di Andrea Di Biase
Mediobanca archivia il primo semestre dell’esercizio 2014-2015 con un utile netto di 261 milioni, superiore al consensus degli analisti (250 milioni) e incassa l’apprezzamento del mercato (+4,47% a 7,83 euro a fronte di un rialzo del Ftse Mib dell’1,76%) nonostante il risultato netto sia inferiore a quello dello stesso periodo dello scorso esercizio (305 milioni).
Una flessione che non preoccupa gli investitori, essendo legata ai minori utili da cessione partecipazioni (16 milioni contro i 153 milioni a dicembre 2013), cui ha però fatto fronte una performance di tutto riguardo nei vari business bancari dove l’istituto è presente (il corporate & investment banking, il retail banking di CheBanca! e il credito al consumo di Compass).
I ricavi sono infatti cresciuti del 16% a 1,014 miliardi, grazie all’apporto delle commissioni (+36% a 260 milioni), al trading (il cui apporto è passato da 17 milioni a 83 milioni). Nonostante la dinamica dei tassi, tiene anche il margine di interesse (+2% a 548 milioni), favorito dalla ripresa dei volumi di impiego (+4% nel semestre). Le rettifiche di valore su crediti diminuiscono da 302 a 300,7 milioni e riguardano per 49 milioni (82,3 milioni) il corporate e private banking, per 243,2 milioni (200,5 milioni) il retail e consumer e per 8,9 milioni (19,7 milioni) il leasing. Il tasso di copertura delle attività deteriorate a livello consolidato si è mantenuto sui livelli del giugno scorso (51% contro 50%).
Confermata anche la solidità patrimoniale dell’istituto con il Cet 1 phased-in all’11%.
Sul fronte delle partecipazioni, nel corso della conferenza telefonica con gli analisti, l’amministratore delegato Alberto Nagel ha confermato l’intenzione di uscire da Telecom entro giugno, vendendo il proprio 1,6%, e di scendere al 10% di Generali nel prossimo esercizio e comunque entro la fine del piano (30 giugno 2016), con la cessione di poco più del 3% del Leone. Nagel non ha però escluso di utilizzare il pacchetto nella compagnia triestina in uno scambio con asset o attività bancarie utili alla crescita dell’istituto. «In banca è cresciuta la convinzione», ha spiegato Nagel, «che in linea con l’andamento aziendale sarebbe interessante sostituire questa partecipazione con un asset o con attività bancarie, per accelerare quel percorso di incremento di redditività e sviluppo che una banca specializzata come noi ha potuto conseguire in un momento non molto florido dell’economia italiana. Potremmo esaminare operazioni di scambio della partecipazione con asset che siano coerenti con l’iter del nostro gruppo bancario», ha aggiunto. L’interesse, ha indicato l’ad di Mediobanca , sarebbe soprattutto per pacchetti di clienti o masse gestite, come pure per piccoli soggetti. Per la raccolta e gestione del risparmio potrebbe essere più interessante l’espansione in Italia, mentre per le gestioni alternative Mediobanca guarderebbe più probabilmente all’estero. Il 3% di Generali attualmente vale in borsa circa 900 milioni di euro. Per il resto, «siamo molto soddisfatti» dei conti, ha detto Nagel, «puntiamo a confermare questo tipo di andamento anche nei mesi a venire quando dovremmo avere anche alcune componenti non ricorrenti di reddito. Da qua a giugno ci aspettiamo la vendita di partecipazioni con annesse plusvalenze che anch’esse contribuiranno al risultato netto di periodo».
Per quanto riguarda Rcs, invece, Nagel ha ribadito l’intenzione di dismettere completamente la partecipazione, non appena il valore del titolo ritornerà sopra il valore di carico cui è iscritto nel bilancio di Mediobanca . Nel frattempo l’istituto di Piazzetta Cuccia è pronto a sostenere nell’assemblea Rcs una lista per il rinnovo del cda «che abbia qualità e autorevolezza e che sia condivisa dai principali soci». Il nuovo consiglio, secondo Nagel, dovrà essere un’evoluzione ulteriore rispetto agli ultimi, e avere più forza e poteri per «affrontare e risolvere le tematiche che l’industria dell’editoria pone, così come il profilo finanziario dell’azienda. Il tema sul tavolo per il rinnovo del cdaRcs è quello della lista di maggioranza. Con la nuova governance, per la prima volta la lista di maggioranza deciderà solo i due terzi dei posti in consiglio. I sondaggi in atto tra i grandi soci, in primis Giovanni Bazoli di Intesa , mirano però a trovare una mediazione. Si sonda, insomma, «una lista condivisa tra i grandi soci», per usare le parole di Nagel. Il punto è che il peso del primo socio, Fca con il 16,7%, stacca di parecchio gli altri e ancora non è chiaro che posizione assumerà sul rinnovo del board (altri soci rilevanti sono Della Valle, Mediobanca ,Unipol , Pirelli , Intesa e Cairo). (riproduzione riservata)