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata; il caso è relativa all’azione intrapresa da un uomo che conveniva in giudizio i genitori di un minore per sentirli condannare ai sensi dell’art. 2048 c.c. al pagamento di una somma, per il danno sofferto a seguito delle lesioni subite; l’attore sosteneva di essere stato aggredito dal minore e di aver subito gravi lesioni all’occhio destro, adducendo a sostegno della propria tesi, l’intervenuta pronuncia in sede penale di accertamento della responsabilità del minore per il reato di cui all’art. 582 c.p.
Cassazione civile sez. III, 18/11/2014 n. 24475