«Non è più tempo di vecchie definizioni. Noi siamo, a tutti gli effetti, consulenti finanziari». Con queste parole Maurizio Bufi, alla testa dell’associazione nazionale dei promotori, chiude il cerchio di una tre giorni romana promossa dalla stessa Anasf dal titolo ConsulenTia 2015 (la manifestazione ha registrato 1.800 visitatori e 3 mila accessi) con la soddisfazione che gli viene dai risultati raggiunti da un’industria, quella della promozione finanziaria, che sebbene gestisca solo il 7% della ricchezza delle famiglie italiane (il restante 93% è in mano alle banche) continua a crescere. «Il nostro modello distributivo è vincente, è un dato di fatto.
Fa buoni utili e offre un servizio qualificato alla clientela. Siamo al posto giusto nel momento giusto», continua. E si rivolge ai pf: «ma c’è ancora un campo molto grande davanti a noi». Ma non mancano gli aspetti di criticità, tra eccesso di burocrazia e tempo speso ad amministrare i costi. Aspetti che sono stati sottolineati anche dalla ricerca elaborata da GfK Eurisko. Dice Nicola Ronchetti, business director del gruppo: «Il 2014 è stato un anno eccezionale e di massima gratificazione per i promotori finanziari». Se si calcola che la raccolta netta delle reti di pf è stata pari a 24 miliardi nel 2014, «significa che l’industria fa 3 milioni di euro all’ora», precisa Marco Tofanelli, segretario generale di Assoreti. Ma, continua Ronchetti, «il 45% della giornata i pf la passano coi clienti, il 20% è dedicato a cercarne di nuovi, il 17% a informarsi e il 19% la dedicano ad attività burocratiche. Quest’ultima percentuale deve ridursi». Continua Bufi: «Il legislatore impone una normativa ipertrofica e la tentazione di scaricare a valle una serie di adempimenti e di costi permane». Inoltre, sul tema dei giovani precisa Bufi: «non c’è dubbio che un’industria del genere debba capire che il ricambio generazionale è strategico». Un altro tema che è stato affrontato è la consulenza. «Il quadro della direttiva Mifid 2 dà la possibilità di affermare la consulenza. C’è da fare un percorso ancora lungo, da qui al recepimento della normativa Ue, ma bisogna rendere il mercato della consulenza sempre più interessante. Ce lo chiede anche l’Europa», continua Bufi. Che si concentra anche sul tema del dialogo tra pf e società mandanti. «La categoria deve farsi promotrice di iniziative di questo tipo», dice Bufi. D’ora in poi (voluntary disclosure inclusa) «il pf dovrà abbracciare argomenti mai trattati. Infine, dobbiamo sviluppare di più i processi tecnologici», conclude Bufi. Ma la tecnologia da sola non aiuta ad abbassare il rapporto tra costi e profitti, e funziona se abbinata ad altre modalità distributive. Tanto che è ancora presto per valutare l’impatto della Mifid 2. In Italia, comunque, colpisce Banca Fideuram, che nel servizio di consulenza tra il 2009 e il 2013 è cresciuta a tripla cifra. Quanto alla remunerazione, un caso su cui a ConsulenTia 2015 si è tornati è quello del Regno Unito, con l’impatto della normativa Rdr, introdotta nel gennaio 2013. Gli effetti? «Un terzo degli advisor finanziari è sparito e i loro clienti si sono convertiti al fai-da-te per via dei nuovi costi della consulenza. L’impatto è meno visibile per gli operatori con una componente elevata di servizi assicurativi», commenta Sergio Albarelli, vicepresidente di Assogestioni. (riproduzione riservata)