di Michele Tronconi
Tre ritardi rimarcano il disinteresse verso i temi della previdenza di secondo pilastro. Si parte dalle modalità di computo della maggiore tassazione sui rendimenti dei fondi pensione, con effetto retroattivo al 2014. Si passa poi ai criteri di applicazione del credito d’imposta agli investimenti nell’economia reale, per concludere con la definizione delle modalità di richiesta del Tfr in busta paga da parte dei lavoratori nel settore privato, secondo criteri certificabili dall’Inps. Ciò al fine di consentire alle imprese di chiedere opportuni finanziamenti bancari compensativi, controgarantiti da un fondo pubblico.
In realtà, riguardo al primo punto, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate è stata emanata giusto in zona Cesarini, cioè venerdì 13 febbraio, per chiarire come effettuare i pagamenti in scadenza il giorno dopo, lunedì 16. Se si fosse atteso ancora due giorni si sarebbe avuto il massimo delle abnormità: un’interpretazione retrospettiva di una norma retroattiva. In evidente sovraccarico, l’Agenzia dell’Entrate si è allineata al buon senso già anticipato dai fondi pensione, su come rispettare la scadenza in questione. Peraltro non deve passare inosservato che nella circolare in oggetto si ricordi, per ben due volte, che si tratta di istruzioni per norme in deroga allo Statuto del Contribuente. Quasi a sottolineare la consapevolezza che il rispetto dell’obbligazione tributaria dipenda molto dalla coerenza che il legislatore dimostra con se stesso e con i principi a base dell’ordinamento. Coerenza, in questo caso, chiaramente inesistente e che sarà oggetto del vaglio di legittimità nelle sedi opportune. Per quanto riguarda il credito d’imposta sugli investimenti alternativi effettuati dai fondi pensione e dalle casse di previdenza, a metà strada tra il contentino e il vincolo di portafoglio, si tratta di un aspetto ritenuto così importante che non se ne ha notizia alcuna. Sembra, cioè, che nessuno abbia ancora preso a lavorarci. Si spera solo che il compito sia affidato a qualcuno che conosca l’argomento e che sappia che gli investimenti alternativi, anche per chiare esigenze di diversificazione, non siano riducibili solo a quelli nelle infrastrutture, gli unici a essere espressamente citati nella Legge di Stabilità. Forse come mera esemplificazione.
Veniamo infine al tema controverso del Tfr. Alcune anticipazioni di stampa fanno sapere che si è prossimi al traguardo. Difficilmente, però, potrà essere rispettata la data dell’1 marzo. Tuttavia quello che emerge è che non si voglia cogliere l’occasione di dar seguito, finalmente, a una delle iniziali previsioni del Decreto legislativo 252 del 2005. Infatti il legislatore si era già preoccupato di come sostenere le imprese, soprattutto quelle più piccole, qualora perdessero il Tfr maturando quale fonte di autofinanziamento, con la costituzione di un apposito Fondo di garanzia finalizzato a compensare la perdita di liquidità nel caso di destinazione dello stesso Tfr alla previdenza complementare. Demandando, però, a un provvedimento mai realizzato.
Visto che adesso, finalmente, si sta trovando un meccanismo compensativo, con tanto di controgaranzia pubblica, perché non dovrebbe essere attivabile anche nei casi in cui l’impresa perda il Tfr a favore del fondo pensione negoziale? Mettiamo infatti che, anche a causa del basso tasso di rivalutazione dell’indennità di fine rapporto tenuta in azienda, unito alle più alte tasse su tale rivalutazione, le imprese vadano incontro a una sostanziale perdita del Tfr, a favore sia dell’anticipazione che dei fondi pensione. Perché dovrebbe essere finanziabile solo la quota che si anticipa in busta paga? Forse che il sostegno ai consumi ha una valenza generale superiore al sostegno della previdenza? Purtroppo il governo ha lasciato passare troppi messaggi ambigui su questi temi, e qualche correttivo potrebbe servire a ricostruire un clima di fiducia. Senz’altro ci si è concentrati sul presente; più sui consumi che sugli investimenti. Ci si è dimenticati, però, che ciò che orienta i nostri comportamenti quotidiani dipende anche da cosa crediamo succederà domani. E la disattenzione verso la previdenza non favorisce certo la fiducia. (riproduzione riservata)
* presidente Assofondipensione